Jimmy Bobo (Bullet to the Head) è un film che mantiene quello che promette. E cioè 92 minuti di azione e violenza, senza bisogno di lasciare acceso il cervello per gustarsi quanto la storia ha da offrire.

Jimmy Bobo (Sylvester Stallone) è un killer in cerca di vendetta, aiutato dall’integerrimo poliziotto Taylor Kwon (Sung Kang). Lo strambo duo di alleati sui generis batte le strade, e le paludi, di una Louisiana corrotta e traditrice per chiudere i rispettivi conti in sospeso con una serie di soggetti molto poco raccomandabili.

Sulla trama non c’è molto altro da aggiungere, se non che scorre parecchio sangue e che i morti ammazzati, nel breve corso della pellicola, sono in gran parte quelli giusti.

Jimmi Bobo

Il lavoro di Walter Hill, tratto dal fumetto Du plomb dans la tete di Alexis Nolent e sceneggiato da Alessandro Camon, non vuole essere altro che un robusto, efficace veicolo per la rinascita crepuscolare della carriera del glorioso Sly. E in questo riesce alla grande.

Jimmy Bobo, titolo italiano, che suona decisamente meglio in originale, con un inequivocabile Bullet to the head, è un revenge-movie classico e veramente basic nei suoi intenti e nel suo intreccio. Lo script non brilla per originalità, né nei dialoghi, né nello sviluppo del plot o nella caratterizzazione dei personaggi, puntando a correre verso il cruento scontro finale senza perdere tempo a soffermarsi su ciò che si incontra lungo il percorso.

L’impressione è che si tratti di una scelta produttiva voluta e consapevole, più che di scarsa capacità autoriale. Il padovano Alessandro Camon è lo stesso autore del premiato The messenger con Woody Harrelson e vanta, come produttore, un curriculum di tutto rispetto che annovera, tra gli altri, American Psycho, Wall Street – Il denaro non dorme, Fur e Thank you for smoking.

Jimmi Bobo

Nel complesso, è un peccato che si sia optato per un così basso profilo perché i numeri da tamarro b-movie la storiella li avrebbe tutti.

A cominciare dalla regia del vecchio Walter Hill. Hill qui non è certo quello de “I guerrieri della palude silenziosa”, “Driver”, “I cavalieri dalle lunghe ombre” e via dicendo, e ha preso l’impegno come una remunerativa vacanza. Nonostante giri con la mano sinistra, il regista dimostra però grinta e una palese voglia di mostrare ai colleghi più giovani come si gira un action movie.

Jimmy Bobo è, infatti, sì un concentrato di trite banalità già viste e sentite, ma anche un rutilante mix di brutali, aggressive scene d’azione che non hanno nessuna intenzione di risparmiare esplicite truculenze e violentissime uccisioni al placido spettatore dei multiplex.

Oltre a questo aspetto, che riporta indietro la nostalgia ai prodotti di uno Steven Seagal d’annata, bisogna ammettere che il ritmo c’è, che qualche battuta indovinata ogni tanto fa capolino nel piattume, e il duetto da buddy movie tra Stallone (in forma e simpatico) e Kang (volto scafato e ok, per fare cassetta sul mercato asiatico) funziona. Senza dimenticare character indovinati come il Keegan di Jason Momoa, truce mercenario che vive il ruolo con passione e convinzione, e non è ben visto dai suoi stessi capi perché di uno che non mette il denaro al primo posto non ci si può fidare.

Jimmi Bobo

Jimmy Bobo è insomma uno di quei filmini immediati da fast food del cinema, un giochino senza infamia e senza lode fatto per piacere al suo pubblico e per essere ricordato il tempo dello scorrere dei titoli di coda. Certamente più onesto degli analoghi actioner pensati per teenager, dove tutto è asettico, incolore ed insapore.

Il film di Walter Hill non passerà alla storia della settima arte, ma almeno quel poco che dice lo comunica senza prendere in giro nessuno. La lealtà e la giustizia non richiedono solamente eroi senza paura e dal passato immacolato, ma anche uomini con la schiena dritta e il braccio saldo sulla propria arma. La violenza più inaccettabile è sempre quella che si fa alla propria anima e alla propria comunità, quando si decide di non vedere e di voltarsi dall’altra parte.

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