Greenlights. L’arte di correre in discesa, la recensione di Matteo Marchisio del libro di Matthew McConaughey pubblicato in Italia da Baldini+Castoldi.
- Titolo: Greenlights. L’arte di correre in discesa
- Autore: Matthew McConaughey
- Editore: Baldini+Castoldi
- Pagine:
Commercializzato da poco in italiano con il sottotitolo L’arte di correre in discesa, riprendendo il titolo del quarto capitolo, Greenlights di Matthew McConaughey è una gran bella boccata d’aria.
Acquistato una settimana fa su Amazon con copertina rigida per 19.99 dollari e disponibile nello stesso formato in italiano a 22 euri, si è rivelato un distillato di circa 300 pagine di una vita densa, complicata ma come direbbe il buon Matt, inesorabilmente felice.
McConaughey spinge fin da subito l’acceleratore mettendo in chiaro che sarà un racconto forte, quello di un vecchio amico del cuore che non gira troppo intorno alle cose dato che è arrivato al un punto in cui una storia poco attendibile innescherebbe un effetto volano che distruggerebbe dalle fondamenta la sua intera esistenza.
Ogni capitolo è un racconto intenso, in cui lessons learned e what if, espressi in forma di post-it o addirittura immagine reale dell’appunto preso a quel tempo, si affiancano bombe personali: una molestia sessuale, genitori alcolizzati, fratellastri e sorellastre, storie di violenze domestiche, pochi soldi, momenti di gioia furibonda e odio feroce tra i membri del clan del McConaughey, storicamente, tra l’altro, molte cose, fuorché popolato da santi: ladri di bestiame, piccoli delinquenti e grandi derelitti.
Greenlights. L’arte di correre in discesa è un memoir per l’impostazione cronologica, ma anche una grande storia americana.
Una vita passata a reinventarsi ogni qual volta non era più possibile puntare in modo chiaro al sogno della propria vita, cosa realizzabile solo nella terra delle possibilità a stelle e strisce, resistendo al destino avverso, perfino all’avanzare della storia e delle mode, vere grandi nemesi di ogni attore, perché capaci di schiacciarlo in un ruolo per il resto della sua vita.
Etichette e mode, che ricordano la mietitrice meccanica che in Furore di Steinbeck macinava grano maturo, case e sogni di braccianti pezzenti che abbandonavano tutto, sperando che la fortuna volgesse a proprio vantaggio.
McConaughey però riesce a sopravvivere al tritacarne, quasi ridendone come the comedian in Watchmen, passando non senza lividi dal personaggio del ragazzone palestrato, con qualche incursione nel mondo dei grandi come in Contact, alla star di degna del pantheon dei veri attori, basti pensare a quanta distanza ci sia da prodotti come Tutti pazzi per l’oro a True Detective stagione 1.
Non per nulla la stampa gli appioppò il nomignolo di renaissance man: quando un rebranding personale riesce e con un prodotto chiamato Dallas buyers club, bisogna festeggiare.
I mille aneddoti sull’impatto con Hollywood di un ragazzo del Texas dal cuore grande e le tasche vuote, con tanta voglia di recitare ma non di intrattenere, iniziano con un classico: un provino mancato nell’immensa Città degli Angeli, come la chiamava the dude, la casa del produttore trovata nel cuore della notte, il campanello suonato all’impazzata.
Lui apre, scazzato, con un’erezione gigante in corso. Ma tutto concorre al risultato, anzi come dice Matt: non è la freccia ad andare verso il centro, ma il centro che la attira verso di sé.
Nell’arte di correre in discesa primeggia la riflessione sul voler dedicare tutto alla propria realizzazione. Una lezione immensa di McConaughey che viene sviscerata con un candore difficile da descrivere, con quel fare quasi da predicatore, nel retro di una mega roulotte parcheggiata chissà dove a bordo strada, tirata fuori con i denti stretti per l’accento del sud e il ghigno beffardo di un life coach inconsapevole che ce l’ha fatta, sapendo che ce l’avrebbe fatta.
Greenlights. L’arte di correre in discesa merita, per lo stile graffiante, sincopato, una potente trasposizione in prosa di un racconto orale, aiutato dal mix di foto personali e appunti, che riesce a dare vita a un Matthew McConaughey di gran lunga più interessante dei suoi personaggi più iconici.