Un tizio in un’Ape si avvicina accanto ad una catasta di cassette di legno ammassate vicino un cassonetto. Ne carica qualcuna sul retro e riparte con una leggera impennata. Fonda e Rico si scambiano una rapida occhiata e si infilano dentro il portone. Si reggono sul passamano, muovendosi con lentezza. Si sentono delle urla da dietro una porta. Rico si volta verso l’amico e fa segno di muoversi. Dopo che hanno voltato rampa, da una porta viene fuori un senzasugo che la sbatte forte, mandando un «vaffanculo» per aria. Si fermano, in attesa che la situazione si calmi. Dopo qualche minuto sono sul pianerottolo. Alle pareti ci sono scritte a matita e un’altra coperta con della tinta, che lascia ugualmente trasparire la scritta sbiadita, ma leggibile: suca. La porta che interessa loro è proprio quella che si trovano davanti. Rico prova a suonare il campanello, ma quando preme sul pulsante non ne viene fuori nulla. Bussa, prima con due tocchi leggeri, poi con una salva di colpi. Si sente rimbombare un «ARRIVO». Fonda è con le spalle al muro. Ha la testa contro la parete e il cuore gli pompa a più non posso.
«Arrivo eh… un attimo…» si sente dire da una voce debole dietro l’uscio. «Chi è?»
«Leo, tranquillo» gli dice Rico dando l’aria di prendere alla leggera la paranoia del tizio. «Brizio del bar mi sta mandando… apri?» riesce a dirgli con la voce complice che fa scattare la serratura. «Siamo in due. Rilassati compare, non ti svaligiamo casa.» Si rivolge a Fonda e gli fa: «Dai, entra».
«Non c’è niente da svaligiare, a parte poche cose di valore» dice mettendo l’accento su quell’ultima parola.
I capelli unti gli cadono davanti, mentre gli altri se le porta dietro le orecchie. Al posto degli occhi ha due palle azzurre, ma la pelle attorno sembra che gli stia andando in pezzi, insieme alla dentiera che ha lasciato in difesa del fortino diverse posizione scoperte e quelle che resistono eroicamente non se la passano niente bene.
Rico tiene le mani nelle tasche, guardandosi attorno. Il pavimento della cucina, che si intravede a destra dell’ingresso, è ricoperto da giornali unti, mentre sul tavolo e sulle mensole ci sono scatolette vuote, con le forchette di plastica ancora infilzate dentro. Il caldo fa sì che il puzzo che viene fuori da quella stanza sia insopportabile. Un immenso frigorifero che ha smesso di funzionare con il cibo ancora dentro.