Ghost in the Shell il film che non ti aspettavi, così inutile, così scialbo e senza ghost (anima)

Con Ghost in the Shell (il film) si raggiungono vette inesplorate di inutilità, Masanori Ota detto Shirō Masamune muto! Dai dicci che è una porcata! Fai qualcosa!

Detto questo farò una disamina profonda della pellicola. Le parole più opportune non saranno le mie, troppo appassionate e grette solo da pensare, ma una citazione dello Scrittore Mascherato: “Scarlett Johansson inguardabile, Juliette Binoche spaesata ma accettabile, l’unico che si salva è Takeshi Kitano che va oltre il doppiaggio!”. Talmente oltre da essere l’unico personaggio non doppiato. Potrei chiuderla qui ma voglio tediarvi in questa giornata di letizia domenicale.

La premessa del tutto fu terribile quanto nefasta, lo Spielberg nazionalpopolare acquistò i diritti per un live action dalla Kōdansha, non un manga qualsiasi ma il capolavoro supremo riconosciuto a livello mondiale, Ghost in the Shell appunto. Infatti il progetto ha subito più riscritture della Bibbia, cambi di interpreti e scelte produttive come se non ci fosse un domani.

Si, sono un fanatico di Masamune Shirow tanto da produrne una tesina basata sul manga Black Magic del maestro, inusuale per il soggetto in un Liceo Artistico anni ottanta regolato da quel Mod Revival tanto Style Council. Detto questo, si sono di parte e non ne faccio segreto ma gli anni sono passati e il mondo, anche cyberpunk, cambia.

Sono stato cattivo? Forse. Mentre combatto i miei demoni del passato sentendomi un po’ Abelard Lindsay (ndr: Schismatrix di Bruce Sterling), ripasso mentalmente del perché sono anacronistico in questa visione negativa di questo Ghost in the Shell (il film). Ripudio la visione manichea del libro/comics superiore alla trasposizione animata/live, questo si evince in qualsiasi mio scritto, mentre abbraccio l’innovazione quando il contenuto o il contenitore lo sono. In questo film nessuno dei due appare nuovo e neppure innovativo.

Se effettivamente la Scarlett sembra a disagio e goffa nelle scene action, tragico il suit-lavoro di CG eseguito, e sorvolando su alcune fastidiose scelte come la Binoche, la vera sciura aMilano, il resto fila liscio senza intoppi particolari. Il visual scenografico appare solido e corroborato da una fotografia tutta HDR dai colori accesi, non estrema come il prossimo Valerian e la città dei mille pianeti di Luc Besson, ma godibile e mai fastidiosa. Della storia vogliamo parlarne? No, riprende il real Masamune style e la sceneggiatura rimane accettabile, certo con l’occhio teso all’americano medio, trattato come uno shell senza ghost dove a ogni piè sospinto bisogna spiegare tutto, again, again, again. Dove abbiamo perso Rupert Sanders che riesce a far trasmettere un minimo di empatia pure a Kristen Stewart? (“Cagna maledetta!” cit.).

Ghost in the Shell il film, la recensione

Se qualcuno sentiva il bisogno di questo film, io per esempio, ne rimarrà deluso. Se qualcuno ignora l’esistenza di quel psico/sci-fi/drama/cyberpunk che è l’originale Ghost in the Shell dell’89, la maggior parte del target a cui è indirizzato immagino, lo troverà un film carino e godibile… carino e godibile, ci siamo intesi!

Se il vostro ghost non vuole essere corrotto dal Marionettista con continui glitch per il resto della vostra vita, restate fedeli a quella strafiga di china e carta che risponde al nome di Motoko Kusanagi, violenta, disturbata, dark, punk e molto cyber.