L’ETNOFILMFEST prende il via a Monselice (Padova) il 30 maggio 2019 alle 18.30 con una mostra di Saturno Buttò curata da Barbara Codogno.
Ormai alle porte la dodicesima edizione dell’Etnofilmfest di Monselice, il fetsival del cinema documentaristico che promuove le produzioni italiane sempre capitanato dal regista e antropologo Fabio Gemo, che quest’anno titola: “Eros e Thanatos”.
A Monselice, Padova, dal 30 maggio al 2 giugno potremo assistere alla visione di straordinari documentari in concorso, giudicati da una giuria d’eccezione.
A corollario del concorso cinematografico, come di consueto, un parterre di grandissimi ospiti. Da Vittorino Andreoli a Silvano Agosti, da Cecilia Mangini (reduce dalla Croisette, ha infatti debuttato come attrice a Cannes a 91 anni) a Mirco Melanco, da Saturno Buttò a Roberto Tombesi e Corrado Corradi, da Adriano Madaro ad Alessia Zielo e Laura Liberale, tra i tanti altri.
Un’edizione all’insegna del teatro, della filosofia, dell’antropologia, del cinema, dell’arte e della cultura.
Il festival si apre con una personale di Saturno Buttò, uno tra i massimi pittori contemporanei inscritto nel movimento della pittura figurativa italiana d’eccellenza.
Etnofilmfest accende i suoi riflettori proprio inaugurando una sua personale “La morte di Re Tsongor” a cura di Barbara Codogno il 30 maggio alle 18.30 a Villa Pisani.
L’opera di Saturno Buttò è caratterizzata da una personalissima interpretazione formale dell’arte sacra europea e da una perizia tecnica impeccabile, che ricorda quella dei grandi maestri della nostra tradizione pittorica. Rituali figurati, tableaux vivants, neogotiche pale d’altare sono le creazioni con cui l’artista indaga da sempre gli affascinanti misteri di una “oscura religione”: quella della innata sensualità del corpo e della sua profonda spiritualità.
La morte di re Tsongor, opere di Saturno Buttò a cura di Barbara Codogno
Villa Pisani di Monselice, Padova, ospita dal 30 maggio al 16 giugno 2019 la personale del pittore Saturno Buttò a cura di Barbara Codogno.
La mostra inaugura il 30 maggio alle 18.30, con ingresso libero. In esposizione più di una ventina di opere dell’autore, tutte di medie e grandi dimensioni, a tratteggiare un percorso espositivo narrativo che – per le atmosfere e per la peculiare presenza femminile che contraddistingue l’opera pittorica del maestro Buttò – portano il visitatore ad immergersi nelle suggestive dimensioni delineate proprio a partire dal titolo, letterario e fortemente evocativo.
Buttò, da sempre estraneo e refrattario alla pittura decorativa, guarda piuttosto all’autorevolezza dell’arte pittorica classica, ove la figura umana è predominante. Al centro del suo dipingere l’accadimento naturale delle cose quando è lo spirito umano a raccontarsi, nel perenne conflitto tra bene e male.
La donna ci appare nella sua essenza “naturale”, e perciò misteriosa, demoniaca, violenta, pornografica. Buttò ne dipinge un’immagine iconoclasta, distruttrice del luogo comune che relega il femminile nelle prigioni della dolcezza e della remissività. E ciò nonostante l’artista connota i suoi dipinti di un’ambientazione – sia essa scenica che introspettiva – decisamente mistica, religiosa. E afferma: “Per me l’arte è arte e basta, deve essere iniziatica”.