Come belve feroci, la recensione di Giulia Mastrantoni del romanzo di Giuse Alemanno pubblicato da Las Vegas Edizioni.

Come belve ferociTitolo: Come belve feroci
Autore: Giuse Alemanno
Editore: Las Vegas Edizioni
PP: 345

Come belve feroci, di Giuse Alemanno, è una storia di vendetta, o che vuole sembrare tale. A un lettore attento, che arriva al cuore della storia, però, questo romanzo apparirà per quello che è realmente: un’indagine spietata che vuole scoprire l’indole del lettore.

Infatti, alla fine del romanzo, l’autore chiama in causa proprio l’empatia e il senso di giustizia dei lettori, chiedendo loro di riflettere e di ammettere in tutta onestà che hanno parteggiato per chi aveva sete di vendetta, per chi voleva violenza, per chi non aveva più voglia di farsi scrupoli.

Alla fine della lettura, una domanda resta nel cuore di chi chiude questo romanzo: e io cosa avrei fatto?

Costantino Rochira, pugliese doc, è un vero gentiluomo: sposato con Ada, si prende cura di tutte le necessità della sua famiglia, in particolare di quelle di sua figlia Mina, che promette di diventare una donna in carriera subito dopo la laurea in Economia e commercio.

Oltre alle necessità della sua famiglia, però, Costantino pensa anche a quelle di Nino Inno, gentiluomo calabrese che domanda a Costantino di uccidere i fratelli Sarmenta e rispettive consorti, ché il calcestruzzo che gli hanno fornito per costruire la clinica era di qualità a dir poco scadente. Insomma, ormai lo avrete capito: Costantino e Inno sono malavitosi che contano, ma i fratelli Sarmenta non sono da meno. Paolo e Vittorio, infatti, sono parte “del giro”.

Hanno conosciuto Costantino in carcere e lo hanno aiutato a portare a termine un “favore” chiestogli da un socio, destando sempre qualche invidia da parte di Costantino. Quando Paolo viene accoltellato, senza troppe cerimonie, insieme a sua moglie, Vittorio capisce che per lui è il momento di scappare. Porta con sé Mimma, sua moglie, Santo, suo figlio, e Massimo, suo nipote e figlio del defunto Paolo.

Arrivano in un paesino in provincia di Brescia, dove Giovanni Argento, degno compare di Vittorio promette di aiutarli. Il fantasma della morte dei genitori di Massimo, però, non accenna ad abbandonare il ragazzo. Non solo, ma contagia anche Santo, che scoprirà ben presto di chi fidarsi e di chi diffidare.

Le prime pagine sono uno shock: se siete abituati a leggere scene violente, beh, preparatevi, ché questa sarà violenta sul serio. Superato lo shock iniziale, però, la trama scorre veloce tra sotterfugi e piani di vendetta, seguendo le vite di Massimo e Santo.

Non è un romanzo che va tanto per il sottile: tutto ciò che è inerente al sesso viene chiamato con il suo nome, senza addolcire le terminologie. È interessante notare come tutti i personaggi siano soli: Paolo, Vittorio, Massimo, Santo, Giovanni… tutti i personaggi maschili di questo romanzo, che ne siano consapevoli o meno, sono soli.

Vittorio è solo perché gli è stato strappato Paolo, Massimo è sempre stato diverso da tutti, Santo vive di libri di anatomia per conquistarsi la laurea in Medicina, mentre Giovanni, Giovanni è un caso a parte. Trapiantato al Nord, Giovanni ha dovuto costruirsi un futuro, un giro d’affari e una vita. Ma ha dimenticato di costruirsi una famiglia e finisce per affezionarsi a Massimo e Santo.

Questo surrogato di paternità, però, non basta: infatti, non ci sono mai scene conviviali tra i tre. Non si comportano come una famiglia e l’affetto di Giovanni è legato al fatto che sia Massimo che Santo stanno facendo progetti per le loro vite e scalando la piramide sociale verso il successo.

I personaggi femminili, invece, sono più onesti: Ada ammette apertamente che Costantino è stato un errore, Mina vive di luce riflessa del padre, Mimma scappa con Vittorio ma rimpiange quello che hanno lasciato in Puglia.

La figura emblematica, però, è quella di Suor Aurelia, che da personaggio secondario e stereotipato prende a poco a poco forma: acquista un passato, delle motivazioni profonde e diverse ferite interiori che la fanno diventare umana, comprensibile e credibile agli occhi del lettore.

Insomma, se volete leggere questo romanzo andando al di là dei temi legati alla vendetta e alla vostra indole, fermatevi un attimo a pensare a come gli uomini siano diversi dalle donne, e a quanto tutti manchino di connessioni reali, umane e disinteressate.

Come belve feroci è un romanzo che parla, in fondo, di solitudine e di eroi solitari che cercano di cambiare il proprio destino e quello altrui. A volte utilizzando una lupara.