Intervista ad Alessandro Vitti

Alessandro Vitti è certamente uno degli artisti del fumetto più importanti della nuova generazione – è del 1978 – del resto i risultati parlano chiaro: disegnatore per la Marvel (Secret Warriors e X – Campus) e Bonelli (Brendon) ha saputo imporre un tratto onirico, violento e ricco di dettagli, miscelandolo con inquadrature dal forte sapore cinematografico.

Recentemente, la Panini ha pubblicato il suo arc – su storia di Jonathan Hickman – dedicato ai Secret Warriors, la gang di spie S.H.I.E.L.D. capitanata da Nick Fury che combatte contro l’altra grande agenzia segreta dell’H.Y.D.R.A. La storia, mozzafiato, è apparsa su Marvel Mix n. 85 come “Secret Warriors 2 – Dark Reign” e mescola atmosfere noir-pulp intrise di cupa violenza con svisate nel mondo mitologico-classico che fanno del fumetto in questione uno dei più interessanti usciti nell’ultimo anno. Una storia che racconta il difficile rapporto fra Ares, dio della Guerra e Alexander, dio della paura precipitando il tutto in uno scontro fra agenti segreti che non risparmia nessuno.
Consigliandovene la lettura da subito, ci è dunque parso opportuno scambiare quattro chiacchiere con un disegnatore fenomenale che sarà – fra l’altro – fra gli ospiti d’onore dell’imminente Mantova Comics.

Ciao Alessandro, per cominciare: come ti sei avvicinato al mondo del fumetto? Cosa leggevi da ragazzino e soprattutto i fumetti li leggevi?

Ciao a voi, Barbabietole… partiamo subito, eheheheheh, anzi… partiamo nel vero senso della parola, qui si respira una brutta aria… ahahahahahahah… parentesi a parte… i fumetti li leggevo e li ho scoperti casualmente, come i fumetti porno… mi sono capitati in mano per caso… ahahahahahahahah… avevo 9 anni quando ho letto il primo, sia dei supereroi e sia di quelli porno. Mi sono piaciuti parecchio… Torno serio… era il numero 11 di Capitan America e i Vendicatori della Star Comics…prima di quel numero, non sapevo dell’esistenza di una realtà ricca di personaggi pieni di caratteristiche diverse e bellissimi da ridisegnare.

Quando e in che modo hai capito che volevi disegnare comics e strips?

Sinceramente, non l’ho mai capito come ci sono finito in questo mondo, perché le mie ambizioni erano altre… io volevo fare “L’USCIERE”… torno di nuovo serio… Dire da subito sarebbe un’enorme menzogna.
Direi verso i 16 anni, perché per tenermi sempre in costante allenamento o per avere sempre uno stimolo a disegnare, cercavo nei fumetti, e nei disegnatori, l’incipit per proseguire e soprattutto per imparare a disegnare a tutti gli effetti …

Che tipo di scuole/istituti/accademie hai frequentato? Insomma qual’è stato il percorso formativo che ti ha portato a diventare disegnatore?

…perché è stato un percorso interamente sviluppato attraverso l’apprendimento da autodidatta.
Le scuole che ho frequentato hanno comunque sviluppato il mio bagaglio culturale e hanno comunque inciso anche ai fini della mia futura professione. Alle superiori ho frequentato un istituto di grafica e poi mi sono iscritto all’Accademia di belle arti. Il percorso è comunque rimasto legato all’ambito artistico, ma con una visione più ampia. Volevo ancora capire cosa realmente mi poteva aiutare ad esprimermi. A me piace anche scolpire e dipingere, non mi dispiacerebbe riprendere ad utilizzare queste forme di espressione.
Ma delle scelte si devono fare, altrimenti si resta ad aspettare Godot… e di certo… se vuoi qualcosa devi cercare di prendertela con tutte le forze se ci tieni realmente, e le mie riflessioni, le mie scelte, sono andate tutte verso il fumetto e infatti…

Se non sbaglio uno degli incontri chiave per la tua carriera è stato quello con Giuseppe Palumbo, me ne parli?

