Tri

Lolita. Un nome esotico. Un libro, un film, una canzone, una puttana. Un night club situato tra la zona industriale di Carrè e Piovene Rocchette, a due passi dalla Valdastico, l’autostrada che muore ai piedi dell’Altopiano di Asiago.
Il gestore, il calabrese Ettore Paci, sputa sul pavimento piastrellato del suo studio.
-‘Ncul a quantu nnai! Pezzi di merda!- Ringhia contro i suoi due uomini – Non avete visto il russo portare via Mia? Maledetta troia!
I due si scusano, ripetono che non se lo sanno spiegare. Il signor Yuri Maric è una brava persona, ogni tanto offre loro mezzo grammo di coca in amicizia, non vorrebbero fargli del male, ma lo avrebbero comunque costretto a restituire la ragazza.
-Cazzate!- ripete Paci – Se lo trovate vi fate consegnare la roba, poi lo ammazzate.
Piero e Denis Pelagati, cugini, lavorano in coppia. Piccoli criminali di provincia, prima di mettersi con Paci avevano collezionato una serie di condanne per furto e spaccio. Erano entrati con un fucile a pompa in un bar ferendo un avventore, avevano minacciato il titolare di una tabaccheria con una bottiglia rotta procurandogli qualche taglietto, avevano spaccato il femore ad un’ottantenne durante uno scippo. Ma non avevano mai ammazzato nessuno.
-Andate!Il russo va scovato. Stavolta mi ha fottuto la droga e la donna. Se lo sanno i boss di Catanzaro mi tolgono di mezzo. Sono capaci di tutto, voi non immaginate nemmeno. Quelli non scherzano! Caminàte!