House of Cards: le pagelle di Andrea Rilievo per SugarDAILY, il blog di Sugarpulp (Attenzione: possibili spoiler)

NETFLIX_VOTO 7 e 12

È il portale web americano che offre streaming on demand e che ha prodotto la serie. Non contento di re-inventare il mercato dell’entertainment (è la prima volta che un prodotto per il piccolo schermo va in prima visione in rete) ha inoltre caricato simultaneamente tutti i capitoli di ogni stagione, raggiungendo picchi di download storici. La nuova proposta di fruizione ha sfondato il mercato, conquistando, per la prima volta nella storia dello streaming, 3 Emmy Awards nel 2013, e arruolando fan come Obama e alcuni esponenti del partito comunista cinese. INNOVAZIONE. House of Cards le pagelle di Andrea Rilievo

SOGGETTO_VOTO 5

La casa bianca torna sullo schermo per l’ennesima volta, cosa che non è per niente una novità, nel contesto e tanto meno nell’idea di fondo (la serie è un remake di un suo antenato della BBC). Da West Wing in poi, la lista dei precedenti è lunga (vedi Cory alla Casabianca, Commander in Chief, 1600 Penn), come se le sorti di questo mondo fossero davvero in mano a chi lo comanda. Questa volta, almeno, ci si sforza di raccontare fedelmente cosa succede a palazzo (è lunga la lista dei consulenti della fiction che hanno un lavoro vero a Washington), ma non si può non lamentare una mancanza di fantasia, nell’attribuire al potere cliché ormai abusati. SOLITA MINESTRA. House of Cards le pagelle di Andrea Rilievo feat

PRODUZIONE (KEVIN SPACEY, BEAU WILMON, DAVID FINCHER)_VOTO 8 e12

Eccoli qui, i tre Deus ex macchina di House of Cards. Il primo, manco a dirlo, ci mette i soldoni e crea le condizioni per far nascere e crescere un personaggio memorabile (vedi review successiva). Il secondo riscrive una serie britannica di 4 puntate, ricavandone un plot dallo stile “shakespeariano”, sorprendente per complessità e pathos. Il terzo conclude il miracolo: Fincher (Seven, The Social Network e il recente Gone Girl, per citare solo alcune delle sue perle) gira i primi due episodi della prima stagione, ma ne inaugura il marchio di fabbrica. È sua l’idea di utilizzare alcuni trucchi di regia, mutuati dal teatro di scena (vedi il protagonista che parla al pubblico). Sua è la sigla con i timelaps memorabili di Wahsintong, che da soli valgono il prezzo del biglietto. Suo è pure il colpo di genio di lasciare il passo a una squadra di registi di calibro (lasciatemi almeno citare Jodie Foster, James Foley -clip maker di Madonna- e la chicca Robin Wright, attrice della serie stessa), che si alterna con maestria in cabina di comando, dando vita ad un prodotto dalle sfumature continuamente differenti e originali. VADO PAZZO PER I PIANI BEN RIUSCITI.

PERSONAGGI_VOTO 5

Fatte salve le due eccezioni di seguito recensite, purtroppo, tutti sguazzano nell’anonimato. Alcuni profili sono, evidentemente, fin troppo stereotipati già dallo script (a cominciare da quello del presidente, che ne esce malissimo e con la spina dorsale di un mollusco). Ma pur concedendo al casting le attenuanti generiche (avevano davvero paura che qualcuno rubasse la scena a Spacey?) non si può non lamentare la carenza di alcuni characters che, di tanto in tanto, rubino la scena al protagonista. Tutti dimenticabili insomma: chi perché troppo scialbo, chi perché se ne va troppo presto (sfido chiunque a non soffrire la mancanza di qualche top player, che abbandona le scene dopo la prima stagione). Chi perché le carte in regola per emergere ce le ha ma sembra non voler godersi il suo giorno da leone (si pensi a Doug Stamper, il capo-staff del vicepresidente con gli scheletri nell’armadio, o a Remy Danton, il lobbista che sembra comprendere e anticipare, più di ogni altro, le dinamiche di potere). Nessuno brilla, al massimo si limita a vivere di qualche vampata, sempre troppo collegata alla storia di Underwood. LUCE RIFLESSA. House of Cards le pagelle di Andrea Rilievo - personaggi

FRANK UNDERWOOD (Kevin Spacey)_VOTO 9

Se c’era qualcosa di meglio che si poteva fare è davvero poco. Quest’uomo rovista nella nostra sete di potere più profonda, tanto da farci paura, e ne tira fuori un minestrone di godimento, frustrazione e desiderio di protagonismo, che sembra il totem nero del nostro tempo. La sua vendetta personale nei confronti del presidente eletto è una parabola dark, che ammonisce l’umanità su quale sia il lato oscuro del nostro sistema di governo e sul perché, forse, ci sia in esso qualcosa di irrimediabilmente sbagliato. Lui, Frank, ci prende prima per mano e poi a schiaffi. Cicerone affabile, ma inamovibile, ci insegna a fare i conti con la cruda realtà di una politica malata. Si diverte a realizzare le nostre aspirazioni più morbose e a sconvolgerci, trasformando i nostri incubi in realtà. Poi, quando è l’ora di far svanire l’incantesimo, batte le nocche sul tavolo e se ne va, lasciando in disordine i nostri confini di bene e male. Sotto la maschera c’è un attore eterno al cui fascino, ve lo assicuro, non resisterete. DARTH VADER

TRAMA_VOTO 5 e 12

Qualcosa vi ho già detto, ma lasciate che mi contraddica, almeno in parte. Mi rammarica dirlo, ma tutto lo sforzo fin ora raccontato poteva essere capitalizzato di più. Le vicende sono ben orchestrate e collegate anche sui diversi piani narrativi, ma spesso non trovanono degna conclusione. Il climax, quasi sempre, viene sciolto in maniera banale e ripetitiva (Frank che fa il doppio gioco e mette fuori uso un avversario). Il difetto non inficia, evidentemente, il risultato finale, ma una tale mole di intrecci che si incrociano e giochi di potere che si rincorrono, meritava finali più all’altezza. L’aspettativa emotiva dello spettatore risulta, di fatto, non del tutto appagata. TROPPA CARNE AL FUOCO House of Cards le pagelle di Andrea Rilievo

CLAIRE UNDERWOOD (Robin Wright )_VOTO 8

Certo, perché non si può assegnarle un voto più alto del protagonista. Ma sia ben chiaro che lui, senza di lei, raggiungerebbe una discreta sufficienza, non di più. Claire è l’angelo buono, quello che non vince mai, e che alla fine è costretto a scendere a patti col diavolo, fino a sposarlo, per poter trovare il suo giusto riconoscimento dal mondo. Sacrifica se stessa alla causa di successo del marito, e lo fa senza rimorso, convinta che la realizzazione di lui sia anche la sua. Si toglie saltuariamente qualche sassolino dalla scarpa, liberando le sue emozioni e dando spazio alla sua vera natura, ma solo per ritornare al ruolo di strega cattiva, ancora più crudele di prima. È lei la responsabile di molte delle malefatte di Frank ma, miracolosamente, il suo sorriso ne fa la donna più amata della serie, dipingendo un alone angelico attorno alla sua anima nera. LADY MACBETH