Il buio nell’anima segna un altro grande passo nella carriera di Neil Jordan, tutto in avanti colpendo i benpensanti dritti al cuore.
E’ un oggetto davvero singolare questo Il buio nell’anima – in originale The brave one, distribuito dalla Warner Bros sotto l’egida del “re” dell’action USA Joel Silver – , diretto da un regista mai banale come l’irlandese Neil Jordan.
Interpretato da una Jodie Foster – anche produttrice esecutiva – in stato di grazia, il film – scritto da Roderick Taylor, Bruce A. Taylor e Cynthia Mort – ripropone al grande pubblico un tema sempre attuale, quanto controverso e delicato, come quello della “sbrigativa” pena di morte da vendetta privata. E lo fa spingendosi fino ad esplorarne gli aspetti più morbosamente oscuri e socialmente dirompenti, evitando con cura, allo stesso tempo, la rassicurante frenesia spettacolare che il più delle volte accompagna e anestetizza questo tipo di storie.
Erica Bain (Jodie Foster) è la conduttrice di un seguito programma radiofonico su New York e le sue molteplici sfaccettature, ed è, soprattutto, una persona felice e in pace con sé stessa, in procinto di sposare il fidanzato medico David (Naveen Andrews).
Basta però una sfortunata passeggiata serale nel parco, sciagurato scenario di una brutale rapina, perché ad Erica venga improvvisamente sottratta ogni cosa. Il tragico evento trasforma una donna appagata dalla propria vita in un’anima devastata e sconfitta, costretta – attraverso una lunga scia di omicidi – a ricercare una sorta di “pareggio” impossibile nei confronti di un destino crudele e beffardo.
La regia, energica e raffinata, di un Neil Jordan molto sul pezzo – supportata dall’illividita e tagliente fotografia di un altrettanto notevole Philippe Rousselot – , illustra con lucidità la dolorosa discesa all’inferno di quella “straniera” (da sé stessa: bella, incisiva metafora, nella sua semplicità, quella dell’altro da sé in cui non è – d’un tratto e per sempre – più possibile riconoscersi) che è l’Erica Bain vigilante spietata, angelo vendicatore deciso a spegnere nel sangue i soprusi e le violenze della città più sicura del mondo.
La sceneggiatura – che lavora su più livelli narrativi, toccando via via le corde giuste con i ritmi pazienti, e la sapiente sensibilità, del cinema autoriale nel senso migliore del termine – disegna personaggi complessi e di spessore (come il Detective Mercer, interpretato con dolente disincanto da un ottimo Terrence Howard), consentendo a Jordan di firmare una pellicola dalla morale meno banale di quel che ci potrebbe aspettare.
Il buio nell’anima, in ultima analisi, è un’opera che, con il suo scomodo e poco conciliante messaggio, va dritta come un proiettile a piantarsi nel cuore benpensante di una società ormai abituata, chiamandolo progresso, a voltarsi puntualmente dall’altra parte.