Sgarbossa incrociò le braccia e con un’aria sospettosa aspettò di sentire cosa volesse da lui.
«Mi manda il mio presidente, Sergio Dengo, l’impresario. Ne avrà sentito parlare, immagino».
Qualche metro più in là, alla moglie del macellaio cadde un cotechino dalle mani e si sentì un tonfo sordo sul pavimento.
«No. Mai sentito. E cosa vorrebbe da me?» chiese secco Sgarbossa.
Fasolo si voltò per vedere se nel frattempo era entrato qualcun altro nel negozio, poi si schiarì la voce e disse: «Desidera invitare a cena lei e il suo vice per fare due chiacchiere in cordialità prima dell’ultima giornata…»
Il macellaio fece una faccia strana: «Parlare di calcio?» chiese.
«Certo. Ma non solo.. – disse quell’altro con un tono che lasciava presagire qualcos’altrO – a proposito, come va con la crisi?».
Sgarbossa bofonchiò una bestemmia e poi disse: «Sempre peggio. La gente mangia troppa verdura. Una volta non era mica così, una volta».
A quel punto Fasolo tirò fuori una busta bianca e rigonfia da sotto la giacca e la posò sul bancone proprio sotto il naso del padrone di casa. Il macellaio rimase in silenzio e fissò la busta iniziando ad affilare due coltelli l’uno sulla lama dell’altro, poi fece un cenno rapido e inequivocabile a sua moglie e in un attimo questa sparì nel retrobottega facendo un gesto di stizza.
«Mmh…mi dica… e come mai ‘sto Dengo ha mandato lei da me e non ci è venuto di persona?» disse riprendendo a tranciare costicine ma con minore violenza di prima.