Freddy Krueger simboleggia al meglio il cambiamento del carattere del “cattivo” nel cinema degli ultimi anni: la nuova morale è solo una questione di marketing?
Un diner con l’insegna al neon malfunzionante. Stacco. L’interno del diner, un adolescente al tavolo che parla con la cameriera che, a sua volta, se ne va senza ascoltarlo. Stacco. La cucina del diner in cui l’adolescente si avventura finché un losco figuro con lame al posto delle dita spunta dal nulla.
Inizia così il remake di Nightmare del 2010, che può essere considerato un vero e proprio manifesto in relazione ai cambiamenti apportati al genere horror splatter: non è semplicemente la galleria di protagonisti decisamente modaioli (Rooney Mara, Katie Cassidy, Kyle Gallagher, Kellan Lutz, solo per citarne alcuni) e in ascesa con la loro carriera, c’è proprio un cambio di prospettiva per il personaggio di Freddy Krueger.
Nella saga originale, Freddy era un cattivo puro, sebbene se ne indagasse le radici in alcune delle pellicole che lo videro protagonista: il male di Freddy era atavico, primordiale, istintuale, mentre nel remake esiste un fondamento (im)morale nel male di Freddy, cioè la pedofilia.
È come se in tempi moderni anche l’horror dovesse trovare una giustificazione al male, come se la cattiveria non esistesse comunque nell’animo umano, ma fosse solo un caso limite, qualcosa che esiste nella realtà ma che coinvolge una ristretta minoranza, quella coinvolta dall’a-normalità. E in cui l’omicidio non è qualcosa di sufficientemente negativo in sé.
Il fenomeno della moralità (o del moralismo) nell’horror moderno si può notare in misura minore anche in altre pellicole o in altre saghe, come quella di Saw: Jigsaw mette alla prova gli esseri umani per vedere se sono capaci di controllare a vivere. La sua è una moralità distorta nel senso comune del termine, darwiniana ma spinta all’eccesso, pronta a premiare chi non tradisce l’intenzione del suo creatore, chi riesce a prevalere, usando intuito astuzia e spirito di autoconservazione.
Ma a cosa è dovuto il fenomeno?
Sicuramente, nel caso di Nightmare, gli incassi hanno premiato questo cambio di rotta, nonostante le critiche siano state, soprattutto all’inizio, tendenzialmente negative. Forse le persone preferiscono far rientrare il male in una categoria sottoposta a razionalità, ma più probabilmente questi incassi sono stati influenzati dal significato che nella cultura pop contemporanea ha assunto la saga originale.
Ma cosa cerca lo spettatore medio in un cattivo? È probabile che per chi è cresciuto negli anni ’80, lo splatter fosse ben altra cosa: il terrore non può essere per certi cultori inserito in categorie razionalizzanti, e alcuni potrebbero sentire la mancanza di questo tipo di pellicole, ormai dal retrogusto vintage, al grido di: «Ridateci il vero Freddy, ridateci Jason e anche Michael Myers. E se vi avanza anche un Candyman di scorta».