La nostra storia – Tutto il mondo di Happy Days, la recensione di Fabio Migneco del libro di Giuseppe Gannelli e Emilio Targia.
- Titolo: La nostra storia. Tutto il mondo di Happy Days
- Autori: Giuseppe Ganelli, Emilio Targia
- Editore: Minerva Edizioni
- PP: 448
Qualcuno potrebbe dire che su Happy Days è stato detto e scritto tutto e il suo contrario, dai tempi delle prime messe in onda ad oggi. Probabilmente avrebbe anche ragione, come succede quasi sempre con fenomeni di tale portata, capaci di entrare nell’immaginario collettivo e restarci per decenni, chissà addirittura per sempre.
Al tempo stesso però, se ognuno di noi si fermasse a pensare, eccezion fatta per i super appassionati della serie, quanti possono dire di conoscerla davvero? Al di là dei propri ricordi, delle esperienze personali, del sentito dire?
Certo, tutti ricordiamo i personaggi, tutti abbiamo l’immagine mentale di noi davanti al televisore, in più o meno tenera età ad aspettare la mitica sigla, chi non lo ha fatto almeno una volta?
Ma al di là dei ricordi, qual è la nostra conoscenza di un telefilm (eh sì, una volta si chiamavano così, erano gli anni in cui i ragazzini per dire che avevano visto il secondo di una serie di film dicevano di aver visto il continuo, nessuno sapeva cosa fosse un sequel ancora) glorioso com’è stato Happy Days?
Che cos’è Happy Days?
Prendiamo me per esempio, che vi scrivo queste righe, cos’è per me Happy Days? Posso considerarmi un cultore o un fanatico della serie? Non proprio, mi è capitato di vederne svariate puntate quand’ero piccolo, ma credo mai in ordine cronologico e già questo basterebbe.
Potrei dirvi che per me Happy Days è lo stare a casa dei miei nonni, che anche mia nonna lo vedeva divertita quando le capitava di avere un attimo di pausa, che per me, come per molti, il catalizzatore era Fonzie (e probabilmente da lì e da Grease deriva la mia passione per i giubbotti di pelle), ma le sfighe e le paturnie da giovane vecchio somigliavano più a quelle di Richie.
Che negli anni sapevo di chi o cosa si parlasse e da dove venissero tanto quell’attore non solo comico così caro a noi figli degli anni ottanta, quel Robin Williams che avrebbe divertito e commosso le platee di tutto il mondo, o uno dei registi di grido della Hollywood anni novanta, Ron Howard che era proprio Richie, solo con molti meno capelli e al di qua della macchina da presa.
Così com’è stato buffo e tenero vedere Henry Winkler in vari film di Adam Sandler fino ad apprezzarlo ancor più di un tempo nella fantastica serie di Bill Hader, Barry. Che il primo propietario di Arnold era il Maestro Myagi di Karate Kid, che la puntata in cui Fonzie salta lo squalo la vidi senza sapere che ripercussioni avrebbe avuto.
Un linguaggio comune e universale
Quello che mi ha sempre colpito di Happy Days è stata la sua capacità di farsi linguaggio comune e universale. Può piacerti o meno come telefilm, ma questo è un dato di fatto che nessuno può togliergli. Chiunque conosce Fonzie e chiunque sa che faceva ripartire il juke-box con un cazzotto, chi non lo sa probabilmente ha vissuto in un eremo o in una caverna per gran parte della sua esistenza.
Happy Days è la cultura pop elevata all’ennesima potenza, è – nei miei cortocircuiti mentali -la tirata di Nanni Moretti in Aprile sui giovani della FGCI che a suo dire si erano formati solo su quello trascurando tutto il resto (che non c’entra nulla come gli sottolinea nella scena il sodale Barbagallo, però c’entra come ribatte lui), è soprattutto per quelli della mia età il verso del brano Gli Anni di quel Max Pezzali quand’era ancora 883, un altro un pochino nato vecchio, se si considera che scrisse quel brano in cui rimpiangeva “gli anni di happy days e di Ralph Malph” a circa ventisei anni.