… è stato così… soprattutto quando un giorno a Taranto, nella mia città natale, venne invitato in una libreria di fumetti il mitico Giuseppe Palumbo… si mostrò disponibilissimo e soprattutto aspettò che io tornassi in libreria per portargli delle mie tavole… perché in quel momento non avevo nulla con me, mi vergognavo a mostrare i “ miei sgorbi”. Mi disse di proseguire e mi diede dei suggerimenti, mirati a correggere alcuni particolari dei miei lavori. Mi disse di farmi risentire e così ho fatto… ho lasciato trascorrere il tempo necessario per studiare meglio il disegno. Poi andai direttamente da lui. In quel periodo Giuseppe stava cercando dei disegnatori che potessero collaborare ai suoi progetti lavorativi legati al suo studio e mi propose di entrare a farne parte… Non ho più smesso di disegnare da quel giorno se non per dormire… ma adesso ho smesso anche di dormire pur di disegnare… preferisco… mi innervosisco se non disegno… divento irascibile… AAARGHHH… ho un braccio verde… HO UN BRACCIO VERDE… AAAAAAHHHHHH

Come sei arrivato a conoscere Chiaverotti e poi a disegnare Brendon?

L’ho conosciuto mostrando i miei lavori in casa editrice al curatore, Franco Busatta, della testata regolare dedicata a Brendon. Franco mostrò i miei lavori a Chiaverotti e decisero di farmi lavorare sulle pagine della serie. In seguito ho avuto anche il piacere di conoscerlo ed è stato emozionante sapere che in quel momento avevo davanti a me il mio sceneggiatore… cioè… il mio sceneggiatore… cioè… no no… dico sul serio… era proprio lui… cioè… colui che ha scritto alcune delle storie più belle di Dylan Dog… ed è il mio sceneggiatore… cioè… capite?!… fantastico… tutte queste emozioni improvvise mi faranno venire un coccolone…

Che tipo di linee, di tratto, di accorgimenti, hai adottato per “stare” nelle storie di Chiaverotti e più in generale quanto un disegnatore deve assecondare lo sceneggiatore?

Non direi assecondare, piuttosto interpretare seguendo comunque un concetto già stabilito. Sono stato me stesso, a lui piace il mio stile perché rientro in quel genere di disegnatori che ama il dettaglio, la cura di ogni cosa che deve essere rappresentata. Amiamo gli stessi autori e di conseguenza ci siamo ritrovati ad avere i medesimi gusti stilistici e questo fattore ci ha portati e mi ha portato, soprattutto, ad avvicinarmi al suo mondo… quello di Brendon… che già adoravo da lettore.

A parte Brendon qual’è il tuo personaggio Bonelli preferito?

Dylan Dog e il Nathan Never disegnato da Mari…

Il 2007 se non sbaglio è stato per te un anno chiave, oltre a entrare nello staff dei disegnatori Bonelli pubblichi per la Soleil francese “Serial Killer”, mi parli di quell’esperienza?

L’esperienza francese ha avuto altri precedenti, ma questa è stata la più divertente. Mi contattarono e mi chiesero di fare a fumetti le storie dei serial killer, episodi di cronaca realmente accaduti. Argomenti di cronaca nera che mi hanno sempre incuriosito: per questo accettai immediatamente. E poi c’è da dire che il motivo che mi spinse ad accettare è stato anche il piacere di disegnare delle storie ambientate negli anni ‘70… periodo che, dal punto di vista dell’immagine e del costume, mi è sempre piaciuto,

Sempre nel 2007 arrivano anche le prime tavole per la Marvel, su “X-Campus” miniserie dedicata agli X-Men, la prima domanda nasce in modo obbligato: quanto è stato importante non aver tema di affrontare il mercato estero? E quali differenze hai impresso al tuo stile a seconda che disegnassi un fumetto per il mercato italiano, francese o americano? Oppure hai tenuto una tua coerenza forte e le variazioni grafiche sono state minime?

Le variazioni sono principalmente nella differenza del prodotto: Bonelli è in bianco e nero e gli altri due sono a colori, ma con una impostazione diversa della pagina. Su Brendon dovevo usare i neri per compensare l’assenza dei colori, quindi era “tutta farina del mio sacco”, mentre nelle altre due dovevo considerare la presenza di un fattore aggiunto che mi aiutava nel lavoro. In questi due ultimi casi, per fare entrare in gioco il colore, al meglio, ho fatto in modo di lasciare solamente la linea di contorno in modo che il colore risolvesse gli effetti di luce e ombre.

