Cose che non si raccontano, la recensione di Maila Cavaliere del romanzo di Antonella Lattanzi che è nella dozzina del Premio Strega.

Cose che non si raccontano, la recensione di Maila Cavaliere del romanzo di Antonella Lattanzi che è nella dozzina del Premio Strega.

  • Titolo: Cose che non si raccontano
  • Autrice: Antonella Lattanzi
  • Editore: Einaudi
  • PP: 216

Di Antonella Lattanzi avevo già letto Una storia nera (di cui sta per uscire il film con Laetitia Casta), Devozione e Questo giorno che incombe, traendone sempre la convinzione che l’ autrice, mia conterranea, fosse sapientemente in grado di cambiare abito alla sua scrittura e che, nonostante i pregi evidenti  dei suoi libri e il percorso già compiuto, dovesse ancora scrivere il suo libro migliore.

La recensione del romanzo precedente cominciava così:

A volte, le aspettative alte che culliamo si infrangono fragorosamente all’ “apparir del vero’” e il principio di piacere stride e cede nevroticamente il passo al principio di realtà.

E mi accorgo che queste righe ben si adattano anche a Cose che non si raccontano, il romanzo con cui è in dozzina al Premio Strega e che lascerà tracce importanti.

Un romanzo maledetto e commovente

Dentro un topos letterario classico ed esaltante come il materno, Antonella Lattanzi imbastisce un romanzo maledetto e commovente, un viaggio terribile nella scelta e nella possibilità infinitesimale, nello schiaffo del destino che con fatale rigore utilizza la cifra del non detto e della colpa ed espone la narratrice alla perdita, alla ricusazione e allo stigma.

Il tema della maternità, interrotta prima e cercata poi, nel romanzo, si contamina con omissioni, desideri, distanze e incomprensioni e le volute della narrazione, paradossalmente, incastrano la scrittura del sé in una rigorosa impalcatura di finzione, di finzioni.

La chimera di Sebastiano Vassalli è un romanzo molto diverso da Cose che non si raccontano eppure Antonia, protagonista del libro dello scrittore genovese, libera ed esposta al giudizio altrui e per questo condannata al rogo dei benpensanti, mi fa pensare come ad un controcanto della voce narrante di Cose che non si raccontano, libera di non volere o di volere un figlio e vittima, tutte le sante volte, delle proprie legittime scelte.

Che siano i precetti della Controriforma o la morale contemporanea, che si tratti del tribunale dell’ Inquisizione o dello sguardo degli altri, che sia il Seicento o che si tratti di questi anni, le due protagoniste compiono un percorso che chi non conosce si limita a giudicare, condannare, sottovalutare. E la percezione della  profonda solitudine e della disapprovazione anche solo potenziale del mondo intorno imprime al processo di propriocezione di queste donne una curvatura di dolore e afflizione.

Il canone, la misura e l’imponderabile

L’ idea di maternità può diventare una dipendenza, quasi quanto quella di Nikita a Pablo, protagonisti eroinomani di Devozione, può anche trasformarsi in un inquietante e fragilissimo castello di carte come accade nella vicenda di Francesca, madre di Questo giorno che incombe.

Ma al di là del genere memoir, il desiderio di procreazione della protagonista di Cose che non si raccontano è una sorta di addiction, una dipendenza contemporanea, vissuta in totale isolamento emotivo, un’ ossessione rincorsa ad ogni costo e getta una luce fredda e senza indulgenza sui bisogni che vogliamo soddisfare, su ruoli e relazioni ai quali cerchiamo di aderire per sopportare l’ idea che abbiamo di noi stessi e lo sguardo impietoso degli altri.

Il canone, la misura e l’imponderabile sono i veri protagonisti di una storia dura e del tutto priva di indulgenza che forse disturberà qualche lettore ma, di certo, non lo lascerà indifferente.
Ogni libro di Antonella Lattanzi inchioda ma questo, senza sconti, crocifigge.

Ah, La chimera fu Premio Strega nel 1990. Noi aspettiamo.