BABYGIRL, la recensione di Silvia Gorgi del film di Halina Rejin presentato in concorso all’81a edizione della Mostra del Cinema.
BABYGIRL, il film della regista olandese Halina Rejin, in concorso a #Venezia81, presentato come un thriller erotico, più che trasgressivo è divertente, e mette in gioco i ruoli di potere, attraverso la sua sceneggiatura che spesso vira al grottesco e provoca la risata. Volutamente? Involontariamente? Certo è che è proprio quello che è successo in sala dopo la sua proiezione alla stampa.
In alcuni momenti, ad alcune battute, fra i due protagonisti in scena, ci si è ritrovati a ridere, perché le situazioni, cui finivano per assoggettarsi, prima che erotiche finivano per essere paradossali con piena consapevolezza dei personaggi.
Un film preso troppo sul serio
Preso molto sul serio dalle analisi di molti dei critici qui al Lido, come se ci si trovasse di fronte a pellicole con al centro il desiderio alla Lyne o Verhoeven, Babygirl, ha per protagonista Nicole Kidman nei panni di Romy. Venticinque anni dopo il tunnel di sogni ed erotismo di Eyes Wide Shut, l’attrice australiana è qui un’amministratrice delegata di un’azienda, il cui core business è l’AI per sviluppare l’automazione robotica al fine di liberare l’uomo dai compiti ripetitivi, con politiche aziendali interne incentrate sul benessere lavorativo.
Romy però finisce in un gioco di potere e sesso con il suo giovane stagista, Samuel, in cui è lui a tirare il guinzaglio, e a imbronciarsi come fosse un bambino quando, la donna tutta d’un pezzo, alle volte fatica, a cedere ai suoi desideri.
Eterna giovinezza
Del resto la donna in carriera di successo, temuta e rispettata dai suoi dipendenti, in particolare dalla sua braccio destro, che attende da tempo una promozione, sempre promessa e mai confermata, scopre che quei meccanismi di sopraffazione sono proprio ciò che fa per lei per accendere il desiderio, che, nella sua famiglia, con il marito Jacob, innamorato ma anche impacciato, non s’innesca. La sua immagine perfetta, fra famiglia – ha anche due figlie – e lavoro, ha però ombre e segreti che solo lo sguardo di Samuel sa cogliere, percependo le sue reali pulsioni.
Insomma, niente di realmente nuovo sotto il cielo del thriller erotico, ma l’elemento differente qui è dato dalle battute che la regista inserisce nei dialoghi che si scambiano i protagonisti, a tratti dissacratorie rispetto al momento che stanno vivendo, che destrutturano l’elemento erotico per focalizzare l’attenzione su quello del potere, e su quanto le relazioni siano governate da un gioco di dominio costante.
Il corpo della Kidman
Il corpo della Kidman, che nella posizione che occupa sente di dover far sembrare perennemente giovane e in forma (palestra, lampada, crioterapia, botulino), pur mostrando tutti i suoi limiti (lo stesso amante la definisce “vecchia”), viene mostrato con grande coraggio dall’attrice che nell’impersonare Romy si spoglia di tutto, nuda sullo schermo, si lascia andare, si mette in gioco completamente con tutte le sue fragilità, la chirurgia estetica, l’eta che avanza, mostra i suoi limiti e lo fa con grande coraggio, affidandosi alle mani della regista – che è anche autrice e produttrice dell’opera, nonché ex attrice – che con la dinamica dei corpi ha spesso avuto a che fare nella sua cinematografia.
Nel primo lungometraggio, INSTICT (2019), al centro aveva messo il rapporto nato fra una psicologa e un suo paziente molestatore, mentre sulle amicizie tossiche e la dipendenza social della generazione Z aveva precedentemente sviluppato BODIES BODIES BODIES (2022).
Il suo amante, una sorta di ragazzo che non deve chiedere mai, freddo, e dominante, l’attore Harris Dickinson, già visto in Triangle of Sadness, dallo sguardo diretto, e il fare autoritario, tanto da risultare insieme prepotente e sexy, anche grazie al corpo, giovane e aitante, è già un’icona erotica per le giovanissime e non solo.
Un thriller erotico.. brillante!
Se nella pellicola, girata prevalentemente a New York, ci si trova di fronte a momenti in cui tornano alla mente scene e snodi narrativi legati al filone erotico, che la regista cita, da 9 SETTIMANE E MEZZO a ATTRAZIONE FATALE, passando per BASIC ISTINCT, eccetera, la virata reale è dal thriller erotico al brillante, proprio per via di quella semantica grottesca dei dialoghi che smantella il dramma, o almeno così c’è parso di cogliere.
Più che per l’inevitabile relazione di dominio che indirizza le relazioni a sfondo sessuale, la visione di BABYGIRL può essere interessante per la performance della Kidman – il cui personaggio ha una serie di cose in comune con la Demi Moore protagonista di THE SUBSTANCE, che nell’ultima edizione di Cannes ha sconvolto la platea – e si concentra nell’ossessione e nel rifiuto dell’invecchiamento, nella bellezza che sfugge, e che genera la paura dell’abbandono, ma basta una seduta dal chirurgo per allontanarla e ricomporre l’anima.