Enki Bilal e la letteratura disegnata, l’omaggio di Alessandro Morera al geniale creatore della trilogia di Nikopol, un autore dalla potenza immaginifica senza pari.
Il titolo di questo articolo deriva dal neologismo che coniò Hugo Pratt per definire le opere d’arte che egli stesso creava.
Un’espressione appropriata, la più appropriata per quei geniali creatori di fumetti che sono generalmente denigrati proprio perché Autori di un’arte comunicativa, seppur tra le più efficaci nel panorama artistico, sempre considerata di serie-b, infantile e inutile, da moltissimi critici accademico-istituzionali che circolano un po’ dappertutto (dai quotidiani alle tv, dalle scuole ai ministeri).
Nel caso ce ne fosse ancora bisogno, a conferma del fumetto come arte altamente impegnata ed espressiva allo stesso livello delle altri arti, basterà qui citare alcuni nomi di autori che si sono cimentati con le Bande Dessinée (come vengono definite in Francia): Andrea Pazienza, Federico Fellini, Alejandro Jodorowosky, Moebius, Alex Toth, Stan Lee, Berni Wrighston, Alan Moore, Neil Gaiman, Scott Hampton, John Bolton, Clive Barker, Antoni Segura, Jordi Bernett.
Non bastasse ciò, basti pensare alla maggior rivista letteraria francese Lire che nel 1992 assegnò il premio come miglior romanzo dell’anno a Freddo Equatore, terzo appuntamento della saga di Alcide Nikopol, inaugurata dal geniale Enki Bilal nel 1980 con La Fiera degli immortali e proseguita nel 1986 con La Donna Trappola.
Enki Bilal, nato a Belgrado nel 1951, illustratore, regista e disegnatore di origini serbe, trapiantato ormai da anni a Parigi, già creatore di capolavori illustrati tra i quali La nave dei dimenticati e L’ordine delle falangi nere (su testi dello storico Pierre Christine), ambienta questa saga in una Parigi sconquassata da due guerre mondiali (siamo nel 2023), governata dal dittatore fascio-qualunquista-mediatico Jean-Ferdinand Choublanc, dove all’improvviso appare una piramide sospeso nell’aria.
La piramide risulta abitata da esseri divini con il copro umano e testa di animale, déi che mentre giocano a monopoli, cercano come procurarsi del carburante per poter proseguire il loro viaggio nel cosmo.
Il Dittatore Choublanc chiede in cambio del carburante necessario, la propria immortalità, una cosa praticamente impossibile da accordare a un essere umano. Poiché, per l’appunto uomo, mentre l’immortalità non può che essere di natura divina.
Nel frattempo, un uomo ibernato nel 1993, Alcide Nikopol, si sfracella con la sua capsula nel secondo settore, la zona dei disadattati; un uccello di fuoco entra nel suo corpo ridonandogli la vita. È Horus, il divino folle che, venendo meno a qualsiasi legge divina, per soddisfare la sua sete d’ambizione vuol prender il comando della città per poter negare il carburante ai suoi simili, affermando così la propria superiorità, diventando così il dio degli déi.
La sintesi qui tratteggiata è poca cosa rispetto al racconto narrativo che con maestria la mano di Bilal disegna e svolge attraverso inserti di articoli di giornali, con didascalie degni delle migliori prose poetiche che troviamo nei capolavori della letteratura e ovviamente, attraverso le immagini disegnate.
Le tavole della saga presentano immagini impressionisticamente realistiche, tanto dei personaggi quanto degli sfondi sui quali essi agiscono, i colori saturi di una vasta scala di grigi e di blu, freddi e opachi come tanta fotografia che caratterizza il cinema inglese, si addicono perfettamente al regime totalitario choublanquista che regna su Parigi opprimendola.
Il susseguirsi delle immagini, il loro ritmo interno ed esterno, le magnifiche “panoramiche” unite ai primi piani che squarciano il racconto pur facendolo procedere, il taglio stesso delle inquadrature rende allo spettatore l’impressione di trovarsi di fronte a una pellicola girata in cinemascope (Bilal ha già girato tre film che non a caso, visto l’attuale quadro politico, sociale e culturale italiano, da noi sono stati programmati alla rinfusa in orari notturni).
Ridley Scott stesso ha sempre dichiarato esplicitamente di essersi ispirato a La Fiera degli immortali (oltre che ovviamente per quanto concerne la scenografia ai noir americani degli anni 40) per il taglio delle inquadrature e del ritmo delle stesse per la realizzazione del suo capolavoro, Blade Runner.
Per questi e per tanti altri motivi La Fiera degli immortali e gli altri due capitoli successivi, siano diventati l’equivalente nel fumetto di ciò che rappresernta Ombre Rosse del mitologico John Ford nel cinema.
Inoltre nel 2012 il Museo del Louvre ha esposto una serie di opere di Bilal, il quale dopo aver ammirato i capolavori presenti nel museo ha deciso di fotografarne i più rappresentativi, per ritoccarli manualmente con l’acrilico, dopo averli stampati su tele giganti.
Accanto alle figure originali ne appaiono altre, disegnate dallo stesso Bilal, cioè i “fantasmi” del Louvre, che egli immagina popolare il museo sulla falsariga della letteratura francese dell’800, come Horla di Guy de Maupassant, Il Fantasma dell’opera di Gaston Leroux o Belfagor di Arthur Bernède.
Ed è questo miscela tra gioco/finzione/realtà a colpire direttamente lo spettatore ritrasportandolo in un mondo immaginario come quello di Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll o in uno dei tanti mondi immaginari creati da Jorge Luis Borges.
Al di là della difficoltà di raccontare l’impressione di un fumetto attraverso le parole, come al solito non rimane che leggere e “vedere” l’opera stessa per godersi appieno la capacità comunicativa di un Autore di Letteratua Disegnata com Enki Bilal!
Guarda su Youtube il trailer del film Immortel (in francese).