Intervista a Gianni Tetti, autore di Grande nudo, a cura di Corrado Ravaioli.

Ultimamente mi è capitato tra le mani un libro coraggioso quanto coinvolgente, che su Libro Guerriero ho definito “necessario” perché parla del nostro tempo tracciando uno scenario apocalittico e inquietante. Sto parlando di Grande nudo, di Gianni Tetti.

Il “romanzone” (670 pagine di violenza e poesia) è stato pubblicato da Neo edizioni, che di scommesse e coraggio si intende. Siamo in Sardegna, in un futuro molto prossimo. La società, caratterizzata da individualismo e totale aridità di sentimenti, si avvicina inesorabilmente a un punto di non ritorno, anticipato da segnali oscuri. Arrivano tempi di terremoti, carestia e vendetta. Qualcuno proverà a invertire questa deriva apparentemente inesorabile, come scoprirete leggendo il libro.

Ho pensato di rivolgere qualche domanda all’autore per capire come è nata un’opera del genere e soddisfare altre piccole curiosità.

Intervista a Gianni Tetti

Dopo aver letto Grande nudo ho pensato: c’è qualcosa di malato in Gianni Tetti? A parte gli scherzi, quando è nato il progetto di questo libro?

Grande nudo chiude un discorso tematico che ha una genesi lunga e profonda. Sapevo da anni che sarebbe arrivato, non sapevo precisamente quando né come sarebbe stato. Sapevo solo che era necessario che lo scrivessi. In un certo senso è come se i miei precedenti libri abbiano preparato la strada per quest’ultimo. Il progetto è nato dopo aver finito I cani là fuori, quindi circa sei anni fa. Le prime righe di Grande nudo le ho scritte in quel periodo e ho continuato anche mentre scrivevo Mette pioggia. I primi vagiti di Grande nudo erano costituiti da una breve storia che parlava di una ragazza portatrice di handicap che rivendicava il diritto alla propria sessualità.

La seconda storia che ho scritto, sempre mentre parallelamente scrivevo Mette pioggia, è stata quella di un ragazzino che vive chiuso in casa, in una famiglia con rapporti al limite dell’animalesco. Dalla finestra di casa, questo ragazzino vede il mondo sgretolarsi giorno dopo giorno. Con queste due storie, nasce Grande nudo.

Il libro contiene una dose massiccia di iperviolenza. Ovviamente non si tratta di gesti o situazioni messe lì per creare sensazione. Perché hai scelto di osare, al punto da disturbare il lettore?

Mi piace quando la lettura diventa un’esperienza che crea sensazioni anche fisiche. Mi interessa coinvolgere il lettore in maniera totale, e sentirsi toccati da quel che si legge è parte fondamentale di questo percorso. Penso che narrare non possa essere solo raccontare una storia, ma trasmetterla, farla rivivere, anche attraverso il corpo.

Detto ciò, non mi rivedo nella definizione di iperviolenza. Non credo alla violenza fine a se stessa. I contenitori vuoti mi spaventano. Anche l’uso e la descrizione della violenza devono avere il loro significato all’interno di un contesto più ampio, anzi devono essere portatori di significati. I momenti di violenza in Grande nudo hanno tutti una genesi e portano tutti delle conseguenze, per i personaggi, per il corso della storia, per il punto di vista del lettore.

I personaggi sono odiosi ma affascinanti. Io, per esempio, sono un “fan” di Don Casu. Un Don Abbondio spinto all’ennesima potenza nell’età del consumismo e dei vizi più perversi. Da dove provengono i personaggi?

Adoro i personaggi odiosi, contraddittori, deboli, vigliacchi. Sono gli unici in grado di interessarmi. I buoni, i giusti tout court, sono noiosi.

Alcuni personaggi, come don Casu o Candida, sono nati dalla voglia di raccontare aspetti contraddittori del nostro presente. Per il primo, la crisi di vocazione, la difficoltà a mantenere il celibato, la sensazione di molti preti di non poter essere la guida che tutti si aspettano che siano. Per la seconda, la voglia di emanciparsi dai pregiudizi, dalla malattia e di affermare la propria persona. Non ho inventato niente. Altri personaggi nascono su basi più letterarie. Per costruirli osservo l’umanità che mi circonda, la studio, ne offro la mia versione. Tutti sono rappresentazioni della nostra realtà e partono da basi verosimili. Anche Maria, l’unica vera eroina del libro, un nome che si sente nel vento, è verosimile.

