Quattro chiacchiere e una pizza a Los Angeles prima di tornare a casa. Nuovo articolo di Giacomo Brunoro dalla California per Sugarpulp Magazine.

Los Angeles è una città strana, un non luogo orizzontale stratificato per decine e decine di chilometri senza soluzione di continuità.

È tante città diverse, è mille porzioni di mondo attaccate con molti pezzetti di scotch che non si sa come riescono ancora a coesistere.

Los Angeles è una città che probabilmente c’entra poco con gli USA e con la stessa California eppure, o forse proprio per questo, ne rappresenta l’essenza. E così ti può capitare di amarla o di odiarla senza un motivo particolare.

Amore e odio

Ci sono quartieri che di giorno ti sembrano senza personalità e poi invece di notte si trasformano. Strade che ti sembrano la fine del mondo e poi quando ci ricapiti due giorni dopo ti chiedi come sia stato possibile provare certe sensazioni in un posto tanto brutto e desolato.

A Los Angeles tutti sono attori, registi, sceneggiatori, cantanti, produttori, musicisti. Nessuno fa lavori “veri”, soprattutto oggi che se assembli insalate in un sottoscala sei uno chef e pensi di essere un artista.

La normalità non esiste al punto che alla fine è tutto normale.

Le mille facce di Los Angeles

West Hollywood, Malibu, Santa Monica, San Pedro, Long Beach, Beverly Hills, Pasadena. Una lista pressoché infinita di posti che sono Los Angeles ma al tempo stesso sono anche qualcos’altro.

Non chiedetemi cosa perché non sono ancora riuscito a capirlo. Perché non riesci mai a capire quale sia l’anima di una città eternamente divisa tra palme e cemento.

Ville da re e baracche malandate, giornate calde e notti fredde, gente che ce l’ha fatta e che vive il sogno americano e altri che sono sprofondati nell’incubo più nero.

Puoi farti un giro tra le mille luci di Sunset Blvd o tra le stelle di Hollywood Blvd entrando e uscendo da negozi di memorabilia tutti uguali (sia i negozi che i memorabilia).

Magari vai al Rainbow a mangiare qualcosa tra cimeli della storia del rock. Oppure ti ritrovi con qualche amico per una grigliata in spiaggia a San Pedro tra messicani che si godono il giorno di festa, surfisti che si divertono tra le onde, ragazzi che si preparano a una lunga notte di baldoria.

E intanto le enormi gru del porto da lontano ti guardano minacciose.

Vai a fare un giro al parco a West Hollywood tra bambini che giocano insieme ad altri ragazzini vestiti in abito tradizionale ebraico. Coppie etero o gay di tutte le età, genitori che parlano ai loro figli in italiano o in russo e bambini che chiedono ai loro amici ma in che lingua ti ha parlato tuo papà?

A zonzo per LA

La domenica mattina dai un’occhiata a cosa offre il mercatino o vai a mangiare un sandwich da Greenblatt.

Oppure prendi la macchina e finisci a Long Beach a girovagare dentro alla Queen Mary o a un vecchio sottomarino da guerra sovietico del ’43.

E magari alla sera ti ritrovi in un ristorante Organic-Meat-Vegan ricavato nel sottoscala di un club con un’attrice italo-americana e un’eterna studentessa dalle mille lauree tedesca, a chiacchierare piacevolmente di niente.

Los Angeles è una città senza storia fatta di storie, come forse tutti gli Stati Uniti. Storie che possono essere fantastiche ma anche terribili, come quelle dei tanti homeless che vedi in condizioni allucinanti.

Non so se tutto questo sia giusto o sbagliato, positivo o negativo. Francamente non m’interessa neppure.

So che domenica dopo una bella giornata di sole abbiamo fatto due passi e siamo finiti a farci un pizzino da New York Pasta e Pizza, un locale su Sunset Boulevard gestito da armeni che sembra uscito direttamente da un vecchio numero di Alan Ford e il Gruppo TNT di Magnus & Bunker.

In tv c’è un po’ di football, un po’ di baseball, la birra è fresca, la pizza tutto sommato si lascia mangiare e ci facciamo quattro chiacchiere. E all’improvviso ti rendi conto che tutto va come deve andare.

Domani si torna a casa.