Finalmente l’alba, la recensione di Giacomo Brunoro del film di Saverio Costanzo in concorso all’80a edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

Finalmente l’alba di Saverio Costanzo per me è stato una grande sorpresa. Sono entrato in sala senza aspettarmi nulla di particolare e mi sono perso dentro a un film che ti tiene sempre sulle spine, un film molto difficile da catalogare e che riesce a giocare con lo spettatore dall’inizio alla fine.

Finalmente l’alba è un film ambizioso, e non solo per l’alto livello della scrittura: la messa in scena è a dir poco suntuosa grazie a un budget che si avvicina ai 30 milioni di euro, budget che è smisurato rispetto alla media delle produzioni italiane. E infatti questo è un film che ha legittime aspirazioni internazionali.

Tante storie, tante emozioni

Costanzo costruisce un film in cui si racconta la grande epopea di Cinecittà, con le sue produzioni faraoniche, le sue dive italiane e internazionali; racconta la perdita dell’innocenza dell’Italia del dopo guerra in cui, con lo scandalo Montesi, si apre l’infinita stagione della cronaca nera, quel True Crime che oggi è un mondo narrativo in continua espansione; racconta una Roma a metà tra storia e leggenda, in cui il popolino semplice convive con un sottobosco di ricchi e di arricchiti internazionale.

E lo fa attraverso gli occhi e i silenzi di Mimosa, giovane protagonista del film interpretata da Rebecca Antonacci, protagonista di una prova attoriale superba nella sua apparente semplicità. Da segnalare anche le prove di William Defoe, Lilly James e Joe Kerry, capaci di catturare sempre il pubblico e di dare profondità e spessore ai loro personaggi.

Bello poi per gli appassionati perdersi nel gioco di citazioni, reali o presunte, che si nasconde dietro a ogni volto. Se Alida Villa o Piero Piccioni sono personaggi storici, la “Joesphine Esperanto” interpretata da Lilly James è ispirata a Liz Taylor? E il chi interpreta Defoe, ci sono riferimenti a qualcuno in particolare? E chi è il misterioso pittore in disgrazia che vediamo alla festa?

Tante piccole esche che vengono gettate allo spettatore e che contribuiscono a dare profondità a situazioni in cui spesso il non detto crea interesse, curiosità, stimola la fantasia e la voglia di saperne di più, senza per questo indebolire minimamente la narrazione.

E ora cosa succede?

Il film cambia minuto dopo minuto, pensi sempre che sia qualcosa e invece ti ritrovi di fronte a qualcos’altro. E così mano a mano che la storia procede capisci che questa sensazione di imprevedibilità assoluta ti accompagnerà fino alla fine del film. Una sensazione del genere mi era capitata soltanto con Mulholland Drive, che io ricordi.

Finalmente l’alba potrebbe sembrare un enorme what if dedicato al caso Montesi, ma anche un film sull’innocenza perduta, o uno sulla perdita dell’innocenza, o uno sul potere dei sogni, o sulle trasformazioni della società italiana, o sulla forza immaginifica di un modo di fare cinema che sembra dimenticato… o, più semplicemente, è un film su tutte queste cose insieme.

Un film sulla vita insomma, che ci costringe a fare i conti ogni giorno con la complessità e con l’impossibilità di restringere tutto a categorie semplici e rassicuranti. E, forse, proprio questo non voler rassicurare il pubblico potrebbe costare un po’ a Costanzo, soprattutto in un’epoca in cui a quanto pare è diventato indispensabile spiegare ogni cosa, infilare tutto nell’apposita casellina e trovare la definizione ultraspecifica per qualsiasi situazione.