La città dei ladri racconta una storia a metà tra la favola e l’incubo. Una lettura curiosa, con tanti elementi della letteratura russa al suo interno.

La città dei ladri, la recensioneTitolo: La città dei ladri
Autore: David Benioff
Editore: Beat
PP: 320
Prezzo: euro 9.00 cartaceo, euro 6.99 ebook

I russi hanno la straordinaria capacità di mettere dell’ironia a sorpresa nei romanzi di guerra: a metà di una frase ti ritrovi a leggere di un dettaglio minuscolo cui l’autore ha voluto prestare attenzione che, improvvisamente, sdrammatizza il tutto. David Benioff, scrivendo La città dei ladri, ha voluto imitare questo stile e, in parte, c’è riuscito.

Lev vive a Piter (Leningrado), in un palazzone abbandonato dalla maggior parte degli ex inquilini, incluse sua sorella e sua madre. Sfollare nel 1941, in piena guerra contro la Germania, sembrava la scelta più saggia. Ma Lev no, Lev decide di restare per diventare un grande eroe proteggendo la Madre Patria russa.

C’è solo un piccolo poblema: Lev ha molto poco dell’eroe. È gracilino, non ha mai neanche fatto a pugni e se la fa sotto. Ciò nonostante, quando la sua amica, Vera, è in difficoltà inseguita dall’Armata Rossa, lui si ferma per salvarla finendo per essere catturato dall’esercito russo.

Dopo aver trascorso una notte in prigione sotto l’accusa di aver sottratto un coltello dal cadavere di un soldato tedesco e, quindi, di aver rubato allo stato russo, viene portato dal colonnello che dovrà decidere se ucciderlo o meno. Il colonnello gli mostra una ragazza che pattina sul ghiaccio fuori dalla finestra: è sua figlia e sta per sposarsi.

Nonostante la guerra, vuole un matrimonio come si deve, un banchetto, danze, musica e una torta. Uno degli ingredienti per preparare la torta, però, manca: le uova. Non si vede un uovo a Piter dalla scorsa primavera. Può un ladruncolo come Lev portare al colonnello una dozzina di uova? Può riuscire dove un intero esercito ha fallito?

In caso affermativo, il colonnello potrebbe decidere di salvargli la vita, in caso contrario la morte sarà il suo destino. Aiutato da Kolija, un disertore letterato incontrato in prigione, e ostacolato da un numero imprecisato di avvenimenti e individui, Lev inizia la sua ricerca attraversando le distese innevate russe.

Una storia a metà tra la favola e l’incubo: quello che potrebbe essere macabro viene smorzato da uno stile che mitiga la crudeltà con la scanzonata presenza di spirito; alla fine, la guerra diventa un fondale e non ci si accorge più del pericolo né della tensione: si pensa solo al susseguirsi di episodi, che si vivono momento per momento come se si fosse insieme a Lev.

Bello il personaggio di Kolija, che risolleva sempre la situazione e che è molto più complesso di quello che ci si aspetterebbe dall’aiutante di un protagonista. Una lettura diversa dal solito, curiosa, con tanti elementi della letteratura russa al suo interno.