Te lo chiedo perché ho avuto la sensazione che il tuo stile sia sì molto forte, d’impatto, dettagliatissimo, ad alto tasso dinamico ma al contempo profondamente differente se considero le tavole per Brendon e quelle di Secret Warriors.

Sono momenti diversi e prodotti diversi. La cura del dettaglio resta sempre, ma essendo diversa la tempistica narrativa devo necessariamente variare nella scelta delle soluzioni.

Com’è stato lavorare con Jonathan Hickman su “Secret Warriors”?

E’ bellissimo lavorare con lui, ha una sceneggiatura che mi permette di lavorare con delle sequenze dal taglio cinematografico, in questo senso siamo molto in sintonia e spero di poter fare anche altro con lui.

Fra l’altro in “Secret Warriors” mi pare che i tuoi disegni siano particolarmente dark, anfetaminici, intrisi di noir e gore, insomma è tutto molto adrenalinico, l’organizzazione degli spazi nelle “vignette” (ma ha ancora senso definirle così?) rompe le geometrie, sei d’accordo? E come hai cercato di interpretare la storia?

A differenza di molti, sono stato molto legato alle geometrie della pagina, probabilmente l’azzardo è stato quello di cercare a tutti i costi di trovare il modo per disegnare utilizzando delle vignette orizzontali, che mi permettono di evidenziare l’effetto cinematografico e in alcuni casi l’effetto dinamico. Altro non ho fatto, perché le sceneggiature sono state scritte in modo da farti immediatamente percepire l’atmosfera che si crea nelle varie sequenze.Geniale!!!!

Mi piace molto in “Secret Warriors” l’unione fra l’action e la mitologia: Nick Fury, l’Hydra, le basi segrete ma anche il Dio della Guerra, il Dio della Paura, un mix che mi pare tornerà in “Broken Trinity: Pandora’s Box”.

Si, in effetti le tematiche e le atmosfere sono state apparentemente simili. Ma le ambientazioni sono state svariate e questo mi ha fatto divertire come un pazzo che corre ignudo in mezzo alla foresta ad occhi chiusi.
Ho lavorato nello stesso periodo su due fumetti in cui c’erano ogni due-tre pagine scenari diversi, quindi ogni volta un registro diverso, abbigliamento diverso…da paura… ma FIGO, c#§°§ se FIGO!!!!

Poi se non sbaglio sei passato a “Broken Trinity: Pandora’s Box” per la Top Cow: quando arriverà da noi? E quando l’altra miniserie da te disegnata per “Secret Warriors”, si sa niente?

Credo che riprenderanno ad uscire quest’anno in Italia le mie pubblicazioni.

Se ti chiedessi quali sono gli artisti che ti hanno influenzato maggiormente?

Tanti… direi tanti sul serio… ogni disegnatore che ho osservato nel suo lavoro, mi ha lasciato qualcosa, anche se distante anni luce dal mio stile, ma tutti sono stati utili per comprendere e imparare qualcosa per fare meglio il mio lavoro

Dimmi tre nomi di altrettanti sceneggiatori con cui ti piacerebbe lavorare…

Joshua Dysart, Brian Azzarello e Jason Aaron.

Perché secondo te i disegnatori italiani vanno così forte negli States? Se non sbaglio siete in 37, cito fra gli altri, oltre a te, Giuseppe Camuncoli, Matteo Scalera, Alberto Ponticelli, Gabriele Dell’Otto.

Perché picchiano meglio!!!! Ahahahahahahahah!!!!!! Non saprei, ci sono anche molti sudamericani, molti asiatici. Credo sia solo una lettura molto patriottica, eheheheheheheheh… sembrano anche a me tanti, ma se poi si legge attentamente la mole di disegnatori che lavora in America, abbiamo raggiunto solamente la media stagionale…

C’è un personaggio Marvel per la cui serie vorresti disegnare?

Oltre a Capitan America e gli X-Men e Thor e Ghost Rider e DareDevil e Silver Surfer… non saprei!