Il bambino indaco di Marco Franzoso è un vero pugno nello stomaco che racconta le ansie della maternità attraverso un’analisi lucida e disincantata
Titolo: Il bambino indaco
Autore: Marco Franzoso
Editore: Einaudi
PP: 141
Prezzo: 16 euro cartaceo, 9.99 ebook
Inizia come un thriller Il bambino indaco del veneziano Marco Franzoso, con un delitto in piena regola che coinvolge in un confronto serrato un maresciallo e il marito della vittima. La descrizione iniziale dell’appartamento è a dir poco macabra:
C’è sangue sullo stereo e sui suoi cd di musica etnica. C’è sangue sul suo quadro, quello che chiamano la Tuffatrice, appeso sopra il divano. Sangue sul divano. Sangue sul tappeto. C’è sangue sul suo corpo morto.
Ma quello che conta è che il bambino sia salvo, che sia uscito da questa spirale dell’orrore e possa acquisire peso e crescere sano e felice: il padre, Carlo, un adulto rimasto adolescente, “entità immobile, paralizzata, innocua” di fronte alle decisioni prese dalla moglie, conosciuta due anni prima in un appuntamento al buio ricostruito in presa diretta tramite un diffuso flashback, si rende finalmente conto del sacrificio: le istituzioni erano incapaci di capire il problema, di vagliare l’incredibile complessità del reale.
C’è voluto l’intervento della nonna. C’è voluta una pistola. La moglie Isabel attraversa una metamorfosi nel momento stesso in cui scopre di essere incinta: una chiropratica le fa crede di essere in attesa di un “bambino indaco”, detentore di un’aura magica che gli conferirebbe poteri paranormali.
Secondo questa teoria new age, per portare avanti questa spiritualità imposta si rende necessario un continuo intervento di purificazione: è da lì che si manifesta l’ossessione di Isabel che inizia a seguire una dieta ferrea vegana a cui obbliga poi anche il piccolo.
Ha fame, non può mangiare e i tentativi del padre e della nonna vanno a vuoto: ogni volta che cercano di far ingerire al piccolo sostanze solide ecco che la madre interviene di nascosto con dei purganti.
Cresce il senso di inadeguatezza di Carlo, ha la sensazione di “fare davvero troppo poco mentre il figlio si sgonfia e muore”: anche se “il sole va a morire” il libro si chiude con una fiammella di speranza, padre e figlio si tengono per mano, uniti.
Questo romanzo è un vero pugno nello stomaco che racconta le ansie della maternità attraverso un’analisi lucida e disincantata: non è sempre vero che l’istinto materno è una buona cosa.
Proteggete i bambini dai genitori che vogliono loro troppo bene, non sempre sanno quello che fanno. Perdonateli, ma fermateli, Cristo! – questo sembra urlarci Franzoso – e fatelo in maniera plateale. Con la pistola della nonna.