Genesi 3.0, la recensione di Corrado Ravaioli del romanzo di Angelo Calvisi pubblicato da Neo Edizioni.
Titolo: Genesi 3.0
Autore: Angelo Calvisi
Editore: Neo Edizioni
PP: 160
Neo edizioni continua a proporre materiali narrativi poco convenzionali come dimostra Genesi 3.0, il nuovo romanzo di Angelo Calvisi. Siamo dalle parti del romanzo distopico, con l’aggiunta, come si legge sulle note di copertina, di echi kafkiani e rimandi a Terry Gilliam.
Simon vive in un bosco ai margini della grande metropoli. Passa le sue giornate in compagnia del Polacco, padre-padrone burbero e strafottente, un tempo conosciuto da tutti come il Comandante, celebre per aver condotto l’esercito a grandi vittorie.
Ora i due vivono nel bosco, il vecchio si dedica a piccoli lavori agricoli, il giovane sembra privo di qualità. Non è del tutto privo di passione. Vive un rapporto simbiotico con la natura e conosce tutti i segreti delle piante.
“Ho raccolto un achenio di Felix Matricula, l’arbusto che porta il buonumore a chi si reca nel bosco per la prima volta e l’ho offerto a Miriam.”
L’altra passione, in senso carnale, è rivolta invece a una gallina di nome Mitropa. E qui mi fermo.
La curiosa routine dei due protagonisti subisce una prima impennata quando il Polacco riceve un nuovo incarico in città. Dovrà innalzare una muraglia intorno alla capitale e Simon dovrà andare con lui. La città, colpita da attacchi terroristici sempre più frequenti, è caratterizzata da profondi contrasti, e permeata da un senso di decomposizione. Lo stesso senso di decadimento, lo avvertiranno i personaggi del libro, costretti a privazioni sempre più laceranti.
Dal suo arrivo in città Simon, comincerà una sorta di viaggio iniziatico, misurandosi con le aspettative di tanti. Saprà esserne all’altezza visto che sembra privo di talenti? Si troverà a combattere contro burocrati asfissianti e suore naziste, mentre in lontananza si avverte sempre più forte un senso di catastrofe imminente, in un crescendo sempre più soffocante, fino alla catarsi finale.
Tra scene splatter e visioni degne di William Borroughs, Calvisi conduce il lettore in un incubo ad occhi aperti, come quello vissuto dal protagonista. Un’esperienza lisergica che cambia forma assumendo aspetti sempre più cupi, scanditi dalle quattro parti in cui è suddiviso il romanzo: selvatico, paralitico, ospedaliero e famigliare.
Genesi 3.0 è un oggetto difficile da definire, alterna momenti ad alto tasso di violenza ad altri lirici, quasi spiazzanti nella loro bellezza.
“Sull’erba, schiacciato dal firmamento e dalla sua memoria inesorabile, provavo una meraviglia triste. La stessa di stanotte, mentre sono qui a sorprendermi del mio respiro, e conto il numero delle dita e dei denti che mi rimangono in bocca, e non ricordo da quale ferita siano scappate le porzioni di anima che mi mancano da sempre.”
Personalmente vi invito a seguire Simon, con un avvertimento. In fondo al tunnel non troverete una soluzione rassicurante, ma di sicuro un’esperienza su cui riflettere.