Il FEFF 2016 e la Maledizione della Tigre, ovvero due film fantastici… che non ho ancora visto!
Comincerò a raccontare del FEFF 2016 (Far East Film Festival) il Festival del Cinema dell’estremo Oriente di Udine, partendo dal mio strano rapporto con la tigre, il mio animale preferito. Sì lo so è un modo perlomeno bizzarro di cominciare ma tant’è: sono due anni che, al FEFF, perdo il film con una tigre protagonista e in pochi, credo, soffrirebbero come me per una simile sconfitta. Eppure quest’anno la maledizione si è ripetuta. Nonostante i mille tentativi, non sono riuscito ad arrivare a Udine prima di sabato pomeriggio e, al di là del fatto che non ho visto nemmeno Johnnie To, sì ok sparatemi, il motivo per cui mi dispero come un pazzo è proprio quello di aver perduto la visione dello strepitoso The Tiger di Park Hoon-Jung, al quale era affidata l’incredibile apertura del Festival. Insomma, la maledizione si ripete, se è vero che, già l’anno scorso, avevo mancato la visione di quel capolavoro incredibile che dev’essere The Taking of Tiger Mountain del mio regista asiatico preferito Tsui Hark (Detective Dee, Flyng Swords at the Dragon Gate e Seven Swords, giusto per citare i primi titoli che mi vengono in mente). Non solo: fino a qualche tempo fa, quest’ultimo film non era nemmeno disponibile su Amazon ma è vero anche che proprio questa mattina, con orgoglio supremo, mi sono ordinato la meraviglia di Tsui Hark… ok ok ho preso la versione tedesca Die letzte Schlacht am Tigerberg il che comporta che lo vedrò in versione originale (in cinese mandarino) con sottotitoli in tedesco ma santi numi finalmente ce la farò.
The Taking of Tiger Mountain, una storia incredibile
Del resto si tratta di una storia incredibile: quella del capitano 203 che, nella Cina del 1946, al comando di un manipolo di soldati dell’Esercito Popolare di Liberazione maoista, stremato dalla guerra civile, conduce i propri uomini fino a un villaggio alle pendici di una montagna. Il borgo sperduto è terrorizzato da una gang di banditi, guidati da Lord Hawk. Sono loro a essersi impadroniti di Tiger Mountain, un rifugio irto d’insidie, e che custodisce un arsenale appartenuto ai giapponesi. Inferiori di numero e peggio armati, i soldati dovranno sconfiggere i banditi e liberare il villaggio in quella che si preannuncia un’impresa titanica. Yang, inviato dal Quartier Generale del Partito, si propone come volontario per infiltrarsi nelle fila della gang di Hawk così da aiutare la missione. Insomma, un film che sulla carta già mi manda fuori di testa: per atmosfere, cornice storica, ambientazione. In omaggio alle proprie profonde radici culturali, il maestro Tsui Hark ha deciso di affrontare il più famoso yangbanxi, uno dei testi sacri della Rivoluzione Culturale: Taking the Tiger Mountain by Strategy, che già aveva conosciuto più d’una riduzione in forma letteraria e di rappresentazione dell’Opera di Pechino. Lo fa con tutta l’inventiva e la maestria della quale è capace – andatevi a vedere il trailer, please – attraverso uno spettacolo dall’estetica sconvolgente, una contraerea di effetti speciali e 3D, dando così origine a un film visivamente stupefacente e denso di significati profondi e fortemente radicati nella cultura della Cina. Almeno questo è quello che mi arriva dalle suggestioni che ho accumulato in quest’ultimo anno e dalle aspettative, gigantesche, che ho per questo film.
The Tiger di Park Hoon-Jung
Ma se la pellicola di Hark è qualcosa che non va assolutamente smarrito, altrettanto pare poter essere The Tiger di Park Hoon-Jung: storia epica ambientata sul monte Jirisan durante l’occupazione della Corea nel 1925, dal sottotitolo evocativo e magnifico di An old Hunter’s tale. E qui purtroppo non c’è niente da fare: non sono ancora riuscito a vedere il film, proprio come già detto per quello di Hark, e non ho nemmeno speranze di riuscirvi nel prossimo futuro. Almeno fino a quando la Tucker Film, bontà sua, non deciderà di distribuirlo in dvd o, in alternativa, non arriverà sul mercato europeo in una qualsiasi edizione (tedesca, francese, inglese, fate voi). D’altra parte lo scontro dell’uomo con la natura, la sfida impari che lo mette di fronte a ciò che è più grande di lui, il destino che pare incarnato dalla fiera, la cultura di un Paese raccontata attraverso gli spazi impervi, la neve, il cacciatore, sono elementi talmente affascinanti e inusuali per il cinema moderno – che pare aver perduto il sapore e il gusto per la grande avventura in senso classico (a parte The Revenant) sì lo so sono un nostalgico – da lasciarmi un senso di smarrimento e di malinconia, legata a queste mie due gravi mancanze. E poi, a volte, parlare dell’assenza, dell’occasione mancata, della Maledizione della Tigre e di una disperata rincorsa attraverso la rete per riuscire a procurarmi copia di questi due magnifici film ha davvero un gusto tutto particolare, insolito, addirittura magnifico. Perché mi riporta a quando desideravo ardentemente qualcosa senza riuscire a procurarmela e allora dovevo nutrire l’attesa, fino a ucciderla. E nel tempo del tutto e subito questa è, dopo tutto, una gran lezione. Aspetterò. Intanto, se avete visto questi due film al FEFF 2016 fatemi sapere cosa ne pensate! Spero ne possiate essere affascinati proprio come me, perlomeno a livello ideale. Dubito che la loro visione possa avervi in qualche modo deluso.