Fuego segna il ritorno in libreria di Marilù Oliva e della sua Guerrera, Elisa Guerra
Titolo: Fuego
Autore: Marilù Oliva
Numero di pagine: 253
Editore: Eliott
Prezzo: Euro 16.00
Torna Marilù Oliva e con lei Elisa Guerra, aka La Guerrera.
Una rentreé in grande stile, diciamolo subito. Anzitutto perché il personaggio di una delle autrici di Thriller più forti che ci sono in Italia, è lontano da qualsiasi possibile classificazione e clichè e questo, in un panorama editoriale spesso avaro di news ed esperimenti come il nostro, già di per sè è un merito non da poco. E poi perché Marilù Oliva ha il dono di unire in un unico gioiello molteplici fermagli di diamanti.
Come altrimenti definire quella sua scrittura ricca, policroma, tersa, ma anche rapace, in grado di ghermire i cuori ove necessario? E che dire delle caratterizzazioni dei personaggi, sempre efficaci e profondamente differenziate, o dell’intelligenza nell’uso dei meccanismi narrativi?
Certo scopriamo l’acqua calda a ribadirlo, se è vero che l’autrice bolognese ha collezionato un premio Azzeccagarbugli (per Repetita) e una finale nella cinquina allo Scerbanenco (Tu la pagaras) passando fra l’altro per il Premio Camaiore. Così, tanto per mettere le cose in chiaro.
Eppure bisognerà pur dire che prima di una trama a orologeria, di un intreccio che fa faville, di un’atmosfera magistralmente dipinta grazie a riferimenti esotici, colti, brillanti che infittiscono in una rete scintillante; ebbene prima di tutto questo Marilù ha una scrittura ipnotica e adeguatamente affascinante.
Se non ci credete, leggete il romanzo, senza contare che dalla fascetta di copertina è proprio Valerio Evangelisti a sottolinearlo. In fin dei conti non dovrebbe essere questo il primo punto che interessa ad un lettore e che troppe volte in un autore viene considerato uno fra i tanti accidentalia?
E ancora: vogliamo parlare del fatto che qui, in questo romanzo, Marilù Oliva fa muovere in modo credibile, attento, preciso almeno una trentina di personaggi mantenendo ben salde le redini della storia? Senza una sbavatura, senza un cedimento, una pausa? Già, la storia.
Ecco dunque una Bologna imbevuta di umidità e fiamme, infuocata, come si conviene ad un titolo come “Fuego”, se è vero che c’è un piromane in giro che va ad appiccare incendi; ecco tornare in campo gli scalcinati locali di salsa della provincia con dj tanto vanesi quanto avventurieri con nomi come El Tigron o El Pony.
E ancora: Princesa, la splendida venezuelana che ha irretito i cuori di metà del cast; Catalina, la deliziosa cartomante amica della protagonista dagli occhi di zaffiro; la dottoressa Buldini, anatomopatologa tanto ineccepibile quanto pasticciona; Mussito, agente a caccia di cuori da vincere, l’ispettore Basilica, sempre discreto ma dall’animo appassionato e poi lei: la Guerrera.
Divisa fra un lavoro part time come pony express per le pizze e il sogno di sfondare nel mondo del giornalismo, Elisa Guerra non rinuncia ad indugiare nei vizi – rum e un’alimentazione per nulla equilibrata – né, ovviamente, ad approfondire la danza-combattimento della capoeira.
Aspirante criminologa, viene coinvolta nelle indagini dall’ispettore Basilica per risolvere omicidi rituali con corpi carbonizzati e teste di piccione che rimandano all’elemento del fuoco e ai suoi mille significati ancestrali.
Anche questa volta Marilù Oliva conduce il lettore in modo intelligente in un’indagine dalle mille facce: gli aspetti antropologici, quelli legati alle umane miserie, le invidie e i tradimenti, i significati arcani e gli immancabili riferimenti danteschi.
Un ritorno splendido e gradito, dunque, che ci riporta, fedele, il caleidoscopico mondo latino americano del precedente Tu la pagaras di cui Fuego è naturalmente il sequel, ma vorremmo dire di più: Marilù Oliva è proprio per questo l’autrice più interessante, coraggiosa e personale della sua generazione, ecco l’ho detto.
Perché la fluidità di scrittura, i colpi di scena, il ritmo si fondono in un’unica visione, un vero e proprio mondo cui, ancora una volta, il lettore si sente avvinto.
Francamente, non mi pare affatto poco, anzi.