Il Cartello di Don Winslow è un capolavoro. Un romanzo fiume in bilico tra realtà e finzione che racconta la guerra al narcotraffico con lo spessore del Padrino.

il-cartello-don-winslow-recensione-sugarpulpTitolo: Il Cartello
Autore: Don Winslow
Editore: Einaudi
Pagine: 882
Prezzo: € 22,00 | e-book € 9,99

“Keller è diventato un blues, uno dei perdenti di Tom Waits, uno dei santi di Kerouac, un eroe di Springsteen sotto le luci della autostrade americane e i neon dei locali. Un fuggiasco, un bracciante, un vagabondo, un cowboy che, pur sapendo di essere arrivato alla fine della prateria, continua a galoppare, perché non c’è altro da fare”.

Partiamo da un dato di fatto: spararmi quasi novecento pagine in tre giorni non è una roba che capita spesso; anzi, per quanto io sia un lettore compulsivo, devo ammettere che succede molto di rado.

Insomma, solo quando ho per le mani un romanzo speciale: uno di quelli che ti fanno dimenticare il forno acceso, arrivare tardi al lavoro e fare le ore piccole pur di finire un altro capitolo.

Il Cartello, ultima fatica del mitico Don Winslow, è un’opera monumentale che, insieme al precedente Il potere del Cane, va a ridefinire il genere crime spazzando via con la forza di uno tsunami tutti i confini, gli steccati e le convenzioni.

Noir, thriller, action… al bando le etichette e le stronzate: siamo di fronte ad una nuova pietra miliare della letteratura.

E non è blasfemo paragonare Don al migliore James Ellroy o a Mario Puzo. Al contrario, il confronto potrebbe addirittura risultare riduttivo: basti pensare che lo stesso Ellroy – personaggio certo non avvezzo a sperticarsi in elogi – ha definito Il Cartello come “Il Guerra e pace della lotta alla droga”.

Ed è un blurb che calza a pennello: se il buon Lev Tolstoj (pace all’anima sua) avesse scritto un narco-romanzo, quel romanzo sarebbe stato Il Cartello.

Winslow è un fiume in piena dalla prima all’ultima pagina e ci travolge con un caleidoscopio di personaggi indimenticabili, una scrittura febbricitante, un ritmo anfetaminico, pardon, “metanfetaminico” ed una valanga di notizie, aneddoti e atrocità setacciate in anni di ricerca sul narcotraffico e sulla guerra combattuta in Messico negli ultimi venti anni.

Sì, perché quello che è avvenuto (e che sta avvenendo) nel paese di Pancho Villa è una vera e propria guerra.

Non ha suscitato lo stesso clamore riservato agli atti terroristici di Al Qaeda o, per essere più attuali, dell’Isis. Non ha sdegnato come avrebbe dovuto l’opinione pubblica, ma è “uno dei più sanguinosi conflitti dell’emisfero occidentale dai tempi della Guerra Civile Americana”, come spiegato dallo stesso Winslow nella bella intervista rilasciata a Giacomo Brunoro (se ve la siete persa è tempo di recuperarla).

100.000 morti, 22.000 desaparecidos. Sono questi i numeri di un massacro tuttora in corso e che non accenna a spegnersi per un semplice motivo: la richiesta di droga è come una retta che tende all’infinito, così come il suo consumo.

Il vero dramma è che il paese che paga le maggiori conseguenze non è sicuramente tra i principali consumatori, così come messo in chiaro dall’autore all’inizio della storia:

“La cosiddetta Guerra alla Droga è una porta girevole. Elimini un tizio e subito un altro occupa la sedia rimasta libera a capotavola. Le cose non cambieranno mai, finché esisterà questo insaziabile appetito per le droghe […] Il cosiddetto problema messicano della droga, è in realtà il problema americano della droga. Non esiste un venditore senza un compratore. La soluzione non è e non sarà mai in Messico”.

E, come scopriremo più avanti nel libro, non si tratta soltanto di un problema americano, ma anche di un problema che riguarda la cara vecchia Europa, dove la stessa cocaina viene venduta ad organizzazioni come la ‘Ndrangheta ad un prezzo maggiorato tra il 35% ed il 50% rispetto a quanto pagato dagli States.

Il Cartello non è “semplicemente” un romanzo straordinario per costruzione ed intensità, ma rappresenta un affresco sociale e politico di un pezzo infame di storia contemporanea che non possiamo più permetterci di ignorare.

Winslow va giù duro e non ferma la sua penna incandescente davanti a nulla: sadismo, torture, decapitazioni, gente fatta letteralmente a pezzi o bruciata viva. Il tutto, purtroppo, ispirato da episodi di cronaca.

Inoltre, descrive alla perfezione i meccanismi perversi che hanno portato alla situazione attuale: il ruolo chiave della politica e della polizia corrotta nell’appoggiare i trafficanti, la militarizzazione delle forze dell’ordine e dei cartelli dei Narcos; la terribile condizione dei giornalisti che rischiano la vita ogni giorno e la disperazione di tante persone costrette a vivere in un continuo stato di assedio, se non ad abbandonare le proprie case.

E ancora, il punto di vista di chi cerca di arginare il fenomeno: la DEA e le truppe d’elite messicane; la mitizzazione dei trafficanti nella cultura popolare con i cosiddetti narcocorridos (canzoni che ne raccontano le “gesta”) e la devozione di tanti boss ed affiliati per il culto della Santa Muerte…

Quello che stupisce è la capacità dello scrittore americano di coniugare una trama complessa, farcita da centinaia di informazioni, ad una narrazione scorrevolissima e ricca di pathos, caratterizzata da botti e fiammate continue. Lo stile è lineare, secco, le descrizioni ridotte al minimo ed i personaggi sono scolpiti nel marmo; il “senso” del colpo di scena da 10 in pagella.

Se Missing.New York aveva in parte deluso le mie aspettative Il Cartello mi ha fatto godere come un riccio.

Winslow è un maestro, o meglio un mostro di bravura che quando decide di spaccare i culi beh… non ce n’è per nessuno. Il Cartello è uno Sugarbook con la S maiuscola. Uno di quei testi sacri che ogni barbabietola dovrebbero leggere almeno una volta nella vita e tenere sul primo scaffale della libreria.

Ragazzi, che altro dirvi? Finalmente l’agente della Dea Art Keller ed il suo acerrimo nemico Adán Barrera sono tornati e vi assicuro che la lunga attesa è stata ripagata al di là di ogni aspettativa.

Ora però, che cazzo, correte a comprarlo!