Con “Balkan Bang!” è nato un nuovo grande narratore, ha finalmente trovato una sua dimensione una di quelle voci della letteratura italiana contemporanea di cui si sentiva la mancanza, forse a causa di tutti quegli editori e lettori – il sottoscritto in primis – troppo abbagliati dagli States, troppo convinti che solo gli americani possano scrivere un determinato tipo di storie e fare un certo genere di cinema. O comunque fare entrambe le cose al meglio del meglio. Errore. Alberto Custerlina mi ha drammaticamente smentito.

“Balkan Bang!” è una girandola impazzita di sparatorie, ammazzamenti vari, sadici killer, gangster omosessuali e superdotati, il tutto sullo sfondo di una Sarajevo ancora troppo segnata dagli anni della guerra e dai suoi indicibili orrori. Già, la guerra.

Negli anni ’90 ero piccolo, avevo una decina d’anni, ma insieme alla prima guerra del Golfo, anno domini 1991, è quella che più mi è rimasta impressa, forse perché la prima di cui abbia un ricordo, anche se, ovviamente e fortunatamente, solo mediatico. Se con la guerra irachena una spiegazione ero, più o meno, riuscito a carpirla – Saddam Hussein ha invaso il Kuwait e fatto incazzare di brutto Bush e il suo generale “bidonbidon” reso famoso da Striscia La Notizia – con i Balcani fu tutto più complicato.

Non sapevo neanche dove fosse Sarajevo e sono pronto a scommetterci che molti, ancora oggi, non lo sanno. Al massimo si sono fermati alle spiagge per nudisti della Croazia, Paese che sembrerebbe sulla buona via per riagguantare quella normalità perduta tanti anni fa. Ma la Bosnia è ancora ferita, mutilata. A maggior ragione quella che esce dalle pagine di Custerlina, autore che ha avuto la lungimiranza e l’intelligenza di trasportare nei Balcani le storie che tanto amiamo e che siamo abituati a veder scorrere tra i palazzoni di New York, le palme della Florida e le caldissime spiagge della California.

Ma se, in un modo o nell’altro, possiamo essere affascinati da queste ambientazioni d’Oltreoceano, non possiamo che provare un conato di vomito per questo mondo Oltreadriatico, dove la poesia del posto è stata accoppata da un cecchino serbo. Dritto in mezzo agli occhi. Bang!

Il romanzo è composto da molti personaggi, dai vecchi Cedomir e Karel, i boss di sempre che vorrebbero conservare il loro decennale potere ora scosso da una nuova e segretissima organizzazione denominata l’Ombra, alla coppia di giovani poliziotti Lovro ed Emir, il primo autoctono scafato e cazzuto, il secondo montagnino idealista con una moglie con due tette così, spiato e ricattato da un oscuro terzo incomodo che gli dimostrerà come il Bene e il Male, a volte, siano due facce della stessa medaglia.

Due facce sporche di merda, ovviamente. Entrambe. E poi Zorka, killer gnoccona, sadica e lesbica, Anton, delfino di Karel e con una proboscide al posto del pisello, il Segretario, astuto come una martora e pronto a prendere le redini della parte di organizzazione guidata da Cedomir, malato terminale a causa di un cancro ai polmoni, proprio lui che ci ha sempre fatto due palle così con il fumo. Infine, come dimenticare i tre fratelli, Janez, Jurij e Joze, killer che forse in tre riescono a fare un lobo temporale di una persona mediamente normale ma dal grilletto velocissimo e capaci di sparare con due pistole contemporaneamente come solo Tex Willer prima? Indimenticabili.

Custerlina prende tutti questi elementi grezzi, li macina e li mescola tra loro. Il risultato è un romanzo capace di andare oltre alle semplici classificazioni e schematizzazioni di genere, perché è un po’ commedia dark, un po’ noir, un bel po’ pulp. O forse, più semplicemente, è “Balkan Bang!”. Abbiamo infatti il sesso e la violenza a fare da collante a tutta la storia, a comporre un metro narrativo che rende il racconto sempre coerente con se stesso.

Ma allo stesso tempo abbiamo frammenti di impareggiabile ironia, da distinguersi nettamente dalla comicità, quali, ad esempio, la fuga del Segretario dalla sparatoria in cui si era ritrovato coinvolto. È pulp allo stato puro, 100% concentrato, perché c’è la violenza estrema che ci farebbe distogliere lo sguardo, ma allo stesso tempo l’autore ce la mette giù in un modo che alla fine ci fa ridere, un po’ come fa sovente Tarantino o come Swierczynski in “Uccidere o essere uccisi”.

E proprio la violenza, quando viene compressa in un locale chiuso e ristretto, messa sotto pressione come nella già citata sparatoria in cui è coinvolto il Segretario o quella alla steakhouse, va a comporre una sceneggiatura così pronta per il cinema tanto da far pensare che lo stesso Custerlina abbia voluto in tale maniera rendere un ideale omaggio ad uno specialista di questo genere di sequenze: Tarantino, appunto.

Ma “Balkan Bang!” è molto di più di un semplice cazzeggio pulp. È un noir, è una grande riflessione sul Bene e sul Male, su chi fa il Bene e chi fa il Male, su come si fa il Bene e come si fa il Male o, almeno, su come si dovrebbero fare. Custerlina non sembra dare una risposta univoca a queste domande, ma da grande scrittore qual è lascia che ogni lettore svolga le proprie riflessioni giungendo a una propria conclusione, sempre che una conclusione, in definitiva, esista veramente.

L’unica certezza che abbiamo consiste, diversamente, nella consapevolezza che la violenza trasforma tutto ciò che tocca, indipendentemente dalle intenzioni di chi utilizza quella stessa violenza, che se nella letteratura che amiamo è solo ed esclusivamente un mezzo narrativo, nella vita reale è un mezzo di perdizione e condanna, stop. Anche se hai ragione, anche se con un colpo di Beretta o di Smith&Wesson togli da ‘sto cazzo di mondo un grandissimo figlio di puttana, alla fine devi passare alla cassa a saldare. Avete presente il ritratto di Dorian Gray?