Black Mass è un solido gangster movie, impreziosito da un Johnny Depp superlativo. La prova della maturità per Scott Cooper.
Chiunque decida di cimentarsi in un gangster movie si trova, giocoforza, a dover fare i conti con un ingombrante immaginario, costruito da una serie di autori ormai entrati nel cuore di tutti gli appassionati di cinema. Da Coppola a Scorsese, da Leone a De Palma, passando per Michael Mann, solo per citare i più noti.
Un’operazione rischiosa che ha già visto diversi rampanti registi imbrigliarsi in una tagliola mediatica, trasformatasi presto in un arrivederci (quando non in un addio) ad Hollywood.
Della serie, i film sui gangster sono già stati fatti dai migliori e stanno lì, come feticci da venerare, inavvicinabili e irripetibili.
Non fa certo clamore che Scott Cooper ed il suo pur buono Black Mass siano stati accolti da una serie di corvi pronti a gracchiare: non è Scorsese! non è all’altezza! Cazzo ragazzi, lo sappiamo tutti che non è Scorsese!
E, fortunatamente, neanche tenta di esserlo. Ne abbiamo le tasche piene di gente che scimmiotta malamente i grandi!
Cooper fa il suo e lo fa come Dio comanda. Senza sbavature, senza eccessi e, soprattutto, senza dare la sensazione di voler dimostrare qualcosa a tutti i costi
Il suo è un film lineare, diretto, privo di fronzoli, in cui la mala non solo non viene mitizzata, ma finisce per essere raccontata per quello che è: una scelta di vita, punto e basta.
La storia, ambientata a Boston, è quella vera del boss irlandese James “Whitey”Bulger (Johnny Depp), che tra gli anni settanta ed ottanta si trasformò in confidente del FBI, consentendo all’amico d’infanzia John Connolly (Joel Edgerton) una sfavillante escalation all’interno dell’agenzia.
L’accordo era semplice: Bulger forniva informazioni di prima mano sui suoi “concorrenti” italiani e Connolly, in cambio, si assicurava che suoi sporchi traffici proseguissero indisturbati.
La pellicola ha dalla sua diversi punti di forza: un buon ritmo, un cast (stellare) affiatato ed una sceneggiatura inappuntabile.
La vera ciliegina sulla torta è, però, Johnny Depp, che – con tutto il rispetto per pirati, indiani e compagnia bella – ritorna finalmente ad interpretare un ruolo all’altezza della sua caratura.
Il suo Bulger è caratterizzato da una pacata compostezza pronta a trasformarsi nella più efferata violenza: un personaggio in grado di lasciare il segno.
Manca l’epica? Forse, e allora? Bulger non suscita certo simpatia ed è uno stronzo di prima categoria; schizzato, disturbato e rabbioso. In lui non c’è niente di epico o di cool.
Nel raccontarci la sua ascesa Cooper frantuma da dentro quel “fascino della criminalità” su cui avrebbe potuto facilmente fare leva in una pellicola del genere, dimostrando grande maturità.
La scelta del racconto in flashback si rivela azzeccata, così come la ricostruzione della South Boston di quegli anni, ben tratteggiata ma priva di dettagli superflui; senza forzare mai la mano.
Qualcuno parla di regia incolore, altri di mancato coraggio. Invece, la sua non è nient’altro che un’audace scelta stilistica: raccontare Bulger e Connolly per quello che sono stati senza idealizzare né condannare nessuno.
Tony Montana, la famiglia Corleone e tutti i “bravi ragazzi” sono modelli lontani dalla strada percorsa dal regista. Ed è un bene che lo siano; se no, ci saremmo trovati di fronte ad una squallida scopiazzatura.
D’accordo, Cooper non entrerà nel gotha degli autori di cui sopra, ma ha superato degnamente una delle sfide più difficili: camminare su un terreno minato.
Chiaro, non uscirete dalla sala strappandovi i capelli, ma Black Mass merita, alla faccia dei corvi gracchianti.