Flannery O’Connor
“Tutto quello che viene dal Sud è chiamato grottesco dai lettori del Nord, a meno che non sia grottesco sul serio, in quel caso sarà chiamato realistico”.
Mary Flannery O’Connor, nacque il 25 Marzo del 1925 a Savannah nello Stato della Georgia (U.S.A) e nello stesso Stato morì il 3 Agosto 1964, per complicazioni legate al Lupus, terribile malattia auto immune che aveva già ammazzato suo padre.
Tre sono le cose che colpiscono principalmente di questa grande scrittrice: la conoscenza del suo Sud degli Stati Uniti, e come questo sia principale elemento portante e personaggio inscindibile della sua produzione letteraria; la sua continua ricerca della fede e nella fede, ed una sorprendente quanto sottile ironia.
Possiamo chiaramente osservare questi tre elementi nella sua prima opera: Wise blood del 1952 (alcuni capitoli di questo libro vennero precedentemente pubblicati in riviste come Mademoiselle Magazine, Sewanee Review, Partisan Review .)
E di che minchia parla questo libro? Questo libro narra le vicende, tra gli altri di Hazel Motes. E chi è Hazel Motes? Hazel Motes è un personaggio a dir poco originale. Un personaggio che fin da giovane si è sempre interrogato sui concetti religiosi di “salvezza” e “peccato originale”. E quindi, chiederete voi? E quindi succede che Hazel ritorna dalla Seconda Guerra Mondiale, dopo aver passato un po’ di tempo in un ricovero per veterani, decide di tornarsene a casa nel Tennessee, e a casa non ci trova nessuno, tutto abbandonato. Che succede allora al Nostro Veterano? Succede che quei dubbi e quelle convinzioni che l’avevano attanagliato fin da giovane sui concetti religiosi di “salvezza” e “peccato originale” e sul sangue versato da Gesù Cristo, esplodono.
Esplodono in una scelta radicale: proclamarsi ateo e iniziare l’erratica predicazione della necessità di una chiesa senza Gesù Cristo, di una chiesa che non abbia sangue da versare, priva del concetto di peccato e di redenzione. Hazel Motes con questo intento prende il treno diretto verso Taulkinham e una volta arrivato lì penserà bene di andare a vivere con una prostituta, che poi lascerà per insidiare la figlia di un predicatore che aveva cercato di accecarsi, ma non aveva avuto abbastanza fede per farlo (!) e via di questo passo… e non dimentichiamo il maniaco, guardiano dello zoo Enoch Emery.
Enoch introdurrà il concetto del sangue saggio, della saggezza nel sangue, di quella immanente saggezza dentro ciascuno che dovrebbe guidare l’uomo.
Il prosieguo dell’opera è a estremamente originale e meritevole di attenzione, pertanto vi invito a leggerla (nel caso in cui non l’abbiate già fatto). Vi “anticipo” solo che il novero dei personaggi comprenderà la figlia adolescente ninfomane di un prete, e la salma mummificata di un nano. Ho menzionato che Enoch ad un certo punto pugnalerà un uomo travestito da gorilla per rubargli la maschera e cominciare una vita da gorilla, andando nella foresta…?
Non ditemi che un po’ di curiosità non vi è venuta! Il tutto si protrae attraverso un Sud tanto comico quanto selvaggio. Potremmo dire che nel suo Wise Blood la O’Connor mette in scena le contraddizioni della sua gente, della sua cultura.
Sarebbe facile scorgere il significato simbolico dietro i nomi utilizzati dall’autrice: Haze può voler dire “nebbia”, ed effettivamente visto da un certo punto di osservazione Motes a volte sembra annebbiato nelle sue scelte e riflessioni; Enoch è un nome che richiama l’Antico Testamento, la vicenda della maschera di scimmia potrebbe essere sicuramente associata al concetto di razionalità (evoluzionismo, darwinismo etc) ed a come spesso questa venga messa in contrapposizione alla fede, tema indubbiamente di rilievo in questo libro. E poi c’è l’aspetto della saggezza del sangue. Beh, sono convinto che da Cattolica istruita avesse colto il messaggio religioso (che trae origine dal Nuovo Testamento) secondo cui la Salvezza di ogni Uomo è “garantita” dalla venuta di Cristo. La saggezza nel sangue, la salvezza nel sangue.
La O’Connor scrive in “Sola a presidiare la fortezza”: “La religione del Sud, è qualcosa che, come cattolica, trovo penosa, commovente e cupamente comica. Non avendo nulla che corregga le proprie eresie, la gente le elabora drammaticamente.”
Mi rendo conto che probabilmente un’analisi ermeneutica del profilo dottrinale-religioso dei lavori della O’Connor non troverebbe qui, in Sugarpulp, la sua culla naturale e, sicuramente, non troverebbe in me l’estensore più adatto. Tuttavia, quello che volevo evidenziare è quanto in profondità questa straordinaria Autrice conosca sezioni e porti alla luce le contraddizioni e le problematiche della sua gente, della sua cultura del suo sud. Non tanto per prendersene gioco, o porli nel ridicolo, no, Flannery O’Connorlo vuole far conoscere quella cultura e quella terra, per raccontarle in maniera straordinariamente completa e avvolgente
Pensiamo a quella grande raccolta di racconti brevi che ha lasciato il segno nella letteratura contemporanea: “A Good Man is Hard to Find and Other Stories” (1955), pensiamo a come l’Autrice utilizzi i vari racconti per affrontare una serie di temi dominanti nella cultura dei suoi tempi (la discriminazione raziale nel racconto Artificial Nigger o la migrazione in Displace Person).
Proprio questa raccolta di racconti (che trae il titolo da una canzone Blues di Eddie Green che fu resa celebre nel 1927 dalla formidabile Bessie Smith, cercate su You Tube) ci dà l’occasione per rilevare come nella produzione di quest’ottima autrice vi sia spesso l’elemento dell’imprevedibile. Sembra quasi che la O’Connor si diverta ad inserire nella narrazione elementi imprevedibile e stare a guardare come se la cavano i suoi personaggi. Sembra, perché in realtà e ben visibile dentro questa tecnica narrativa una profonda indagine afferente i comportamenti umani.
Una grande scrittrice che merita di essere sicuramente (ri)letta, e che purtroppo non è semplice da trovare nelle librerie, e questa è una ferita sanguinante che merita attenzione!