Diario di un’estate marziana, la recensione di Maila Cavaliere del libro di Tommaso Pincio pubblicato da Giulio Perrone Editore.
- Titolo: Diario di un’estate marziana
- Autore: Tommaso Pincio
- Editore: Giulio Perrone Editore
- PP: 180
Nel cinquantesimo anno dalla morte di Ennio Flaiano (1972-2022), Tommaso Pincio pubblica per Giulio Perrone Editore Diario di un’ estate marziana.
L’ incontro diacronico e lievemente distopico tra due autori poco irregimentati, che hanno vissuto e vivono Roma, per nascita o per scelte professionali, con artistico distacco, crea un passo a due letterario di fine forgia e, insieme, poco a tempo _di uccidere_ potremmo dire, per citare ancora Flaiano che, con quel romanzo si aggiudicò, con un certo suo disappunto, la prima edizione del Premio Strega.
Già allora, infatti, era angustiato dall’ “aver ricevuto un premio per un romanzo che trovava tutto da riscrivere” e dal “dubbio che ogni successo fosse un malinteso”.
Roma, città provvisoria, insidiosa e traballante
Roma, nella scelta diaristica di Pincio, oltre a omaggiare la vena di appuntatore sovrabbondante di Flaiano, sorpassa il ricorso al romanzo, genere mai più utilizzato dopo Tempo di uccidere.
La figura del marziano, metafora della vetrina stucchevole e alienante della popolarità, viene ripresa da Pincio nel ripiegamento orizzontale da sostantivo ( v. Un marziano a Roma) ad aggettivo che fa asso piglia tutto di una città provvisoria, insidiosa e traballante, come di una corsa in motorino sui suoi sanpietrini, come di una stagione che illude, delude, ma non si può fare a meno di praticare, vivere, soffrire.
Nel libro, l’inutilità del genere letterario, più della commistione di canoni diversi, viene liturgicamente celebrata, cinquant’anni dopo l’avanguardia visionaria di Flaiano in Un Marziano a Roma, dall’avvento dei social, peep show senza empatia, anche in ambito culturale.
Il trionfo dell’effimero
Essi hanno sostituito le discussioni letterarie nei bar e nei salotti con patinati monologhi pubblicitari, sancendo inesorabilmente e in maniera definitiva il trionfo dell’ effimero e del cinismo.
Troppo spesso relegato al ruolo di caustico aforista, nel libro di Pincio, Flaiano riconquista un posto fatale e dirompente tra gli intellettuali di un Novecento ancora da finire, colui che ci racconta della nostra sfacciata tendenza alla mistificazione, all’ approssimazione, all’ apparenza.
Nell’ estate marziana di Roma, l’unica stagione in cui tutto è sospeso e puoi non prendere la città “di petto, anzi di bosom” la dissipatio H.G. di Guido Morselli forse non è più una minaccia ma una tenue, lubrica speranza