Hatfields & McCoys: Kevin Costner in una faida fra famiglie nel vecchio Sud degli States
Hatfields & McCoys (in onda per la History che ultimamente ci ha regalato anche Vikings così per dire), in diretta in queste settimane su Rete 4, è il nuovo grande centro, dopo parecchio tempo dobbiamo dirlo, per Kevin Costner che non a caso, nel 2012, per l’interpretazione di “Devil Hanse” Hatfield si è portato a casa un Golden Globe.
Basta questo per dire che siamo di fronte a una grande serie tv? Non credo perché, se così fosse, faremmo un grande torto all’intera montagna di motivi che ci fa dire che questo drammone in 3 puntate da due ore ciascuna, è davvero uno dei TV Show più coinvolgenti degli ultimi tempi.
Tanto per cominciare c’è un’ambientazione da urlo: gli Stati Uniti del Sud post Guerra Civile, un setting che ha spesso portato ottimi risultati a livello cinematografico, cito almeno Ritorno a Cold Mountain di Anthony Minghella e Cavalcando col diavolo di Ang Lee, ma al di là dei precedenti diciamo subito che Hatfields & McCoys racconta un fatto realmente accaduto: una faida fra famiglie durata trent’anni e consumata nel sangue e nella violenza fra i boschi del Kentucky e del West Virginia.
Aspettatevi quindi atmosfera brutale, cinica e selvaggia, fiumi di sangue e mucchi di morti e soprattutto un odio atavico che corre fra le due famiglie e sembra non trovare tregua. La regia di Kevin Reynolds è quanto di meglio si possa chiedere, il ritmo narrativo c’è tutto e Costner è spietato ai limiti dell’impossibile, mentre la vicenda si snoda a suon di duelli all’arma bianca, vendette trasversali, massacri di piombo.
Insomma, una serie western che però scarta come un cavallo impazzito e evita i cliché, che ha al centro una storia d’amore proibita – il giovane e belloccio Johnse Hatfield con la dolce e gentile Roseanna McCoy – e anche questa vera, quasi a conferma del fatto che i due Kevin, Costner e Reynolds, non si sono inventati niente e hanno fatto tutto per bene, con una fedeltà ai fatti ai limiti della filologia.
Classica storia del Sud insomma, ma raccontata alla grande con un team che fra i molti meriti ha quello di aver tirato fuori dalla naftalina anche Tom Berenger, il sanguinario zio Jim Vance Hatfield, protagonista di un’interpretazione fenomenale e luciferina. E lo stesso potremmo dire per il fanatismo religioso irriducibile con cui Bill Paxton disegna il personaggio di Randall McCoy, rinunciatario nell’agire e sempre pronto a non sporcarsi le mani in nome di una fede che, peraltro, non gli fa disdegnare di assoldare i bounty killer per avere la propria revanche.
Altro attore da dieci e lode è il cacciatore di taglie “Bad” Frank Phillips interpretato con lucida crudeltà da Andrew Howard ma tutti gli interpreti girano a mille, dando un sapore particolarmente forte al dramma.
Non ci sono cadute né cali di tensione, piuttosto assistiamo a un’accelerazione progressiva che deflagra in un finale tutto da gustare. Hatfields & McCoys è insomma una di quelle serie che riporta al centro della narrazione l’uomo nella sua più cruda essenza, l’uomo mosso dagli istinti e dai sentimenti, raramente filtrati dal compromesso o dalla mediazione intellettuale, e anzi quello che colpisce è proprio quanto la guerra fra le due famiglie sia senza quartiere e votata all’espiazione delle colpe reciproche in una catena di odio e dolore che sembra non avere fine.
Un tema quanto mai interessante, dunque, sottolineato dagli splendidi costumi, da una fotografia livida e violenta che non manca di valorizzare gli esterni lussureggianti, e da una colonna sonora pazzesca imbevuta di Country&Western, di brani folk spiritati e sghembi e con un pezzo su tutti: Bartholomew dei The Silent Comedy che suona come un moderno inno regionale degli Stati del Sud.
Insomma, Hatfields & McCoys è certamente una serie TV che va assolutamente vista in questi giorni o acquistata in dvd, fra l’altro per una volta il doppiaggio è all’altezza, con Michele Gammino che presta ancora una volta la sua voce a Costner e meno male. Poi, lo sapete, per quanto mi riguarda io sono per l’original version.