Enea, la recensione di Giacomo Brunoro del film di e con Pietro Castellitto in concorso all’80esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia.

Enea, film scritto, diretto e interpretato da Pietro Castellitto, è un film che stupisce. Sì perché Castellitto dimostra di avere talento da vendere e di essere un regista con ambizioni internazionali. Uno dei pochissimi registi italiani in grado di girare un film arrogante e spregiudicato come Enea.

Castellitto dimostra senza dubbio di avere una visione autoriale decisa, e lo fa firmando un film destinato a durare, a diventare forse un film generazionale. In sala a Venezia la critica mi è sembrata dividersi in due: c’è chi ha liquidato il film come “cagata pazzesca” e chi invece lo esaltava parlando di “Leone d’oro”.

Un film destinato a durare

Come sempre la verità sta nel mezzo, ma non ci sono dubbi che Enea sia un film che non lascia indifferenti. Se si pensa a Adagio, altro film di un italiano (Sollima) in concorso qui a Venezia e altro film che racconta una storia di criminalità ambientata a Roma, il paragone è impietoso.

Tanto quanto il film di Sollima è vecchio, già visto, banale, lento e scontato, il film di Castellitto invece è sorprendente, spiazzante, strapieno di idee, colori e di novità. Per non parlare dell’ironia che è senza dubbio uno dei fili rossi del film. Per dirla in parole povere Sollima si rifà a un cliché, Castellitto prova a reinventare tutto (riuscendoci solo in parte, ma dimostrando di avere idee e coraggio da vendere).

Poi le influenze e le citazioni sono evidenti, sia chiaro, basti pensare allo straordinario piano sequenza di Goodfellas di Scorsese a cui Castellitto si rifà apertamente (curiosamente Goodfellas era in concorso a Venezia nel 1990 e valse a Scorsese un Leone d’Argento come miglior regista)

Credo che Enea possa diventare un punto di riferimento per una nuova generazione che, finalmente, incontra qualcuno capace ragionare fuori da schemi vecchi triti e ritriti. Una generazione che vedrà sullo schermo una narrazione nuova, colorata, una narrazione che esce dai soliti binari.

È come se la fotografia di Enea, fatta da colori che ti si incollano agli occhi, riuscisse di colpo a dare una svecchiata a un cinema italiano fatto di colori cupi, smorti, sonnolenti.

La storia

La storia raccontata da Castellitto è quella di due ragazzi della Roma bene, un mix tra Parioli e Roma Nord, che vivono un’esistenza beata tra feste, cocaina e sesso  (a dire il vero poco sesso: sarà il segno dei tempi pallosamente puritani in cui viviamo?).

Vengono da ambienti colti, in cui i soldi abbondano, ma vivono esistenze piuttosto vuote. Ovviamente quando si gioca col fuoco però ci si brucia e, inevitabilmente, anche Enea e Valentino finiranno col fare i conti con un mondo che è molto più grande e cattivo di loro.

Niente di particolare, direte voi, siamo di fronte a quello che si potrebbe definire un cliché. Certo, ma la bravura di Castellitto sta proprio nel saper raccontare un cliché in maniera nuova, con un occhio diverso.

Quello che non funziona

Detto questo va precisato che a mio avviso Enea è un film non del tutto riuscito. I motivi sono legati soprattutto alla scrittura che a volte sembra non essere in grado di capire dove vuole andare a parare. Convince poco anche il finale, visivamente interessante ma un po’ vuoto, sopratutto dopo un film così pieno di trovate e idee.

Non mi ha fatto impazzire anche l’interpretazione di Giorgio Quarzo Guarascio, che nel film interpreta Valentino, amico fraterno di Enea. Ma anche qui torniamo alla scrittura, perché forse il personaggio è stato proprio scritto malino. È come se ogni volta che il film provasse a andare più a fondo con la scrittura la macchina si inceppasse.

Credo Castellitto abbia tutti i numeri per diventare un punto di riferimento per il cinema italiano e, perché no, per entrare a far parte di quello star system internazionale che tanto manca al nostro cinema.

Per farlo però dovrà lavorare di più sulla scrittura, avere l’umiltà di lavorare insieme chi le storie le sa scrivere a un altro livello. Lui dal canto suo ha dimostrato abbondantemente di avere una visione autoriale estremamente contemporanea, ritagliandosi un ruolo di primo piano nel nostro cinema.

Ora siamo tutti in attesa di vedere il suo prossimo film, sperando che Enea vada bene in sala perché sarebbe un segnale importantissimo per tutto il nostro cinema.

P.S.

Ma proprio nessuno si è accorto che il filippino del film è una citazione aperta di Manuel Winston Reyes, ovvero l’assassino della Contessa Alberica Filo della Torre? Sono davvero l’unico a ricordare il delitto dell’Olgiata?