Creatura, la recensione di Giacomo Brunoro del film di Elena Martin Gimeno presentato al Festival de Cannes nella Quinzaine des Cineastes.
Creatura, film scritto, diretto e interpretato da Elena Martin Gimeno è stato presentato ieri al Festival di Cannes all’interno della Quinzaine des Cineastes, è un film ambizioso che, però, non risulta particolarmente riuscito.
Devo dire che al pubblico in sala il film è piaciuto, quindi probabilmente sono io ad essere un po’ lontano da una certa sensibilità, ma devo dire che l’ho trovato piuttosto annacquato.
Tabù, sensi di colpa e una sessualità problematica
Martin Gimeno mischia le carte e gioca su più tavoli per mostrarci una donna alle prese con una sessualità che non riesce ad esprimersi pienamente, tra tabù, sensi di colpa e problemi psicosomatici che la perseguitano. Il risultato è la disgregazione della vita di coppia e la difficoltà di vivere una vita piena.
La regista catalana racconta una storia frammentata su più livelli, utilizzando tre macro aree temporali (infanzia, adolescenza, età adulta), per mostrare al pubblico come questa condizione patologica si sia lentamente sedimentata dentro alla protagonista.
Un Tempo Perduto che non viene mai ritrovato
Una sorta di ricerca del Tempo Perduto che, però, è totalmente inconsapevole, e che condanna il personaggio interpretato da Martin Gimeno a smarrire per sempre il suo Tempo Ritrovato.
La protagonista del film non si rende nemmeno conto di vivere una condizione patologica, cosa che poteva essere comprensibile 50 anni fa ma che oggi invece lascia un po’ perplessi. E qui a mio avviso esce tutto il limite di scrittura del film, dato che che come spesso accade in narrazioni di questo tipo lo stato patologico viene raccontato come semplice disagio.
Per il resto il film è ben girato e ben interpretato, con una serie di scene davvero ben riuscite (soprattutto i momenti comici e ironici), ma a mio avviso non riesce a centrare il punto e si perde in un tentativo un po’ maldestro (soprattutto nel finale) di virare verso una dimensione poetica del tutto assente.
Manca una vera analisi, manca una visione laterale (il tentativo di analisi del rapporto col padre è davvero molto superficiale). A meno che quella di Marti Gimeno non sia una scelta di scrittura consapevole per sottolineare l’inadeguatezza della protagonista a capire e a capirsi. Creatura, come dicevo in apertura, resta in film ambizioso e che offre comunque tante possibilità di analisi e di interpretazione.