Bacci Pagano. Una storia da carruggi di Bruno Morchio è un noir politico da un’Italia lontana: vi ricordate Silvio B.?

Bacci Pagano. Una storia da carruggi, la recensioneTitolo: Bacci Pagano. Una storia da carruggi
Autore: Bruno Morchio
Editore: Frilli
Pagine: 276
Prezzo: cartaceo 11,90 euro

Bacci Pagano è un investigatore privato amante di Mozart, della pittura e dei libri che, ci informa, sono stati la sua salvezza nei cinque anni di detenzione che si è fatto durante gli anni inquieti del terrorismo.

Sì, perché questo cinquantenne perennemente single nonostante possa vantare una discreta e variegata lista di amanti, la sua educazione politico-sentimentale l’ha ricevuta proprio in quel turbolento periodo della storia d’Italia. Bacci Pagano, infine, da anni non indossa le mutande.

Il primo romanzo di Morchio, ambientato nella sua Genova, sin dall’inizio colpisce per la prosa che, pur lontana da eccessi virtuosistici, non si accontenta di soluzioni facili, optando per immagini non banali e per un lessico ricco e vivace, il tutto condito da una leggera ironia che cattura immediatamente il lettore.

Nottetempo, per le strade del capoluogo ligure, è comparso un manifesto che, con la scritta “Cinque pallottole per ripulire l’Italia”, invita la cittadinanza a segnalare ad un numero di telefono le persone da uccidere per migliorare il Belpaese.

Dietro questo assurda iniziativa, una radio che fa capo a Samuele Lagrange, ex sessantottino, amico e compagno (è proprio il caso di dirlo) di Bacci sin dai tempi delle rivolte studentesche.

La situazione si surriscalda quando viene rubata una carabina appartenente proprio a Lagrange; indagando, Pagano scopre che il ladro è un agente dei servizi segreti, già infiltrato brigatista e terrorista nero, forse pagato dalla Cia; un personaggio purtroppo estremamente credibile vista la storia di depistaggi e strategie della tensione che ha conosciuto la nostra nazione.

Morchio non nasconde la sua fede politica e costruisce due personaggi, il protagonista e il vicequestore Salvatore Petrusiello, apertamente schierati a sinistra; in una Genova dove il ricordo del maledetto G8 è ancora fresco (siamo nel 2002) e in un’Italia in pieno governo Berlusconi, la vita non è facile per un attaccabrighe come Bacci.

Proprio Berlusconi (continuamente evocato ma mai chiamato per nome) si è aggiudicato la maggioranza di preferenze nel sondaggio delle pallottole, e caso vuole che nei giorni successivi dovrà far visita proprio alla città della Lanterna: ovvio che la polizia è nervosa e sta sul chi vive.

La forte appartenenza politica, oltre all’affetto che prova per gli emarginati e per gli sconfitti della storia, impediscono a Pagano di farsi incantare dalle sirene del “recupero” del centro storico, che per la povera gente significa solo esser buttata fuori dalla propria casa.

In una Genova carica di sale, gonfia di odori, lungo i carruggi stretti e luveghi (umidi e scuri, nel dialetto di Zena) abitati da quell’umanità marginale minacciata dalla gentrificazione, il protagonista si muove su due fronti: da una parte è sulle tracce del ladro della carabina, dall’altra indaga su una famiglia di armatori che gestisce affari poco limpidi a causa dei quali, ad un certo punto, ci scappa il morto.

Tutto si tiene, in questo romanzo, e bisognerà arrivare alla fine per riallacciare ogni filo.

Fa un certo effetto leggere oggi dell’Italia di quegli anni, non così distanti eppure lontanissimi a causa delle tante cose che nel frattempo sono successe nel mondo politico e non solo.

Ricordarsi del giudizio livoroso e sconcertato che davamo all’epoca su Berlusconi lascia l’amaro in bocca: allora sembrava che il peggio fosse arrivato, oggi sappiamo che ad esso non c’è mai fine, e non abbiamo più neanche il gusto di incazzarci.

Fa quasi rabbia, in effetti. La politica scandalosa, l’ideologia volgare e furbetta, gli intrallazzi malavitosi: avevamo tutto sotto gli occhi già allora, lo abbiamo denunciato con innumerevoli film, libri e appelli accorati, eppure abbiamo perso. Cosa è andato storto, Bacci?

Morchio non va per il sottile. Questa “storia da carruggi” ha tanti ingredienti del noir, l’ambiente marcio, l’attaccamento viscerale ad una città, un protagonista outsider, ma le manca l’ambiguità dei confini tra bene e male, mettendo in scena personaggi nettamente schierati da una parte (il “comunista” Bacci) o dall’altra (i poliziotti della Digos, fascistoni dal manganello facile).

La simpatia che l’autore genovese suscita col suo protagonista attenua solo in parte questa ed altre superficialità, così come lo svolgersi un po’ pigro della trama

L’idea che la deregulation, cavallo di battaglia dell’ideologia neoliberista, sia un toccasana per le organizzazioni criminali pronte ad investire il loro denaro sporco è certamente condivisibile, ma viene espressa a lettere fin troppo chiare da uno dei “cattivi”, in quello che forse è l’apice del didascalismo del libro.

In generale le considerazioni che fa Morchio sull’Italia sono tutte valide, ma se quando sono state scritte potevano risultare efficaci, oggi appaiono quasi banali nel modo categorico con cui sono espresse.

Attualissima è invece la riflessione su quanto il turbo-capitalismo minacci le fondamenta dello stato sociale attraverso un’ideologia che è riuscita a convincere che i diritti acquisiti con le lotte novecentesche non siano più sostenibili.

In questo scenario, a decidere le sorti politiche delle nazioni non sono più i loro governanti, ma la finanza internazionale che si serve di loro per i propri interessi, scartandoli quando i profitti sono minacciati e lasciando al popolo solo l’illusione della democrazia.

Su questa idea il romanzo sa costruire un finale dai toni complottisti decisamente coinvolgente. E pazienza se poi la tesi della cospirazione internazionale contro Berlusconi la tirerà fuori, anni dopo, proprio il nostro ex premier.

“È un incapace circondato da incapaci che non sa fare altro che proclami e spot televisivi” dice uno dei personaggi parlando dell’allora premier: “Quanto tempo pensi che possa durare?”. In questi giorni, dieci anni dopo quella domanda, si parla di Presidente della Repubblica e riforme istituzionali; un posto d’onore, al tavolo delle trattative, è per Silvio Berlusconi.