Bardo, la recensione di Giacomo Brunoro del film di Alejandro González Iñárritu in concorso alla 79a Mostra del Cinema di Venezia.
Bardo. Falsa cronica de unas quantas verdad era senza dubbio uno dei film più attesi alla 79 Mostra del Cinema. Alex Iñarritu è tornato a Venezia con quello che forse è il suo film più ambizioso da un punto di vista autoriale, film che però ha diviso in maniera netta pubblico e critica.
Di fatto il regista messicano ha tirato fuori dal cilindro un polpettone indigesto di tre ore a metà tra 8 e 1/2 e Amarcord, riuscendo anche a portare sullo schermo momenti di grande cinema, come ad esempio la scena della “non intervista”, il dialogo con il padre nel bagno e, soprattutto, la scena magistrale della festa (del resto stiamo parlando di un autore che padroneggia in maniera perfetta la grammatica del cinema). In Bardo però manca la capacità di raccontare una storia in maniera coerente, manca un senso del limite, manca un flusso narrativo capace di emozionare davvero lo spettatore. Insomma, le stelle non si sono allineate.
Iñarritu poi è stato molto paraculo, tanto che uno dei suoi personaggi anticipa già nel film tutte le critiche (legittime o meno) che lo spettatore potrebbe fare a questa grande seduta psicanalitica cinematografica, dimostrando di essere ben consapevole dei rischi dell’operazione in corso.
Bisogna fare i conti con lo spettatore
Certo che per risolvere i propri conflitti interiori e generazionali una bella sessione di psicoterapia poteva essere molto più utile, ma magari il regista messicano non si è trovato bene con gli psicologi e ha preferito fare un film per risolvere il tutto.
Il problema è che quando fai un film devi sempre tener conto di un fattore: lo spettatore. Ecco, un film del genere mi è sembrato un po’ una mancanza di rispetto per lo spettatore, costretto ad assistere a una Ricerca del Tempo Perduto sconclusionata.
Guardando questo film infinito mi è sembrato che Iñarritu abbia inzuppato per troppo tempo la sua bella madeleine nel té caldo, con il risultato che la madeleine si è spezzata prima di essere mangiata, è caduta nella tazza e ha fatto schizzare ovunque il tè (ammettetelo, è una cosa fastidiosissima).
Probabilmente se Bardo fosse durato un’ora in meno Iñarritu avrebbe firmato il suo capolavoro, ma non è stato abbastanza rapido ad afferrare la madeleine. Del resto quando pucci il biscotto ci vuole “fantasia, intuizione, decisione e velocità d’esecuzione”.
Interpretazione magistrale di Andy Luotto
Sono rimasto a bocca aperta infine quando ho visto Andy Luotto nel ruolo di Silverio Gama, l’alter ego cinematografico di Iñarritu, ma la scelta si rivelata azzeccattissima: il Silverio Gama che vediamo sullo schermo è infatti un gran bel personaggio, interpretato magnificamente.
Uno di quei tipi che sembrano sempre svegliati da 5 minuti, tutti ciancicati e mezzi malandati, che ti sembrano sempre sul punto di stramazzare al suolo ma che alla fine restano sempre in piedi (a modo loro).