Giovani, nazisti e disoccupati racconta una storia molto divertente in una Bologna universitaria fuori dai soliti luoghi comuni

Giovani, nazisti e disoccupati

Titolo: Giovani, nazisti e disoccupati
Autore: Michele Vaccari
Editore: Castelvecchi
PP: 131
Prezzo: 13,00

“Sono un pratico sognatore”.

Il protagonista del romanzo Giovani, nazisti e disoccupati è un anarchico, iscritto al DAMS, in piena astinenza da trielina, nella Bologna del 2010.

Condivide l’appartamento con alcuni “Punkammerda” (e questo per lui è un problema), è riuscito a rovinare in maniera epica il matrimonio della sua ex ragazza e spesso, cosa di non poco conto, gli si manifesta lo spettro di Errico Malatesta.

Queste sono le premesse di Giovani, nazisti e disoccupati, secondo romanzo di Michele Vaccari, uscito per Castelvecchi editore, collana Le torpedini. Capire poi come il nostro protagonista riesca a trovarsi con una svastica tatuata e a divenire l’addetto per la propaganda del nuovo partito nazionalsocialista di Bologna… beh… per capire questo vi dovrete leggere il libro.

Una storia molto, ma molto divertente, narrata in prima persona, dove il punto di vista coincide con quello del protagonista (di cui non ci viene comunicato il nome) e nella quale ritroviamo con piacere la scrittura che aveva reso noto Vaccari (Ricordate Italian Fiction?), vale a dire quel suo stile fluido che a volte non rinuncia alla ricercatezza lessicale, miscelando sapientemente elementi gergali con altri da Accademia della Crusca.

Una narrazione dove iperbole e paradosso sono di casa, a tutto vantaggio dell’intrattenimento leggero del lettore, grazie anche alla figura quanto meno insolita (e forse anche per questo di amplissima spendibilità) del protagonista.

Da segnalare è anche il personaggio di Chiara, l’ex ragazza del protagonista. Una tipa dall’inaspettato dinamismo che ciònonostante riveste un ruolo ben definito nella logica del rapporto amore(poco)-odio con il suo ex.

Due parole, due, credo vadano spese anche per l’ambientazione della storia: Bologna. Una Bologna però che, al di là della toponomastica, resta molto aleatoria e poco tratteggiata, se non nelle sue contraddizioni, comuni peraltro ad ogni città del centro-nord.

Una Bologna dove giovani rampolli giocano a fare gli “alternativi” per essere “diversi” finendo per omologarsi gli uni agli altri… o dove nostalgici del (dissolto) partito Fascista si ostinano a rimestar’ quelle ceneri.

Una Bologna dove “universitario” indica un limbo anagrafico che ha il sapore del Delta del Mekong.