La scelta della Sardegna e di alcuni idiomi dialettali ha un motivo particolare?

Parto sempre dalla mia terra. È ciò che conosco meglio, ogni storia che scrivo parte da qui, sono le basi su cui costruisco il mondo che racconto. I miei personaggi sono spuri. Mischiano la lingua dei loro padri con l’italiano, come succede nella realtà. Quindi sento naturale fare lo stesso quando scrivo di loro, quando li faccio parlare.

Quali riferimenti letterari o cinematografici possiamo trovare? Ci sono esempi che ti hanno ispirato? Leggendo il libro a volte ho pensato a Pasolini, Miike e Gaspar Noè.

Adoro il cinema di Haneke e Kubrick, considero Agota Kristof una sorta di mamma letteraria, chiusa, puzzolente di fumo, ma in fondo buona, e Sergio Atzeni uno zio sorridente che tra una battuta e uno scherzo mi spiega come si racconta la gente. In questo libro c’è molto delle loro opere.

Sin dalle prime battute, gli elementi naturali entrano gradualmente nella storia, fino a decidere le sorti dei personaggi. C’è un riferimento alla cronaca degli ultimi anni, mi riferisco ai terremoti in centro Italia e in Emilia?

La natura è protagonista di tutto ciò che scrivo al pari dei personaggi in carne e ossa. Nel caso di Grande nudo i riferimenti che hai sottolineato sono sofferti e sono fortemente voluti. È uno dei temi del libro. Solo così potevo trasmettere la visione di un’umanità piccola, in fondo irrilevante, troppo presa dai piccoli problemi quotidiani, poco attenta a quel che gli capita attorno, poco rispettosa della terra che gli tocca di vivere.

Il finale mi è sembrato volutamente ambiguo, c’è uno spiraglio di speranza per questa umanità alla deriva mentre alcuni elementi fanno pensare che il marcio sia tutt’altro che passato. Tu come lo vedi?

Tutto il bene e il male del mondo passa attraverso noi, siamo noi che decidiamo da che parte andare. L’ambiguità risiede in questo, alcuni vanno in una direzione, altri vanno in un’altra. Non sappiamo chi avrà la meglio, solo nei film americani si sa come finiscono le cose. Nella vita tutto continua, sempre, perpetuamente.

Hai voluto lanciare un messaggio con questo libro?

Sono preoccupato per come stanno andando le cose, ma è tutto nelle nostre mani, e noi siamo capaci di tutto, nel bene e nel male. Se proprio, con una forzatura, volessimo cercare un messaggio, direi che è questo. Una cosa che mi diverte: parlando di Grande nudo sembra di presentare un saggio antropologico, o un pamphlet di geopolitica, invece è un romanzo d’avventura, denso di spunti di attualità e, in fondo, anche divertente.

Più in generale credo che un libro debba soprattutto offrire spunti di riflessione e suggerire punti di vista e che per far questo debba appassionare, divertire, commuovere, far passare del tempo senza la sensazione che lo si stia sprecando. In Grande nudo c’è il tentativo di restituire, senza orpelli e senza imbellettamenti la realtà nuda ma anche la volontà di farlo attraverso una storia che valga la pena di essere letta fino alla fine. E la storia, i personaggi e il loro mondo, vengono prima di qualsiasi messaggio e possono veicolarlo solo se sono interessanti, se restano nella memoria, se danno qualcosa al lettore.

Ho dunque, in primis, cercato di raccontare una storia, nel modo più pieno e coinvolgente di cui sono capace. Il modo migliore era inventarmi un mondo e un tempo alternativo. Solo così ho trovato la giusta distanza per dire tutto quello che sentivo di dover dire.

Grande nudo, il libro

Titolo: Grande nudo
Autore: Gianni Tetti
Editore: Neo edizioni
Prezzo: € 17,00
Pagine: 688