Hit & Miss è una serie che lancia uno sguardo lucido su quelle realtà che difficilmente trovano spazio sui media
Mettete insieme un killer senza scrupoli con un segreto sconvolgente, una famiglia disfunzionale e un documento del tribunale. Shakerate il tutto in salsa british e servite ghiacciato.
Otterrete una mini serie in 6 episodi, che si guardano uno dopo l’altro: Hit & Miss con la musa del cinema indie Chloe Sevigny.
Parlare di questa serie senza spoilerare è praticamente impossibile. Per cui se vi fidate guardate il primo episodio e poi tornate a leggere la recensione e magari a commentarla. Altrimenti continuate a leggere, gli spoiler sono importanti ma alla fin fine riguardano solo i primi dieci minuti.
Inizio. Una scena girata con maestria. Una persona incappucciata ne ammazza un’altra. La fotografia vivida rende la scena quasi fredda. Senti i brividi sulle braccia. Stacco, il killer torna a casa. Si toglie la felpa, ha il viso strano ma affascinante di Chloe Sevigny.
Stacco: la donna sta facendo la doccia. La telecamera inizia a scendere, fino a inquadrargli il pisello. La killer, che si fa chiamare Mia, è in realtà un transessuale. Non si fa in tempo a rimettere in posizione normale la mascella che arriva la seconda botta: Mia scopre di avere un figlio, la cui madre è appena deceduta, di cui ha tutela legale.
Mia si trova a dover fronteggiare la dicotomia di sentirsi donna ma oltre a essere ancora uomo è pure diventata padre. La storia si concentra sui rapporti familiari fra Mia, il figlio e i figliastri (tutti nati da padri diversi, tutti senza padre), senza mai cadere in trappole retoriche o moralistiche.
Anzi, è un’analisi lucida, quasi chirurgica, quella che ci viene proposta. Con degli effetti collaterali inaspettati: impossibile non affezionarsi a quella famiglia così incasinata, così triste, così disperata, così abbandonata da tutto.
Hit & Miss lancia uno sguardo lucido su quelle realtà che difficilmente trovano spazio sui media, e che rende ancora più impietoso il confronto con la tv nostrana, ma anche con quella americana. La regia, specie nelle scene di azione, che sono poche, è precisa ed elegante.
La sceneggiatura è equilibrata e funzionale, con i colpi di scena disposti nei momenti giusti, ma non aspettatevi una velocità oltre i limiti.
La serie punta soprattutto sui personaggi: sono sfaccettati, tridimensionali, veri. Fanno venire rabbia, più spesso compassione, o fastidio, ma non lasciano indifferenti. Ci saranno anche storie d’amore, storie d’odio, lavoro minorile e altro ancora. Ma non preoccupatevi, che un paio di cadaveri a puntata si rimediano sempre.
Una serie da recuperare, specie se siete stanchi delle solite cose e volete una serie fuori dagli schemi.