Intervista a Felicia Cigorescu, artista e manager innamorata della cultura e della bellezza, a cura di Giorgio Cracco per Sugarpulp MAGAZINE.

Ci sono molti, moltissimi modi di essere artisti sul sorprendente palcoscenico della vita. Che il mondo ci metta di fronte agli occhi, giorno dopo giorno, una serie pressoché infinita di opportunità per mostrare e sfruttare il talento di ciascuno di noi è una verità per tutti e una fortuna per molti. Una verità da comprendere e una via da percorrere per restituire al pianeta e agli altri il bello che continuamente possiamo contemplare nella nostra esistenza. Oltre che un’opportunità da cogliere per dire grazie per la bellezza, la cultura e l’arte che riceviamo dal prossimo o abbiamo ricevuto da chi ci ha preceduto nei tempi passati.

Felicia Cigorescu

Per fare tutto questo bisogna, però, possedere un’anima da artista autentica e vibrante, attenzione e curiosità verso il mondo e gli esseri viventi che lo abitano e un amore viscerale quanto sincero per tutto ciò che è arte e cultura. Per lasciare veramente il segno, per portare il linguaggio dell’arte e la consapevole cultura del bello in ogni sua forma anche dove questi concetti sembrano meno di casa, meno fondamentali o richiesti, dove la logica sana e legittima del business la fa giustamente da padrone, per riuscire a far comunicare due mondi spesso amichevolmente paralleli e con troppo scarse intersezioni, non basta essere artisti sensibili, non è sufficiente essere persone di raffinata ricchezza culturale.

Perché l’incontro tra realtà diverse, con mentalità e obiettivi differenti, possa produrre un upgrade per entrambe, con un lascito reciproco sorprendentemente luminoso e promettente per tutti, è fondamentale anche essere manager di razza.

Felicia Cigorescu, giovane titolare dell’agenzia Prysma Production, è esattamente questo, un’artista manager che con la sua passione e il suo lavoro, da diversi anni e con ottimi risultati, mostra dove si può arrivare e cosa si può fare grazie all’uso sapiente della materia stessa di cui sono fatti i sogni. Andiamo a conoscere meglio sia lei che la sua azienda.

L’intervista

Felicia, sei fondatrice e CEO di Prysma Production, lavori come direttore creativo e artistico, sei stata modella e quando vedi un progetto interessante ti capita di esserlo tuttora, hai studiato lettere e filosofia a Padova, oltre a scrittura e pianoforte. E sei mamma di un bellissimo bambino. L’album della tua vita è piuttosto ricco e colorato. Raccontati. Dicci chi è Felicia, come donna, e come professionista, artista, madre. Come sei arrivata dove sei ora, a questo punto della tua vita? Quali capitoli della tua esistenza sono stati particolarmente determinanti nel portarti ad essere la persona che sei?

Credo che definirsi sia la cosa più difficile. La semplice affermazione “io sono…” applica etichette e impone limiti, ci imprigiona all’interno di schemi mentali triti e ritriti. Conosco me stessa, ma non saprei dire con assoluta certezza “chi è Felicia”. Non ancora almeno, non in modo netto, definitivo. Quello che posso dirti, però, è come penso e come amo, come mi piace sperimentare in questo emozionante viaggio collettivo chiamato vita. Trovo bello prendere le cose con leggerezza, ma, allo stesso tempo, metto l’anima in ciò che faccio: che si tratti di lavoro, di passioni o del mio essere mamma. Mio figlio è il mio faro, la mia guida spirituale sulle strade del mondo, è ciò che ho di più caro e che mi ricorda di vivere con i piedi ben ancorati a terra. Di capitoli importanti nella mia vita ce ne sono stati tanti, tutti hanno contribuito a portarmi dove sono ora, a rendermi chi sono adesso, eppure mi sento di affermare che siano in buona parte riconducibili alle pagine dei libri che ho letto. Sin da piccola, mi sono sempre portata appresso un libro e credo che il mio primo taccuino di poesie risalga a quando avevo otto anni. Grazie alla letteratura, soprattutto quella più introspettiva, ho coltivato la mia crescita emotiva e culturale, la mia curiositas per la vita, per l’arte, per la musica e per la poesia.

