Il fine ultimo della creazione è un romanzo magistrale scritto da uno degli ultimi grandi maestri rimasti in circolazione

Il fine ultimo della creazione

Titolo: Il fine ultimo della creazione
Autore: Tim Willocks
Editore: Cairo Publishing
PP: 461
Prezzo: Euro 18.50

C’è un grandissimo autore di cui Cairo sta pubblicando a cadenza annuale i romanzi: il suo nome è Tim Willocks. E dovete assolutamente leggerlo. Ok, direte: spiegaci perché.

Tim Willocks ha pubblicato in Italia tre libri finora e ha cambiato genere tre volte, già questo la dice lunga su quanto versatile, polimorfo, ricco sia il suo talento narrativo.

Una scrittura, la sua, violenta, spietata, icastica, capace di attanagliare i cuori con lampi sfavillanti di assoluto genio. Perché dopo un romanzo storico di straordinaria potenza visiva come Religion e il noir dilaniante di Bad City Blues è arrivato da un paio di mesi fra gli scaffali Il fine ultimo della creazione.

Un romanzo di ambientazione carceraria completamente a sé, un libro che bene è stato descritto da Sua Maestà James Ellroy – e chi sennò? – con poche, affilate parole: “Il miglior thriller carcerario mai scritto. Di una forza surreale e terribile”. Ecco, in due frasi come queste c’è tutto il senso del libro. Perché Willocks è uno scrittore che rompe gli schemi e piega le formule, che cerca soluzioni narrative spiazzanti e inattese.

Pubblicato per la prima volta nel 1995 da Mondadori, l’opera d’esordio dello scrittore inglese racconta di una rivolta che deflagra, letteralmente, nel carcere di massima sicurezza di Green River, Texas. Ma la rivolta è un pretesto, un escamotage, per certi aspetti, che serve a Willocks a sondare le miserie più cupe e nere della natura umana.

Come già nei suoi due bellissimi precedenti romanzi pubblicati da Cairo, Willocks indugia, seziona, dipinge i caratteri, gli stati d’animo, le improvvise esplosioni di violenza. Non manca l’azione: cruda, estrema, primordiale; non vengono risparmiate le sequenze di sopraffazione e gli inferni quotidiani in cui ciascun detenuto è condannato a sprofondare.

Ed è stupefacente come Ray Klein, medico condannato ingiustamente per stupro, che lavora nell’infermeria per non impazzire, si ritrovi d’un colpo a camminare sul filo di una lama che sembra condurlo verso l’agognata libertà. Ma è proprio quando la scarcerazione appare vicina, al punto da poter essere quasi toccata, che la ribellione dei detenuti e lo scontro tra uomini bianchi e neri strappa quella striscia di speranza.

Klein si rinchiude in una cella per sopravvivere, perché “Non sono cazzi tuoi” ripete a sé stesso come un mantra, ma Juliette Devlin – la psicologa del carcere che gli ha quasi rapito il cuore e con cui ha vissuto attimi di sesso selvaggio e rabbioso – è rimasta bloccata in infermeria proprio nel momento in cui i detenuti hanno deciso di mettere a ferro e fuoco il carcere.

Ed è forse da quel momento che la situazione precipita definitivamente in una guerra senza quartiere, grottesca e disperata, scatenata dal diabolico Nev Agry per vendicare col sangue l’onore perduto di Claudine, suo favorito e commovente figura di uomo violato nella dignità e nel corpo per sopravvivere a una bolgia di dannati.

E nella cupa galleria di personaggi martoriati che sfilano nella storia, Willocks tratteggia con maestria figure indimenticabili: il demoniaco John Campbell Hobbes, direttore del carcere che cavalca la follia per annullare gli esseri umani; Henry Abbott, psicopatico e letale; Earl “Rospo” Coley, uomo pieno di contraddizioni, pronto ad infiammarsi di rabbia violenta ma anche ad abbeverarsi alla fonte del perdono.

Un romanzo magistrale.