I morti non muoiono, un film da non riscoprire in tempi di quarantena. La recensione di Massimo Zammataro.
I morti non muoiono… ma gli spettatori sì! Ecco uno dei pochi film (tra cui Prometheus) che mi hanno fatto davvero incazzare.
Perché, se vuoi fare un film sugli zombi, fallo per carità, ma – come devo aver detto altre volte – hai due modi per farlo: o lo infarcisci di nefandezze splatter & gore per appagare gli appetiti antropofagi degli spettatori più sanguinari (e ci sta) tralasciando ogni straccio di trama o significato, oppure usi lo zombi come metafora, ma allora devi essere il compianto Romero, e saperla usare questa metafora. Cazzo!
Jarmusch è considerato un “autore”, e sarà anche vero, ma qui ha pestato il classico merdone.
I morti non muoiono è un film indefinibile. Un dispiegamento di attori da paura che interpretano personaggi che poteva interpretare chiunque, a partire da Bill Murray (che ormai dopo i due Zombieland sembra un aficionado di film zombeschi) che sfoggia la sua imperturbabile maschera dell’indifferenza.
Vogliamo parlare anche del ruolo di Tilda Swinton? Adam Driver, invece, sta meglio con la maschera di Kylo Ren…
Torniamo all’autorialità della pellicola che le è valsa una serie di candidature allo scorso Festival di Cannes, ma nessun premio (e vorrei anche vedere).
La grande metafora…
Eccola qua, la macro metafora, di cui si sente anche il bisogno di dare lo spiegone finale tramite un Tom Waits, eremita dei boschi, unico al momento sopravvissuto, proprio per il suo stile di vita scevro da inutili sovrastrutture, che non siano mangiare, dormire, vivere semplicemente: gli zombi siamo noi, siamo già morti e non lo sappiamo, compulsivamente costretti dalla società dei consumi a ripetere e ricercare sempre, anche da morti, ciò che ci hanno insegnato a fare e ad avere bisogno. Cazzo, non l’avevamo mai sentita eh?
I personaggi si muovono come indifferenti automi (e dàje) mentre intorno a loro si scatena l’inferno. I poliziotti Murphy e Driver fanno quello che va fatto, da bravi esecutori, come il manuale prevede.
I personaggi secondari non si sa che cosa ci stiano a fare: appena accennati e zero storie personali. Mi sembra che qualcuno abbia voluto vedere anche una sorta di metafora anti Trump, ma a me sarà sfuggita: l’unico redneck filotrumpiano (interpretato da Steve Buscemi) dura quanto una scoreggia nella bora a Trieste. Boh.
E poi c’è il metacinema, ritornante come un morto vivente, dall’inizio alla fine: la colonna sonora, un brano di Sturgess Simpson che dà il nome al film, si sente continuamene da ogni apparecchio funzionante.
Come mai sentiamo sempre questa canzone? Chiede lo sceriffo all’assistente. Perché è la colonna portante! Risponde lui.
Lo stesso aiutante, Adam Driver, continua a dire che finirà tutto male. Perché dici sempre che finirà male? Chiede lo sceriffo. Perché ho letto il copione! Risponde. AH AH AH, che risate a crepapalle.
E avanti così, tra referenze più o meno palesi, ma lascio perdere.
Ah, ci sono anche gli alieni…
Mi taccio sul comparto effetti speciali, appena decenti, e sulla scelta di sostituire il sangue degli zombi con una specie di polvere/fumo nero. Ri-boh.
I morti non muoiono dovrebbe essere una commedia ironico/satirica, ma è una vera tragedia. Parafrasando un detto, scherza coi fanti, ma lascia stare gli zombi.
A presto, amici. Stay safe and stay Sugarpulp!