Adam Wild, il nuovo classico in casa Sergio Bonelli Editore.
Il nuovo nato di casa Bonelli, Adam Wild, è approdato di recente alle edicole. Nato dalla penna esperta di Gianfranco Manfredi (Magico Vento, Volto Nascosto e molti altri), l’eroe è tutto tradizione bonelliana, e della più pura: il contesto è quello dell’Africa subequatoriale del XIX secolo, e Adam Wild è un esploratore scozzese membro della Royal Geographical Society. Ma a dispetto di questa formale appartenenza, la sua indole è da spirito libero.
Sin dalle prime tavole si intuisce il carattere del personaggio: eccessivo, irruento, estremamente fisico. Entra in scena ubriaco, si butta a mare per smaltire la sbornia, colpisce con un cazzotto il suo potenziale prossimo finanziatore. Da lì in poi, solo ritmo e azione senza quasi pause. E’ l’avventura classica, è Salgari, ma soprattutto è il bonelli più autentico. Wild si pone apertamente nel solco tracciato dai fratelli maggiori, come Tex e Zagor, pionieri di un genere che ben presto è diventato una colonna portante dell’intrattenimento made in Italy.
Tra gli elementi di tradizione rispettati, la somiglianza fisica del personaggio con attori famosi. Se Dylan Dog è Rupert Everett, Napoleone Marlon Brando, Julia Audrey Hepburn e Brad Barron George Clooney, Adam Wild è Errol Flynn, attore degli anni quaranta noto per i suoi ruoli in film di avventura e per il suo trascorso da scapestrato, approdato al cinema dopo mille mestieri.
E ancora: la presenza di una spalla fissa, da Manfredi individuata nello schiavo liberato di nome Makibu, nonché alcuni comprimari come la principessa Bantù Amina e il finanziatore Narciso Molfetta, già presenti nel primo numero, e altri che verranno presentati in seguito.
Il numero uno, “Gli schiavi di Zanzibar”, oltre a introdurre i primi personaggi cala il lettore in ciò che sarà il leitmotiv della serie, ovvero la personale lotta di Adam contro la tratta degli schiavi. I motivi che spingono il protagonista a questa crociata sono in un certo senso l’essenza del personaggio: la libertà individuale come essenza della vita, il rifiuto dell’autorità, il diritto sacrosanto di ognuno di poter scegliere il proprio destino. Se la schiavitù può essere concepita come la massima negazione di questi cardini esistenziali, ecco che un uomo come Wild non può che impegnare la propria vita nel combatterla.
Il fumetto, come la maggior parte delle recenti creazioni Bonelli, è articolato in “stagioni” di dodici episodi, un po’ sulla falsariga delle serie televisive. Attualmente pare siano già pronte storie per un totale di due stagioni, e poi si vedrà. Se la serie avrà un buon riscontro, come speriamo, Wild sarà ancora a lungo presente nelle edicole e nelle fumetterie.
In chiusura, una parola sugli autori: ai testi Gianfranco Manfredi, che non ha bisogno di grandi presentazioni. Sceneggiatore dalla tecnica solida e collaudata, infonde nelle sue creazioni anche la profondità di uno studio serio su personaggi e contesto, in primis dal punto di vista storico. Vedere il magnifico lavoro fatto su una serie come Magico Vento, o sulla storia auto-conclusiva di Volto Nascosto, dove le atmosfere dell’Italia coloniale erano rese alla perfezione.
Ai disegni si alterneranno un gruppo di autori scelti personalmente da Manfredi, tra cui vogliamo citare Alessandro Nespolino, il cui tratto classico è ammirabile in questo primo numero, e Antonio Lucchi, sassarese come chi scrive e autore del secondo.