Hai fatto, come dici tu stessa, della tua passione il tuo lavoro. Come abbiamo appena visto, una delle tue fortune è quella di essere una persona appassionata, addirittura affamata di arte a trecentosessanta gradi. Suoni molto bene il pianoforte, dipingi, scrivi, ami la lettura, la filosofia. Una famosissima citazione della cultura pop, con un grazie a Stan Lee e alla Marvel, recita: “Da un grande potere, derivano grandi responsabilità”. Come sei riuscita a domare la tua grandissima passione per la cultura, il bello, l’arte, passione che ti scuote e ti illumina ogni giorno? Come fai ad incanalare tutto questo nella tua professione, nel tuo essere manager? Come riesci ad impedire che l’entusiasmo dell’artista travolga il rigore, l’impegno e la professionalità che stanno dietro ad ogni business, facendo sì, anzi, che il bello che persegui e ami faccia risplendere dall’interno tutto ciò che fai e arrivi quindi agli occhi e al cuore di clienti e pubblico?

Hai toccato un punto delicato perché, come dici tu, non è facile non farsi travolgere dall’emotività quando si lavora con e attraverso l’arte. Si tratta di un equilibrio precario, fatto di piccoli passi quotidiani e di tanta, tantissima disciplina. Provo un amore viscerale  per la letteratura e per l’arte, in ogni sua forma espressiva, e non potevo non fare della mia passione il mio lavoro, ma devo anche dire che quella tra me e l’arte è sempre  stata una relazione spontanea, istintiva. Vedi, io credo che le persone siano perfettamente in grado di percepire l’energia positiva e la passione che hai dentro. Ritengo che sia esattamente questo ciò che arriva davvero al cuore, e agli occhi, dei miei clienti quando guardano me e il mio lavoro.

Parlaci di Prysma Production. Vi occupate di produzioni ed eventi che possono essere artistici o culturali, o di tipo commerciale, ed essere rivolti ad aziende come ad istituzioni. Guidi un team di collaboratori ed artisti con il compito di soddisfare le esigenze di clienti e committenti attraverso risultati di eccellenza. Descrivici i tratti salienti del vostro lavoro. In che modo la tua visione del mondo, della vita e dell’arte, si concilia con le richieste dei brand e degli enti che si rivolgono a voi?

Prysma Production è nata, innanzitutto, dall’esigenza di dare un nome a ciò che eravamo e tuttora siamo. Ad oggi, posso contare su un team di più di cento di quelli che amo definire “poeti”. Agli esordi della mia carriera, iniziata quando avevo circa diciotto anni con l’organizzazione di mostre d’arte, mi definivo “narratore emozionale”. E mi definisco ancora così. Da allora, ho sempre difeso il potere della comunicazione emozionale che passa, quasi sempre, attraverso lo studio dei classici. In Prysma, siamo tutti narratori e credo non esista termine più adatto a definirci, se dobbiamo ad ogni costo farci delimitare da una definizione. Quelle del poetare e del raccontare sono per me dimensioni che si intrecciano e producono splendidi bagliori anche in produzioni o eventi corporate, apparentemente lontani dal mondo della cultura e dell’arte. L’arte è ovunque e quella simbiosi, che spesso si configura in realtà oniriche ed evanescenti, diventa per me terreno fertile per portare in vita richiami al passato e voluti contrasti narrativi con lo scopo ultimo di stupire, incantare, emozionare. E questo sia che si tratti di un evento culturale o di una produzione di moda. Io, anzi farei meglio a dire noi, l’arte ce la mettiamo dappertutto. Caravaggio in un paio di scarpe e un paio di scarpe in Caravaggio! La cultura è una pentola d’oro dalla quale pescare sogni.

Le storie, il modo di raccontarle e il concetto stesso di narrazione sono dunque importanti per te e il tuo lavoro. Sono veicolo per un fine (messaggio), ma allo stesso tempo sono strumento di unione tra le persone, mezzo per contribuire ad una crescita, ad una maturazione sia dal punto di vista personale, del singolo individuo, che da quello collettivo, per arrivare ad un evolversi della società nel suo complesso. Narrare, insomma, vuol dire connettere le persone. Quanto conta tutto questo per te? 

Molto direi. Picasso affermava: “L’artista è un ricettacolo di emozioni che vengono da ogni luogo: dal cielo, dalla terra, da un pezzo di carta, da una forma di passaggio, da una tela di ragno.” Tutto, per me, parte da una storia narrata su un pezzo di carta: dal mio taccuino e dalla mia penna stilografica, con inchiostro rigorosamente seppia. È lì che accadono i miracoli. Ed è lì che nascono le storie da condividere con il mondo.

Nel tuo lavoro, la comunicazione è uno degli aspetti fondamentali. Parlaci della comunicazione oggi. Quali ritieni siano le strade da percorrere, vecchie e nuove, perché essa sia efficace ed incisiva? Illustraci la tua opinione sul tema.

