L’uscita di Bourne – Bersaglio in movimento è l’occasione per fare il punto sul franchise nato dai romanzi di Robert Ludlum ed esploso con i film interpretati da Matt Damon.
- Titolo: Bourne, bersaglio in movimento
- Autore: Brian Freeman
- Editore: Rizzoli
- PP: 430
Bourne – Bersaglio in movimento è il nuovo capitolo della saga creata dal compianto autore statunitense Robert Ludlum (1927-2001). Dopo la trilogia iniziale, caposaldo della serie, e gli ottimi lavori di Eric Van Lustbader – in specie il quarto e il quinto capitolo – subentra alla scrittura Brian Freeman, autore di inquietanti romanzi psicologici, ottimamente recepiti dalla critica.
L’evoluzione di Bourne
Il protagonista, alla sua quindicesima (!) avventura, è lui: Jason Bourne, leggendario agente della CIA ormai fuori dai servizi segreti e, per certi versi, libero professionista (sarebbe errato definirlo contractor).
Il romanzo si apre con un articolo di giornale, evidente omaggio all’incipit di The Bourne Identity – Un nome senza volto, e una serie di tweet, dai quali si desume l’assassinio della deputata Sofia Ortiz, impegnata in prima linea nella lotta contro le fake news e la massiccia diffusione di dati informatici.
Il killer è un misterioso agente che viene subito identificato con lo pseudonimo di Caino. Bourne, anche per motivi personali, si vede costretto a infiltrarsi in un’organizzazione anarchica, al fine di scoprire la vera identità del mandante.
Il suo datore di lavoro è nientemeno che un ente della Silicon Valley (come a dire: scontro tra titani…). Lo aiuta per tutto lo svolgimento della trama un’affascinante e nevrotica giornalista, giovane promessa della scrittura che tuttavia preferisce mantenere un basso profilo e lavorare per siti web, alla ricerca di notizie conturbanti, che vadano oltre la facciata dell’informazione mainstream.
Gli avversari di Bourne si moltiplicano pagina dopo pagina, dagli agenti Treadstone e Medusa (ricompare il nome di questa fantomatica organizzazione ideata da Ludlum nei primi due volumi) agli ambigui imprenditori del digitale. Uno di questi personaggi, ovviamente, è particolarmente malintenzionato, ma si invita alla lettura del romanzo per soddisfare la curiosità.
Il plot di questo libro peraltro si chiude in sospensione, come a ipotizzare un successivo incarico per Bourne, oramai non più sicario, ma patriota (passaggio narrativo molto interessante).
Bourne sullo schermo
Il Bourne letterario è creatura peculiare rispetto all’intensa interpretazione data dall’attore americano Matt Damon. Ha subito una sua evoluzione anche discontinua, dopo che ben tre autori (quattro, se si conta anche Joshua Hood con il suo Treadstone risorge, dedicato ai relativi colleghi di Jason) hanno offerto la loro personale caratterizzazione.
Lo si immagina ormai granitico, temprato dall’età, inflessibile, tranne che per un sentimento umano predominante: la sopravvivenza. L’auto-perpetuazione è la chiave interpretativa, benché si stia parlando comunque di un uomo che ama e che soffre.
Ex professore di lingue di origini asiatiche, ha subìto in gioventù un brusco cambio di identità. Dopo il fallimento di un’importante missione, viene soccorso da un medico radiato dall’ordine, dedito all’alcol, figura amicale che compare più volte nel corso della saga.
Bourne / David Webb ha perso moglie e prole, inoltre l’amnesia gli ha inimicato i servizi segreti, i cui vertici non fanno altro che complottare, ciarlieri, contro il loro ex pupillo. Ludlum si divertiva nel tratteggiare queste chiacchiere aziendali, sproloqui monotematici senza una fine. Era anche folklorico e trasognato nel descrivere, ad esempio, Marsiglia e altri luoghi del mondo (stiamo pur sempre parlando di romanzi geopolitici).
L’autore era peraltro solito visitare i luoghi e fotografarli, per poi rincasare negli Stati Uniti e scrivere tra le quattro e le nove del mattino, prima di essere bombardato dalle telefonate di amici e colleghi.
Più dritti al punto vanno i cinque (i tre principali, più gli ultimi due spin-off, senza contare, infine, una recente serie tv), che vedono Jason Bourne perdere la memoria per un colpo di pistola alle spalle.
Recuperato nel Mar Mediterraneo, dedicherà tre capitoli narrativi (bellissimi) a ricostruire il proprio profilo (molto) umano.
Un uomo che rappresenta noi tutti, l’Occidente intero: una civiltà che, a seguito del 2001, ha smarrito la propria identità, che combatte all’infinito contro nemici veri o inesistenti, oltre che ovviamente contro se stessa.
Bourne chiede perdono (al termine del secondo film, The Bourne Supremacy, che poco assomiglia al relativo romanzo, Doppio inganno. Si ricorda che in Supremacy l’agente viene accusato di corruzione relativa a uno scandalo petrolifero); eppure non si arrende, non rinuncia mai alla propria integrità psico-fisica.
Nella saga letteraria invece la sua nemesi è un terrorista, Carlos detto lo Sciacallo (nel terzo film lo sciacallo è rappresentato dai servizi deviati), antagonista che non compare quasi mai, e quando lo fa spesso non si tratta di lui.
Tale carattere umano inserito da Ludlum sembra essere un evidente rimando all’omonimo terrorista realmente esistito, e protagonista a sua volta di numerosi maneggiamenti nella fiction di spionaggio, da Forsyth al true crime.
Un personaggio seriale
In conclusione, Bourne è ormai diventato seriale, pur avendo avuto le sue assolute vette metafisiche, qui appena accennate per motivi di spazio. È un segno artistico di grande salute, perché come Sherlock Holmes, James Bond e altri non merita di essere dimenticato – sarebbe ingiusto – a costo di essere protagonista di cento romanzi e più.
Perché il suo nucleo filosofico, psicologico e fisico (il guerriero, lo evidenzia bene Van Lustbader, scrittore che ama il mito del ninja) è anche il nostro. Buona lettura.