Con il cuore a Kobane di Zerocalcare, un reportage dal fronte turco-siriano pubblicato da Internazionale, è la dimostrazione di come la guerra si possa raccontare anche con i fumetti.
Di reportage di guerra ne sono stati scritti a centinaia, da ogni angolo del pianeta. Firme indimenticabili hanno raccontato le atrocità dei conflitti, dalla Fallaci in Vietnam a Montanelli durante i fatti di Budapest nel ’56, passando per la più attuale Luciana Sgrena e l’Iraq, solo per citare quelle italiane.
E tanto per rimanere a casa nostra, c’è un’altra figura che merita di essere nominata in questa lista, che non è né giornalista né scrittore ma ha realizzato uno dei reportage più belli degli ultimi anni: Zerocalcare.
Gli amanti dei fumetti non possono non conoscerlo, ma anche per chi non li segue molto ma legge Wired o Internazionale questo nome non è nuovo: ormai le sue vignette sono appuntamento fisso su questi giornali.
E proprio con il settimanale che raccoglie gli articoli dei giornali di tutto il mondo è uscito in edicola, qualche settimana fa, Con il cuore a Kobane, il reportage a fumetti del disegnatore romano dal confine turco-siriano. E la prima domanda che ci si fa è: cosa diamine ci faceva laggiù?
Dal 2011, dopo lo scoppio della guerra civile in Siria tra ribelli e il governo di Assad, la popolazione curda siriana (i Curdi sono divisi tra Turchia, Iraq, Iran e Siria, appunto) ha proclamato l’autonomia di una striscia di territorio a nord del Paese, il Rojava.
Un obiettivo che moltissime di quelle persone volevano da tempo, poiché la loro etnia è stata per decenni repressa e tenuta isolata, e adesso si trovano ad affrontare l’avanzata dell’Isis. Pagando da mesi un altissimo tributo di sangue, soprattutto nella città di Kobane.
Da tutto il pianeta, volontari partono regolarmente per questa zona per portare cibo e medicine ai civili, come la campagna umanitaria Staffetta Romana per Kobane, con cui Zerocalcare è partito. Ma non è arrivato proprio nella città siriana, fermandosi invece a Mehser, in Turchia e a un chilometro dal confine con il Rojava.
Comunque così vicino da sentire ogni giorno i colpi delle armi da fuoco, i bombardamenti, toccare con mano il silenzio disumano che la guerra lascia dietro di sé.
Con grande umorismo, senza prendersi troppo sul serio, il fumettista fin da subito mette in chiaro il suo tragitto: “Facce, parole e scarabocchi da Rebibbia al confine turco-siriano” è il sottotitolo del suo lavoro, nel quale riassume già i tratti principali del reportage.
Scorrendo le pagine si trovano i rimandi ormai famosi alla coscienza di Zerocalcare, come l’amico-armadillo o la mamma-gallina, e ogni cosa è immersa in un romanesco da borgata che coinvolge perfino i Curdi!
Ma sono i luoghi e i personaggi che l’autore ritrae ad essere fondamentali: l’uomo nero ossia l’Isis, la determinazione del capo villaggio donna, il silenzio dei bambini sono di un realismo che va oltre il disegno.
Alla fine la guerra è sempre e comunque un’orribile massacro. Ma la resistenza che queste persone compiono ogni giorno sembra quasi titanica, e molto probabilmente lo è, mentre qui in Occidente ascoltiamo solo chi grida canti di morte e non le richieste di aiuto di chi si oppone.
E serviva un fumetto (guarda tu gli opposti: Charlie Hebdo per prendere in giro, Zerocalcare per far riflettere) per scoprire che laggiù c’è qualcosa di più del “semplice” terrore del Califfato terrorista.
Tanto per capire ancora che le vignette non sono, solo, cose per bambini.