Assassin’s Creed è l’ennesima delusione. Vi prego basta spin-off, remake, reboot, sequel e prequel che massacrano l’originale.
Sono andato a vedere Assassin’s Creed, il giocattolone della Ubisoft con Fassbender e Cotillard, nella speranza di vedere smentito il leitmotiv che vorrebbe pessimi i film tratti dai videogames che poi, detto per inciso, a me Max Payne con Wahlberg e Warcraft con Fimmel non erano spiaciuti affatto. Ma, lo ammetto, sono rimasto di sale quando mi sono reso conto che il magnifico mondo del game – quello di Altair e Ezio Auditore – è finito nel cesso in omaggio alla solita menata contemporanea con balzo nel tempo ad ambientazione americana.
Ma facciamo ordine.
Non spiegherò la storia della loggia degli assassini e nemmeno di quanto profonde fossero simbologie e motivazioni nel celebre franchise. Sarebbe tempo sprecato a dire il vero perché questa pellicola firmata da Justin Kurzel pecca fin da subito di autocompiaciuta celebrazione e, così facendo, smarrisce il senso di tutto.
Detto apertis verbis: nella versione di Kurzel perfino Assassin’s Creed diventa un pippone filosofico, cioè la negazione stessa di ritmo, action e spettacolo che sono l’essenza del gioco e del mondo poi esteso con art-book e romanzi a firma Oliver Bowden.
Ma vi è di peggio: l’ambientazione storica – sia essa la guerra d’indipendenza americana o il magnifico rinascimento fiorentino – autentica arma vincente del gioco, qui scompare. O meglio resta in alcune sequenze, queste sì davvero mozzafiato e di abbacinante bellezza, in un’inedita Spagna del 1492 mai così affumicata, violenta, affogata nell’Inquisizione e nelle lotte di potere, ed è proprio fra Siviglia e Cadice che si consumano strepitosi inseguimenti sui tetti, scontri all’ultimo sangue, sbudellamenti a go go in alcune delle più belle scene mai viste nell’ultimo anno al cinema.
Pura gioia per gli occhi insomma: ma sono semplici intermezzi, contentini per quelli che come me si aspettavano di vedere emergere Leonardo da Vinci o Cesare Borgia da qualche parte, magari dopo l’ennesimo trip da parkour al cardiopalma o prima di un salto dell’anima che ti inchioda alla poltroncina del cinema. Invece ciccia.
Va bene, d’accordo: c’è l’Abstergo, l’Animus, l’eterna lotta fra Templari e Assassini. Ma a questa parte, resa in modo piatto, banale e uguale a mille altre che prevedano il solito salto spazio–temporale per vivere le memorie degli antenati, il regista dedica l’ottanta per cento del film, affidandosi a interpretazioni assolutamente incolori e scentrate da parte di Marion Cotillard, (vi prego non è in grado di recitare in questo tipo di film), e Jeremy Irons, perfino lui sottotono, e menomati entrambi, va detto, da un doppiaggio scandaloso.
Ma quand’è che anche noi ci decideremo a mettere i sottotitoli ai film in OV come tutta l’Europa?!?
Il vecchio Fass va un po’ meglio, decente ai giorni nostri e da sballo nelle sequenze ad ambientazione storica ma è proprio la differenza di fascino, esponenziale, a fare più male. Perché, a ribaltare le proporzioni, dedicando alla ricerca della reliquia di turno ben altro intreccio e approfondimento, il film ne avrebbe guadagnato immensamente anche perché nella Spagna del 1492, Kurzel da il meglio di sé e si appoggia a un’interpretazione devastante da parte di Ariane Labed, nel ruolo di Maria, assassina spietata e letale, protagonista di una serie di sequenze a dir poco incendiarie.
Vero è che è proprio la sceneggiatura a essere scritta in modo sciatto, con dialoghi prevedibili, stanchi, triti e ritriti, con personaggi senza mordente e caratterizzazioni risibili. E quello che fa più male è vedere come Michael Lesslie e Adam Cooper siano riusciti ad annichilire l’enorme quantità di materiale interessante cui potevano accedere con games e libri.
La squadra è per buona parte quella dell’ultimo Macbeth, ma lì c’era il testo di William Shakespeare da cui partire, e la sensazione è che su un universo così ricco ma liquido come quello di Assassin’s Creed i due non sapessero che pesci pigliare.
A testimonianza di quel che dico il film, pur programmato in un numero di schermi imbarazzante ha incassato solo 45 milioni di euro a fronte di un budget da 125 milioni e si candida a essere uno dei più pericolosi e allucinanti flop del 2017 (anche se da noi è andato subito al primo posto del Box Office).
A questo punto non oso pensare quello che può succedere con il reboot di Tomb Raider… ho dubbi giganteschi su Alicia Vikander ma spero che almeno un regista strepitoso come Roar Uthaug (vedersi i suoi incredibili Escape e The Wave) riesca nel miracolo. Attendiamo, allora.
Se non altro dovrebbe essere un film a forte trazione scandinava almeno in termini di cast artistico e quindi magari…
Per quanto riguarda Assassin’s Creed la sensazione è, purtroppo, quella di un’occasione perduta, un film che avrebbe potuto essere strepitoso se avesse avuto il coraggio di raccontare una caccia al tesoro nel passato e che invece delude per aver scelto, incomprensibilmente, di puntare sulla parte meno originale del mondo del game. Misteri della produzione.