Come le grandi narrazioni che ci accompagnano dalla notte dei tempi, anche le narrazioni aziendali o istituzionali devono emozionare e connettere le persone. D’altronde, quella del narrare è una dote innata dell’essere umano. Gli storyteller moderni altro non fanno che portare ai giorni nostri le storie che l’uomo utilizza dai tempi di Omero. Sul piano strategico aziendale, le narrazioni servono a creare un forte legame emotivo con l’acquirente.  “What’s in a name”, si chiedeva Shakespeare in “Romeo e Giulietta”. “Ciò che chiamiamo rosa, anche con un altro nome conserverebbe il suo dolce profumo?”

Sembri molto legata ai tuoi collaboratori, molto attenta al rapporto umano oltre che a quello professionale con le persone con le quali realizzi i progetti di cui tu e Prysma vi occupate. Quanto conta per te il feeling con il prossimo? Ritieni che, oltre all’aspetto tecnico, di risultato, ci debba essere un altro fine, un altro tipo di feedback, più attinente alla sfera umanistica e dell’empatia, nel valutare il successo, di un lavoro, di una persona? Cosa ti resta di più importante, di più bello, dopo una collaborazione soddisfacente con qualcuno, dopo un evento riuscito o un’efficace campagna pubblicitaria ideata per un cliente?

Il mio team è la mia colonna vertebrale, senza di esso resterebbe di me solamente del tessuto molle! Scherzi a parte, scelgo i miei collaboratori “di pancia”, ma si tratta nella totalità dei casi di persone dotate di straordinario talento e spirito creativo. Cerco empatia, passione, amore per il proprio lavoro e coinvolgimento nel progetto. Questo è ciò che serve per lavorare insieme e questo è il segreto del nostro successo. Nulla mi gratifica di più di un sincero “ci siamo divertiti”, detto alla fine di giornate lavorative che non mancano mai di imprevisti e momenti di difficoltà. Cerchiamo di lavorare in un clima sereno e gioioso di “convivium”. Altra caratteristica fondamentale della mia squadra è l’attenzione reciproca: ci prendiamo cura l’uno dell’altro come un grande, complesso, ma inseparabile sistema vivente. Posso contare, ad oggi, ben pochi fallimenti “comunicativi” e ancor meno lamentele da parte dei clienti. Quindi direi che l’amore funziona, ovunque lo si metta. È il nostro ingrediente segreto!

Quanto consideri importanti la curiosità e il tema del viaggio? La scoperta degli altri, del loro modo di essere, della loro cultura, quanto influenza te o il tuo lavoro?

Ritengo che non ci sia niente di più entusiasmante di viaggiare. È un modo efficace per ampliare la mia visione delle cose, per suggerirmi nuovi spunti di riflessione e farmi esplorare nuove idee e tematiche. Amo rincorrere opere d’arte in tutto il mondo, visitare le città, provare piatti particolari e tentare così di placare la mia incontenibile curiosità. Penso di essere una persona davvero molto, molto curiosa! Ci sono due modi per evolversi: il primo è viaggiare, il secondo è leggere (atto che, se vogliamo, comprende in sé, in un certo senso, lo stesso fondamentale concetto del viaggio).

Tra le forme d’arte di cui abbiamo parlato finora, manca quella culinaria. Qual è il tuo rapporto con la cucina? L’Italia è la casa di praticamente tutte le tradizioni culturali e artistiche che ti stanno più a cuore, tradizione culinaria compresa. Quanto sei riuscita a fare tuo, ad oggi, di ciò che è arte, cultura e bellezza di quell’arcobaleno di goodvibes che è per eccellenza l’arte del cucinare?

Adoro cucinare! Come dici tu, la cucina è una forma d’arte e non vi è Paese al mondo che le sappia rendere onore, grazie ad una meravigliosa ed inesauribile tavolozza di splendidi colori e invitanti sapori, meglio della nostra Italia. Mi piace la buona cucina e mi diletto a sperimentare ai fornelli ogni genere di piatto, dal pesce alle erbe, alle torte salutiste ricche di frutta secca e cacao amaro. Anche se, confesso, il mio piatto forte sono le lasagne alla bolognese rivisitate. La cucina è un fatto di cuore. O ti piace oppure no.

