Con I delitti delle sette virtù Matteo di Giulio si pone nel solco del nuovo romanzo storico e firma un romanzo che è un vero mash-up narrativo aggiungendo massicce dosi di thriller, horror pulp e hack/slash

I delitti delle sette virtùTitolo: I delitti delle sette virtù
Autore: Matteo Di Giulio
Editore: Sperling & Kupfer
Prezzo: 12,90
Pagine: 380

Arrivato in libreria da qualche settimana, I delitti delle sette virtù (Sperling & Kupfer) di Matteo Di Giulio, s’impone come uno dei più interessanti thriller storici di nuova generazione, sulla scia di un certo modo di rivisitare un genere che da sempre gode di notevole fortuna nel nostro Paese, bastino per tutti i nomi di Umberto Eco e Valerio Massimo Manfredi.

Eppure, non è solo nel solco tracciato da questi autori che porrei il romanzo di Matteo, piuttosto lo infilerei, con non poca soddisfazione peraltro, in quella corrente action, dal forte taglio cinematografico e dal sapore moderno e rivoluzionario che trova in Tim Willocks e Alan D. Altieri due Maestri con la M maiuscola e due apripista d’eccezione, due modelli, direi, che andrebbero citati, pur con differenze d’accenti, insieme a Caleb Carr e a Dan Simmons.

Perché è un fatto che, sulla scia di simili nomi, una nuova generazione di scrittori italiani si sia fatta largo a suon di risultati – leggete copie vendute – e rivoluzione del genere. Citeremo anzitutto Marcello Simoni che ha spopolato con Il Mercante di libri maledetti con oltre 500.000 copie sparate fuori, traduzioni in 18 Paesi e un Premio Bancarella portato a casa e che ha completamente cambiato ritmo e tempi del romanzo storico e d’avventura.

Continueremo quindi con Simone Sarasso, conquistatore anch’egli dei primi posti in classifica con Invictus dedicato a Costantino, l’imperatore guerriero, un romanzo che ha avuto molti meriti, non ultimo quello di mescolare il pulp e l’action più esasperata con l’attenta ricostruzione storica, quest’ultima, del resto, prerogativa anche di Marcello Simoni.

Ma è, come dicevo, con titoli come Magdeburg (la trilogia: Il demone, La furia, L’eretico), The Religion e 12 Children of Paris, L’Alienista e L’angelo delle tenebre oltre a Drood e La scomparsa dell’Erebus dei succitati Maestri che qualcosa è inevitabilmente cambiato nel mondo del romanzo storico sia esso poi d’avventura o mescolato al thriller, al pulp, al mistery o al gaslamp.

Tanto per cominciare proprio perché si è arrivati al mash-up in modo quasi sistematico, poi perché queste storie sono state vere e proprie pietre miliari che hanno certificato l’evoluzione, la fusione della letteratura con il cinema e le serie tv, aggiungendo devastanti dosi di violenza che, pur estetizzata nella letteratura, raggiunge quel livello grafico, filmico addirittura, da innalzare definitivamente l’asticella, attualizzando il romanzo storico.

Ebbene, I delitti delle Sette virtù di Matteo di Giulio si pone esattamente nell’alveo di questo nuovo modo di concepire il genere. Perché c’è una sorta di serial killer ante litteram, certo, c’è un movente in qualche modo religioso o comunque mistico, c’è una ricostruzione storica della Firenze dei Medici realizzata con cura certosina, ci sono perfino Girolamo Savonarola e Jacopo da Forlì; eppure non si riesce a incasellare questa storia che ha accelerazioni da hack/slash come un romanzo storico tout court e nemmeno come un thriller.

Matteo Di Giulio sembra andare al di là e oltre, velocizzando per esempio il ritmo in modo esasperato con una narrazione che gira a duecento all’ora grazie a capitoli brevissimi e compatti, roba che neanche ne Le Belve di Winslow, oppure piazzando sequenze pulp e da grand-guignol che non ti aspetteresti in un romanzo storico tradizionale. C’è poi un taglio, da rasoio di Occam, di tutto quel nozionismo a tratti fin troppo esibito, in romanzi di questo tipo, che da sempre andava a discapito della leggibilità e fruibilità della storia, e tutto questo senza che l’atmosfera del tempo, i colori e le architetture della città ne vengano sminuite in modo alcuno.

Il tutto, naturalmente, narrato con una lingua ricca ma non ridondante, attraverso personaggi che hanno ben più di una faccia e che rivelano contraddizioni e coerenze maledettamente umane e davvero poco “inventate”.

Per questo motivo l’avventura di Rafael, bimbo e poi ragazzo, in fuga dall’Inquisizione, dopo che i genitori sono stati bollati come eretici e bruciati sul rogo in Spagna, che ora si trova a Firenze, tredici anni dopo, senza un soldo e – per avergli salvato la vita – sotto la protezione di Jacopo da Forlì, ebbene per questo motivo la sua avventura non è men che avvincente.

Aggiungete, come dicevo, un assassino seriale che sta macellando le proprie vittime, inchiodando sul corpo di ciascun cadavere una pergamena recante brani estrapolati da testi oscuri ed arcani e avrete il quadro generale della storia, nella quale, dimenticavamo, Raphael diviene il sospettato numero uno.

Ce n‘è abbastanza per rendere questo romanzo un affascinante mash-up fra romanzo storico, thriller, horror-pulp in grado di incollarti gli occhi alle pagine. Da leggere assolutamente.

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