Quest’estate mi è capitato di fare una gita a Milies, sperduto paesino in provincia di Treviso. Si tratta di uno di quei paeselli di montagna minuscoli da camposcuola di parrocchia o da colonia estiva, il classico posto legato a ricordi belli e spensierati di quando sei piccolo. Un’ora e poco più di strada e ci sei, l’ideale per passare una giornata fuori città.

Una volta ci andavi in pulman (seduto rigorosamente in fondo) o in macchina con i tuoi, adesso invece sei tu che guidi e, mano a mano che il viaggio procede, ti accorgi che c’è qualcosa di strano. Hai quella fastidiosa sensazione che i conti non tornino. Eppure è tutto più o meno come al solito… cosa c’è che non va?

Poi finalmente capisci: la superstrada. Non stai più viaggiando attraverso il territorio, ti stai limitando a percorrere dello spazio. Una volta partivi da Padova con il cartellone luminoso delle Officine Meccaniche che svettava sulla Stanga, e poi attraversavi Cadoneghe, Vigodarzere, Camposampiero, Borgoricco, Loreggia, Resana, Castelfranco…

Kilometro dopo kilometro attraversavi paesi che avevano una loro dimensione proprio grazie a quella Strada Statale: chiese, negozi, bar, osterie… lungo quella striscia di cemente c’era tutto quello che di meglio ti poteva offrire ogni singolo paese.

Adesso invece entri in tangenziale a Padova ed esci a Castelfanco. Ti sposti  semplicemente da un posto all’altro, il viaggio vero inizia soltanto quando rienti nella statale, dopo Castelfranco appunto. Fino a quel punto il massimo della vita è fermarsi a pisciare in una piazzola di sosta, o magari fare il pieno in qualche distributore nuovo di zecca che rappresenta la perfetta emulazione fallita del classico Autogrill autostradale.

Niente ha più importanza lungo una superstrada, così come del resto quando si viaggia in autostrada: non hai punti di riferimento, non conosci un territorio, non vedi in faccia la gente che popola la tua regione… sei un fantasma che passa attraverso un non luogo.

La strada statale invece è vita, è un brulicare di esistenze e di storie che ti passano davanti come in un film e che trasformano e trasfigurano tutto: la Romea, la Statale del Santo, l’Adriatica, la Padana Superiore, la Priabona… serpenti che si insinuano tra case, bar, capannoni e aziende che le segnano kilometro dopo kilometro.

Ogni centimetro di queste vecchi statali ti racconta qualcosa, ha un significato: dai fiori sbiaditi su un santino per qualche incidente mortale ormai dimenticato, alla trattoria 1oeurotuttocompreso, al Bar da Bepi – Milan Club che è rimasto così anche se ormai il padrone si chiama Chen.

Sono queste vecchie e malandate statali che fanno nascere storie e leggende, che hanno creato un’epopea locale fatta da ricordi sbiaditi e racconti dimenticati, di viaggi notturni con mezza sbornia in corpo, di puttane che ti sorridono sul ciglio della strada, di camion del cazzo che non riesci mai a sorpassare, di locali di quarta diventati ormai  quasi tutti lap dance da due soldi…

La strada statale è Sugarpulp. Tutto il resto ve lo lascio molto volentieri.