Dashiell Hammett torna a casa dopo un soggiorno obbligato nel Carcere Federale di New York. Cose che succedono…
Il 9 luglio del 1951 lo scrittore Dashiell Hammett fu chiamato a deporre davanti al giudice Ryan della Corte Distrettuale degli Stati Uniti come Presidente del Civil Rights Congress. Una settimana prima alcune persone appartenenti alla lista nera stilata dal comitato per le attività antia-mericane non si erano consegnati alle autorità federali per iniziare a scontare la pena alla quale erano stati condannati, rendendosi così di fatto latitanti. Nei mesi precedenti il Civil Righs Congress si era prodigato materialmente ed economicamente nel sostenere la difesa dei leader comunisti accusati e condannati. Per questo la Corte sospettando Hammett di essere a conoscenza dei luoghi in cui si erano nascosti i latitanti l’aveva convocato. Alle 14.30 iniziò l’interrogatorio. Il pubblico ministero Saypol per diverse ore incalzò Hammett. Ma ad ogni domanda il copione era lo stesso. Lo scrittore per tutto il pomeriggio continuò ad appellarsi al Quinto Emendamento riservandosi la facoltà di non rispondere. Lo scrittore, per il suo ostinato rifiuto a dare risposta, fu immediatamente condannato per oltraggio alla corte. Alle 19.30 il giudice Ryan gli chiese se, prima della sentenza, avesse qualcosa da dichiarare. “Neanche una parola” sillabò Hammett. Subito dopo fu condotto al Carcere Federale di New York dove avrebbe scontato un periodo di reclusione di sei mesi. Da diversi anni Dashiell Hammett non scriveva più. Il suo ultimo grande successo, intitolato L’uomo Ombra era uscito nel 1934. Dai suoi romanzi, venduti in migliaia di copie, erano stati tratti grandi film, Il mistero del falco era un classico e aveva fatto diventare Humphrey Bogart un attore di prima grandezza. I suoi libri erano stati ammirati e lodati dai migliori scrittori dell’epoca. Per Faulkner era un maestro. Per Hemingway un mito. Ma tutto questo era solo un lontano ricordo. Da diversi anni, oramai, aveva solo due interessi: la difesa dei diritti civili e l’alcool. Grazie a una riduzione di pena uscì il 9 dicembre 1951. Ad attenderlo all’esterno del carcere federale la compagna Lillian Hellman. “Dashiell” lo chiamò, gli andò incontro, lo abbracciò. Lui non disse una parola. La strinse a sé. Per tutto il tempo passato in carcere lei non si era mai fatta vedere. “Finalmente” sospirò Lillian. Hammett si staccò ed entrò in macchina. “Voglio andare a casa” disse. “A casa mia, in Tenth Street” aggiunse. “Va bene.” Raggiunsero Manhattan in silenzio. Entrarono nel suo appartamento. Ad attendere Hammett c’era Rose Evans la domestica che appena vide lo scrittore scoppio a piangere. “Avevo detto a Rose di sistemare l’appartamento, ma lei ha voluto fare di testa sua” disse la Hellman contrariata. Hammett non le badò, raggiunse la Evans e le consegnò una busta. “È quello che le devo per tutto questo tempo” disse. La Evans cercò di dire qualcosa ma Hammett la zittì mettendole una mano davanti alla bocca. “Mi dispiace” riuscì solo a dire. “Non c’è niente di cui dispiacersi” rispose lo scrittore. “È successo e io l’ho accettato.” La Hellman dicendo che sarebbe passata quella sera stessa, salutò e andò via. Anche la Evans immaginando che Hammett volesse farsi una doccia e riacquistare la propria libertà fece per andarsene. “Solo una cosa Signor Hammett. La signorina Hellman ha insistito perché facessi sparire tutte le bottiglie di alcool in casa, ma io non sono stata d’accordo. Avevo deciso che l’avrebbe ritrovata nello stesso modo in cui l’aveva lasciata. Solo una cosa, per favore non beva, non beva almeno prima di tre o quattro giorni” disse. Hammett annuì e fece un sorriso. Capì che quei tre o quattro giorni era il tempo necessario togliere alla donna la responsabilità della presenza di alcool in casa. Hammett tornò serio: “Senta Rose, non so se potrò ancora permettermi quest’appartamento e la signorina Hellman vuole assumerla” disse Hammett. La domestica sembrò sorpresa. “Però voglio chiederle di non accettare. So che può sembrare strano ma ho paura che non sareste trattata con il rispetto che merita…” sussurrò lo scrittore. La domestica annuì, sorrise e uscì. Hammett raggiunse la finestra e guardò fuori. La libertà aveva uno strano sapore. Si sentiva stanco. Si allontanò dalla finestra e raggiunse la credenza, aprì lo sportello e cacciò una bottiglia di brandy.