Quelle belle ragazze di Karin Slaughter, la recensione di Giulia Mastrantoni per Sugarpulp Magazine.

Quelle belle ragazze di Karin Slaughter, la recensione di Giulia Mastrantoni Titolo: Quelle belle ragazze
Autrice: Karin Slaughter
Editore: Harper Collins
PP: 555

Se c’è una cosa che inizio a non sopportare più è la violenza di genere “sponsorizzata”. Non voglio a tutti i costi trovare una morale in ognuno dei libro che leggo, ma quando mi sorge spontaneo il pensiero che c’è proprio qualcosa che non va in quella storia, beh… mi sembra giusto rifletterci un minuto di più e magari condividere il mio punto di vista.

Chiarisco subito che “sponsorizzata” non significa “giustificata”, bensì “messa in mostra”; lasciate che vi spieghi meglio.

Ho acquistato Queste belle ragazze per due motivi: sono in una fase di dipendenza dai thriller e in quarta di copertina c’è scritto che ricorda la trilogia di Larsson, di cui sono da poco diventata una fan.

La trama prometteva bene: Lydia e Claire sono due sorelle che non si parlano più; Julia, la loro sorella maggiore, è scomparsa quando aveva diciannove anni e nessuno ha più saputo nulla di lei. Sam, il padre, si è suicidato qualche anno dopo, lasciando sua moglie, Helen, sola. Claire si è sposata con Paul, un uomo presente e attento, mentre Lydia, dopo essersi disintossicata, ha iniziato una nuova vita con sua figlia, Dee, e il suo nuovo compagno, Rick.

Quando Paul muore in seguito a una rapina di cui è vittima insieme a Claire, polizia e FBI si interessano al caso suscitando un certo interesse da parte di Claire: perché mai l’FBI dovrebbe interessarsi a un semplice caso di rapina finita male? In quelle stesse settimane scompare Anna Kilpatrick, una compagna di scuola di Dee estremamente attraente e simile a Julia. Mentre cerca dei file di lavoro nel pc di Paul, Claire trova una serie di video: si tratta di giovani ragazze torturate e stuprate, che vengono uccise dopo lunghissime sofferenze. Cosa ci fanno, quei video, nel pc di Paul?

Il problema, prima di tutto, non è la descrizione vivida delle torture e neppure il fatto che venga utilizzato come espediente letterario un atto tanto vile quanto lo stupro. Il problema è la gratuità della violenza. Sì, è stato proprio Paul a torturare e violentare quelle ragazze perché, all’insaputa di sua moglie, intratteneva un traffico internazionale di video pornografici e violenti.

Seguendo le orme di suo padre, l’uomo aveva messo in piedi un’attività illegale ma estremamente redditizia che gli permetteva di dare sfogo ai suoi istinti più bassi. Ma perché? Manca il perché. Non viene mai spiegato il motivo per il quale il padre di Paul, un ex ufficiale della Marina, vive una sessualità così estrema, così deviata. Nello stesso modo l’idea stessa che Paul abbia solamente inscenato la sua morte e torni in vita rasenta il credibile: l’FBI complice di una tale operazione? Si scopre già a metà romanzo che lo scopo del tutto è proteggere i nomi dei clienti di Paul, che sono più di ottocento. Ma l’FBI complice?

Quello che mi ha lasciata perplessa, poi, non è il solito, vecchio espediente dell’oggettificazione della donna, che ormai è stato sfruttato in ogni modo possibile. Quello che mi ha dato fastidio è il modo in cui viene dipinto un mondo nel quale ogni singolo uomo rappresenta una minaccia: tutti possono essere stati complici di Paul e tutti lo sono stati, come rivelerà una foto che ritrae proprio il poliziotto a capo delle indagini circa la scomparsa di Julia.

Questo non va bene: in un momento storico come questo non bisogna passare il messaggio che tutti gli uomini sono pericolosi, che tutti sono uguali, che tutto gira intorno a una sessualità devastata. Bisogna essere realistici e dipingere anche uomini “normali”, perché ormai la letteratura gira tutta intorno a figure maschili “sbagliate”: di queste ultime si parla moltissimo, mentre degli uomini “buoni” si parla sempre e solo in relazione all’investigatore che deve sconfiggere il serial killer e i suoi complici. Non è ora che nei thriller ci sia altro, oltre alla contrapposizione tra buoni e cattivi? In questo romanzo, l’uomo normale manca.

In terzo luogo, questo romanzo non racconta una storia che ti porta a fare il tifo per le donne, anche perché i personaggi femminili sono tutti deboli. Questa storia è l’ennesimo racconto di violenza fine a se stessa, in cui le donne alla fine vincono, sì, ma che cosa? Paul viene ucciso e Lydia e Claire tornano ad avere rapporti civili. Ma questa non è vittoria. Dove sono le conseguenze per gli agenti corrotti? Dov’è il polverone che una vicenda simile dovrebbe sollevare? Dov’è il vero momento di rivincita?

Una delle ultime battute di Claire riguarda l’unico agente non corrotto: Nolan le chiede di uscire e lei risponde che non si fiderà mai più degli uomini. Se questa è una vittoria per le donne, allora c’è qualcosa di profondamente ingiusto nell’essere vincitrici.

Ultimo ma non ultimo, ho deciso che non acquisterò mai più romanzi che parlano di violenza sulle donne. Più se ne parla, più si raccontano storie, più si acutizza questa tendenza letteraria perversa a fare del male al proprio partner, più si contribuisce a creare una realtà in cui la violenza di genere è in costante aumento: avremmo tutti i casi di violenza sessuale che abbiamo, se non avessimo mitizzato nei film, nelle serie tv e nei libri lo stupro? Lo abbiamo reso un espediente narrativo.

Siamo bombardati da messaggi inerenti la violenza di genere che la mostrano solo a livello di storytelling. Siamo così bombardati, che ormai non si fa nemmeno più caso alle notizie di stupro che passano al tg: è l’ennesimo stupro, l’ennesima notizia che susciterà frasi fatte su Fb, l’ennesimo “scandalo” che ci saturerà prima ancora di essersi mostrato a noi in tutto il suo orrore perché, tutto sommato, ormai sembra solo una favoletta. Quindi basta.

Tutto ciò che commercializza la violenza di genere non avrà mai più i miei soldi, perché sono stanca di leggere slogan femministi su Fb e poi ritrovarmi sommersa da messaggi che rendono lo stupro solo un espediente narrativo. Questo romanzo ha avuto il merito di farmi prendere una decisione. In questo senso, ne avrò un buon ricordo.