Antracite di Valerio Evangelisti, la recensione di Matteo Marchisio per Sugarpulp MAGAZINE.

Antracite di Valerio Evangelisti, la recensione di Matteo Marchisio per Sugarpulp MAGAZINE.Titolo: Antracite
Autore: Valerio Evangelisti
Editore: Mondadori
Prezzo: 9,99

Il bello del cimentarsi con recensioni è che per quanto quelle negative siano sempre le più divertenti da scrivere, alla fine si tratta pur sempre di parlare di cosa ci solletica e in qualche modo ci ha trasmesso qualcosa di positivo che si vorrebbe venisse colto anche da altre persone. Ecco perché consiglio di divorare Antracite di Valerio Evangelisti, uscito nel 2003 come terzo capitolo della serie di genere definibile fanta-western.

Antracite è un libro potente.

Come tutti quelli Evangelisti chiaro, a mio parere una delle poche divinità del panteon italiano. Anzi, se dovessimo affiancare Valerio Evangeli a una divinità greca lo vedrei più come Kronos, un’entità superiore, a un livello così alto che non può che guardare dall’alto in basso gli altri. Come Alan Moore per il fumetto. Pochi scrittori possono vantare una produzione letteraria tanto ampia e diversificata.

Le due cifre maggiori di Evangelisti sono sempre state da un lato l’accuratezza storica e dall’altro l’abilità di scavare al di sotto della Storia cavalcando credenze, pettegolezzi e misteri di epoche lontane per dare alle sue avventure un retrogusto magico e imprevedibile. Essendo un maestro di tanto in tanto fa pure incursioni nella fantascienza migliore, creando capolavori.

In Antracite Evangelisti è riuscito di nuovo a mettere tutto, ambientando la vicenda in una paese come gli Stati Uniti del XIX secolo, fra i minatori Irlandesi emigrati, nel decennio subito successivo a quello che ha visto la fine della guerra di secessione la vittoria formale del Nord idealista sul Sud arretrato e schiavista.

Il protagonista è Pantera. Pistolero. Stregone Metà africano. Metà messicano, con origini texane.

L’ambientazione western dal sapore classico viene contaminata spesso con piccole digressioni storiche in particolare sulle miniere della fine dell’800. Ed è questo il vero protagonista di Antracite, il cardine della storia nel romanzo e della vera Storia visto che la miniera fu per secoli il simbolo del lavoro più miserevole e pericoloso potesse fare un uomo per avere di che sopravvivere.

Mentre Pantera e gli altri umani tipici del clichet western che spaziano dalla ragazza senza futuro dal cuore buono, alla vedova milf, agli agenti Pinkerton rappresentano comunque un mondo tradizionale, seppur declinato nelle sue sfumature più misere, la miniera con il suo sistema di valori e regole sotterranei rappresenta una creatura nuova, misteriosa, letale quanto tristemente reale.

La miniera è universo parallelo, paragonabile all’upsidedown di Stranger Things, in cui il mondo operaio prospera seguendo nuove regole, un mondo però in cui la cifra essenziale rimane la violenza e la sopraffazione del prossimo a cominciare dai bambini usati come runner, ovvero addetti a rallentare i carrelli carichi di pietre di antracite spargendo sabbia sulle rotaie.

Pantera entrerà in quel mondo esplorandone gli angoli più bui in cui fanno anche capolino antiche congreghe irlandesi, gli Ibernici, un gruppo armato clandestino noto come Molly Maguires, e in forma embrionale il movimento operaio, che suo malgrado non riuscirà mai a prendere davvero le forme di una creatura in piena forza per l’eterno contrasto fra veri e presunti immigrati in un paese in cui il vero americano non è mai esistito.

Antracite, segnatevelo, leggetelo.