Un tuo punto di riferimento, un tuo maestro, è Dante Alighieri, una delle icone culturali italiane per definizione. Con Prysma e con il Comune di Ravenna hai realizzato, alcuni anni fa, un coinvolgente spettacolo ispirato al suo pensiero e alle sue opere. Svelaci il tuo legame con il Sommo Poeta. Raccontaci come il suo lavoro abbia influenzato il tuo business e il tuo modo di essere artista.

Dante è quasi come un padre per me, non credo di poterlo definire diversamente. Insieme a Dostoevskij e Bosch, mi ha insegnato a vedere “l’eccedenza della vita rispetto alla vita stessa”, a comprendere l’arte così com’è, a grattare via la polvere dello spirito e ad abbandonarmi totalmente ai sogni. Quello di Ravenna è stato un viaggio emozionante, uno spettacolo che ho scritto e diretto a pochi, pochissimi passi dalla tomba di Dante: folle, allusivo, allucinato e totalmente privo di parola. Un ricordo fulgido ed indelebile.

La tua opinione sul momento difficile che stiamo attraversando. Quanto, secondo te, la pandemia sta cambiando noi, il modo in cui viviamo e lavoriamo, e il nostro rapporto con gli altri e con la vita? Pensi che questo inaspettato, crudele e doloroso sconvolgimento ci abbia regalato degli insegnamenti preziosi per il futuro, mostrandoci magari vie, o addirittura opportunità, alle quali non ci era capitato di pensare, che non erano state prese in considerazione? Che consigli ti senti di dare per affrontare al meglio le sfide che verranno? 

Guarda, la pandemia ci sta costringendo a confrontarci con riflessioni e domande che sono sempre state davanti a noi, in realtà. Per fare un esempio, ti confesso che fa male, oggi più di ieri, veder trionfare in tv, e più in generale nei media, un certo modo di rappresentare il successo, impersonificato da eroi negativi come l’imprenditore o l’uomo d’affari corrotti o come il politico senza scrupoli che persegue unicamente il proprio interesse, e così facendo manca di rispetto sia al suo ruolo di servitore della comunità che al popolo stesso, privandolo della possibilità di un miglioramento collettivo grazie ad un governo responsabile. L’amore per il denaro fine a se stesso ci porterà verso la distruzione della cultura della conoscenza e la desertificazione dello spirito. Sempre che non facciamo tutti molta attenzione, con le nostre scelte e i nostri comportamenti, sia come singoli che come comunità. Il virus ci sta facendo capire che ci troviamo di fronte ad un bivio, come persone e come professionisti, come lavoratori. Dobbiamo essere “il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo”. Credo che questo sia il momento giusto per guardarsi dentro, coltivare lo spirito e la curiosità per le umane cose. Userò una citazione da “Città Invisibili” di Calvino, che si presta ad essere  un invito a leggere, per rispondere in modo esaustivo alla tua domanda: “L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.”

Affermi che imparare ad amarsi è un lungo viaggio, e che la tua vita senza arte sarebbe un clamoroso errore. Cosa ti aspetti dal tuo futuro? Se tu fossi il committente di te stessa, cosa chiederesti a Felicia e alla Prysma per il loro domani? 

Imparare ad amarsi è davvero un lungo viaggio: accettarsi, migliorarsi, senza dimenticare lo scopo per il quale siamo qui. In qualche modo, credo che tutti noi siamo invitati a lasciare un’impronta su questa Terra che ci è stata data, ricordiamolo, in prestito. Non cerchiamo di competere con nessuno o di arrivare dove sono arrivati gli altri; superiamo semplicemente noi stessi e diventiamo la migliore versione che siamo in grado di contemplare. In ognuno di noi c’è un bellissimo disegno divino che, una volta soffiata via la polvere della vanità e dell’ipocrisia, si trasforma in arte e creatività, la vera bellezza che “salverà il mondo”. Facciamo di tutto per realizzarlo, quel disegno divino, rendiamo reale, viva, quella bellezza. Questo è ciò che sento di chiedere a me stessa, a Prysma Production  e a tutti voi. 

Ed eccoci qui, alla fine di questa interessante conversazione con Felicia. Felicia Cigorescu, artista e manager, innamorata della cultura e della bellezza, tanto determinata nel suo lavoro, quanto generosa nel volerne condividere i frutti più belli con il prossimo e con il mondo. Non è facile, anzi è decisamente sfidante, vivere la propria vita e il proprio lavoro con un’intensità e una compiutezza tali da essere ogni giorno sia professionisti eccellenti che ambasciatori di umanesimo e bellezza. Non è facile, ma Felicia e Prysma ci riescono, con dedizione e professionalità. Grazie e buon lavoro Felicia, a te e al tuo team. Continuate così.