Ma è anche una delle mitiche sigle del ViviRoma del fu Massimo Marino, storico personaggio delle notti capitoline, che in una delle annate del programma plagiò spudoratamente quella del telefilm.
Ma, e vi prometto che arriviamo al dunque, posso dire di conoscere veramente Happy Days come conosco altre serie tv (e sì ormai le chiamiamo così) più o meno storiche? No, la risposta è no. Non sono assolutamente un conoscitore nel vero senso della parola e secondo me un buon sessanta per cento di quelli che ricordano il telefilm rientrano nella mia stessa categoria.
Ma a tutto c’è un rimedio. Se qualcuno volesse approfondire la materia, oggi può e nel migliore dei modi. Non parliamo agli appassionati perché loro sicuramente già sanno e hanno già messo mano al portafogli.
Cultura pop all’ennesima potenza
Tutti gli altri sappiano che è nelle librerie già da un paio di mesi un bellissimo tomo su Happy Days, scritto da chi davvero ne sa.
È sicuramente il primo in Italia, ma probabilmente in tutto il mondo non c’è mai stata una pubblicazione così rigorosa. Edito dalla casa editrice bolognese Minerva, La nostra storia. Tutto il mondo di Happy Days è stato presentato ufficialmente all’ultimo Salone del Libro di Torino ed è scritto dal giornalista di Radio Radicale Emilio Targia e soprattutto da Giuseppe Ganelli, che senza togliere nulla al socio può essere annoverato senz’ombra di dubbio tra le massime autorità al mondo in materia.
Medico radiologo di formazione e professione, ma grande appassionato del telefilm fin da bambino, ha fondato l’Happy Days International Fans Club, partecipato nel 2005 alla reunion per i 30 anni della serie e nel 2008, a Milwaukee, ha presenziato in pompa magna all’inaugurazione della statua di bronzo dedicata a Fonzie.
Ed è proprio lui, il mitico Henry Winkler, a firmare la prefazione del volume. Ma non è l’unica sorpresa o chicca, il libro ne è letteralmente pieno.
Ci sono interviste esclusive, a Marion Ross come a Don Most, Anson Williams, Scott Baio ed altri. È pieno zeppo di aneddoti e curiosità, di approfondimenti (come quello su Robin Williams e il suo Mork, che proprio in Happy Days comparve per la prima volta) su molti passaggi cruciali dello show, in oltre 350 pagine viene sviscerato veramente tutto, per non parlare dell’accento sulle musiche o del ricco apparato fotografico a corredo, che raccoglie anche molte delle memorabilia collezionate da Ganelli nei decenni.
La ciliegina sulla torta è, nella parte finale, la guida completa a tutti gli episodi, che da sola basterebbe a giustificare l’acquisto. Non manca il buon Max Pezzali in chiusura, con la sua postfazione sull’onda dei ricordi.
Un atto d’amore
Di operazioni simili negli anni se ne sono viste svariate, ma per lo più vengono fatte per battere il ferro finché è caldo, sulla scia di un successo televisivo ancora vivo e presente. Qui siamo di fronte ad un vero e proprio atto d’amore per la materia narrata ed è sempre quello che fa la differenza in questo porco mondo: metterci il cuore, avere passione.
Ganelli e Targia hanno dato alle stampe un lavoro assolutamente encomiabile, non solo: hanno messo di fatto la parola fine, perché sarà difficile fare qualcosa di più completo ed esaustivo di quello che hanno fatto loro. Perciò se vi venisse voglia di approfondire la materia e diventare dei veri conoscitori di Happy Days, sapete a chi rivolgervi, io il consiglio ve l’ho dato, ora sta a voi.
E, come scrisse una volta Paolo Di Orazio riguardo il compianto Lorenzo Bartoli: aggiungo un altro valido motivo per leggere questo libro. “Semplicemente perché è stato scritto. E quando un uomo scrive un libro questo dev’essere letto, non ci sono santi”.