Frederick Forsyth ha firmato una serie di libri clamorosi. Un gigante della spy-story che con i suoi romanzi ha dimostrato di saper anticipare la Storia.

Talvolta mi è capitato di pensare di passare al giornalismo: ma a condizione che mi paghino tanto quando guadagno come scrittore. (Frederick Forsyth!)

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Non ricordo l’anno, e non ricordo nemmeno quale fosse il quotidiano. Ricordo solo che, con qualche euro in più, regalavano un libro. Si intitolava ‘l quarto Protocollo. E da quel momento la mia vita di lettore è cambiata radicalmente.

Inglese, classe 1938, Frederick Forsyth è uno dei più grandi scrittori di spy story in circolazione. Il suo british humor sul giornalismo, non è un caso. Perché i suoi straordinari romanzi sono scritti con tono asciutto e descrittivo, senza per questo risultare mai noiosi. Non ci si annoia, no. E non si perde mai il filo, come può accadere con alcuni colleghi.

Forsyth un giornalista lo è stato. Uno bravo, d’assalto. In giro per il mondo, nei posti caldi, dove fischiano i proiettili 7.62 dei kalasnikov, in mezzo a mercenari e bambini soldato. Ha conosciuto il mondo. Poi lo ha raccontato. Come giornalista in maniera scomoda. Tanto da dover lasciare il mondo del giornalismo. E, per nostra fortuna, diventare scrittore.

Ma andiamo con ordine: qui abbiamo a che fare con il più giovane pilota della Royal Air Force. A 19 anni pilotava i caccia. Audace, freddo, competente.

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Quando decise di lasciare l’esercito fece l’unica cosa che può fare un uomo che vuole aprirsi la mente: visitò il mondo. Ebbe modo di vedere, ascoltare, indagare. E, soprattutto, imparò a leggere la realtà e a trasformarla in informazioni per il futuro.

Perchè leggere un romanzo di Forsyth significa affrontare un passato che diventerà futuro. Mi spiego meglio: ha raccontato, con almeno vent’anni di anticipo, le cose che stanno accadendo nei nostri anni. Una specie di George Orwell contemporaneo.

L’invasione dell’Iraq, la Russia e l’Ucraina, la caccia ai criminali nazisti, i complotti per il potere dei petroldollari in Russia. Ma anche la storia di paesi africani che si combattono senza trovare pace, i giochi di potere, la pirateria.

Ha inventato eroi fragili e criminali strafottenti. Ha svelato trucchi e complotti, ha descritto come pochi altri i conflitti interetnici in Africa, in Medio Oriente e nei Balcani. E, soprattutto, non ne ha sbagliata una.

Scrive, come dicevo in apertura, in maniera asciutta ed elegante, comprensibile ai più. Nei suoi libri le azioni militari sono perfette, non hanno punti deboli. L’adrenalina spesso ti travolge.

Alle volte è schierato, certo (alcune sue frasi celebri contro la sinistra inglese e l’integralismo musulmano sono tipicamente british e assolutamente taglienti), ma sempare in maniera documentata e ragionata.

Dai suoi romanzi sono stati tratti film di successo. Hanno attirato critiche ed encomi. E alcuni hanno rasentato la perfezione in questo straordinario genere che è la spy story.

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Ha aperto le danze con Il giorno dello sciacallo, che ha vinto tutto il vincibile. E, come ho detto recensendolo, per quanto mi riguarda è il libro perfetto.

Nel 1972 è uscito il Dossier Odessa (Organsation Der Ehmaligen SS-Angehorigen) con il quale ha inaugurato la stagione della caccia ai criminali nazisti. Un romanzo doloroso e commovente. Indimenticabile la frase: there’s not collective guilt. Guilt is individual, like salvation.

I mastini della guerra del 1974 ha raccontato il mondo dei mercenari che Forsyth conosce alla perfezione. Tanto da descrivere una situazione che si sarebbe concretizzata 30 anni più tardi in Guinea Equatoriale.

L’alternativa del diavolo (1979) in cui ci spiegava che gli ucraini e russi avrebbero fatto molta fatica a convivere (viene in mente qualcosa?).

Il quarto protocollo (1984), Il negoziatore (1989, un capolavoro di adrenalina), Il simulatore (1991). Nel 1994 Il pugno di Dio (tradotto anche come Il pugno di Allah). Partendo da una storia vera raccontava l’invasione degli USA in Iraq. 9 anni prima.

Poi, dopo un periodo dedicato a dei romanzi minori, è tornato con Il vendicatore, una straordinaria storia che ci racconta lo schifo della guerra in Bosnia e la fuga dei macellai balcanici in stati compiacenti. Nel 2006 L’afghano, grande romanzo che parla di Medio Oriente, con la consueta dose di adrenalina.

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Infine gli ultimi due grandi lavori. I puristi di Forsyth li hanno apprezzati meno, perché manca un po’ lo smalto dei vecchi fasti: nel 2010 Il cobra porta avanti una straordinaria operazione contro i cartelli della droga e nel 2013 La lista nera ci racconta la storia della caccia ai più spietati nemici del mondo occidentale.

Magari sì, non siamo al livello di Cha Cal (l’inafferrabile killer del 1971) ma sono libri di una bellezza incredibile. Sono storie eccellenti che hanno una doppia funzione: ludica e culturale.

Perchè li ami, li leggi con grande piacere e facilità, senza poter riporre il libro. E ti insegnano qualcosa sulla storia contemporanea. Con nozioni storico-sociali, ma anche fortemente tecniche, che non sono mai banali.

Ogni volta che ho occasione di parlare con degli studenti, consiglio questo grandissimo scrittore. Perchè ci fa capire una cosa fondamentale: la sete di sapere è quella che ci tiene vivi!

Grazie Frederick! Sei sempre il migliore: God save Frederick Forsyth!