Argo ne è la prova del nove (ricordi della scuola elementare), Ben Affleck è un regista.
Aggiungo che è un ottimo regista, convinto di un suo percorso professionale oltre alla ventennale carriera d’attore.
Per capire la genesi di Benjamin Géza Affleck-Boldt detto Ben, parlo sempre di regia, bisogna assolutamente seguire il percorso temporale dello stesso, prima Gone Baby Gone (2007) poi The Town (2010) e in fine il pluripremiato in argomento.
Se fossimo su di un piano cartesiano, tre film sull’asse delle ascisse e la crescita artistica sull’ordinata, avremmo una retta che schizza verso l’alto. Un giorno si fermerà ma per ora godiamo di un ottimo film che sicuramente resterà vivido nei ricordi cinefili di molti.
Tornando al film in questione non possiamo che soffermarci sul titolo, Argo appunto.
Argos è un’antica città del Peloponneso, ma è anche il figlio di Phrixus costruttore di navi e qualcuno di voi saprà dell’esistenza del cantiere Argo di Tespi. A noi però interessa il mito giasonico degli Argonauti, come archetipo delle terre di Colchide, dove il più grande fake della storia prende forma.
Infatti la sceneggiatura è tratta da un libro, scritto a quattro mani da un giornalista Matt Baglio e un ex agente della CIA Tony Mendez, che narra di un improbabile viaggio per un improbabile film (metacinema) per un improbabile salvataggio. In questo caso il vello d’oro non è una pelle di ariete dorata ma un manipolo di addetti all’ambasciata di turno.
Neppure Argo è una nave ma una finta produzione cinematografica, vera però è questa storia così fantastica da sembrare finta.
Il film non solo tiene un ritmo sempre costante, mai forzato, ma immerge lo spettatore direttamente nelle paure e nell’ansia vissuta e percepita della trama.
Ecco dove sta l’ottima prova del giovane regista Ben, dosare senza strafare, innescare empatia e mai far “vedere” che sei al cinema. Ci riesce molto bene, inquadrature e montaggio sono di livello altissimo, non sempre accademico fortunatamente, facendo scorrere le due ore in un baleno.
Personalmente ho apprezzato molto la fotografia, il cast di attori come John Goodman, Bryan Cranston, Victor Garber e Alan Arkin tutti perfettamente calati nei rispettivi personaggi sempre credibili, meno le troppo finte riprese aeree di Teheran e in genere le riprese turche.
Un film sostanzialmente corale senza una primadonna acclarata pur con un Affleck in palla, forse è uno dei mille segreti di questo lungometraggio.
Sicuramente ha stregato un po’ tutti, dopo aver fatto man bassa ai Golden Globes, si porta a casa un SAG Award come Outstanding Performance by a Cast in a Motion Picture, il massimo!
Lo ammetto ho pianto (Fellini insegna “Era tanto bello ho pianto tanto”) ma io sono un caso umano.